IN PRINCIPIO LA PAROLA. Imparare a leggere e scrivere nell’epoca di internet
24 Novembre 2020, San Prospero. In occasione della festa del santo patrono di Reggio Emilia il vescovo Massimo si è rivolto alla città con un discorso sulla parola letta, scritta, pronunciata. Un discorso su come il rapporto con le parole tocchi ogni aspetto della nostra vita.
Può la parola esprimere o no la verità delle cose? E, più in profondità: esiste la verità? Secondo il vescovo, anche noi – proprio come i filosofi dell’antichità – siamo in cerca di risposte. Questo dinamismo si fa particolarmente acuto nei momenti di crisi e di emergenza, come è quello che stiamo attraversando.
Tutti facciamo i conti per lo più con una realtà mediata, quella a cui ci dà accesso internet. Oggi non attingiamo la verità dalle cose stesse, ma da strutture già mediate che filtrano la realtà. Il rifiuto verso le cosiddette “fakenews” attesta il rifiuto della comunicazione come pura costruzione arbitraria al servizio di un potere.
E’ possibile non smarrirsi: il nostro è un Dio che pronuncia delle parole. Il Vangelo di Giovanni annuncia che il Verbo si fece carne e cominciò ad abitare in mezzo a noi (Gv 1,14). Verbo e carne sono due parole in antitesi tra loro: il Verbo è una realtà spirituale ed eterna; la carne è una realtà terrena, effimera, caduca e fragile. Giovanni annuncia che questi due estremi sono diventati una sola cosa nella persona di Gesù Cristo.
Accanto al tema sul rapporto tra uomo-parola-realtà si affianca il tema della parola-educazione. L’insegnare e l’imparare presuppongono un coinvolgimento di tutta la persona. I nostri giovani, i nostri studenti hanno bisogno di scoprire in che modo ogni singolo argomento li interpella, quale domanda consegna loro, quali ipotesi di significato dischiude. Ognuno ha un insegnante (o un adulto) al quale deve almeno la scintilla iniziale, l’intuizione, lo sprigionarsi dell’interesse. Possiamo suscitare nell’altro solo le domande che abitano in noi, le passioni che ci attraversano, il desiderio di bellezza e di vita che ci anima, in un rapporto personale.
Si affronta poi il tema della didattica a distanza. Che cosa implica? La pedagogia contemporanea ha da molto tempo individuato una molteplicità di funzioni dell’intelligenza: Esse vengono sacrificate dagli attuali strumenti della didattica on line in favore di un approccio intellettualista che rischia di diminuire il nostro rapporto con la realtà. Un secondo elemento ha a che fare con la ridefinizione di tempi e spazi. Si smarrisce anche la possibilità di approfittare del portato educativo di situazioni “spontanee”, tipiche della vita di scuola, che consentono al docente di entrare più a fondo nella vita dei propri studenti.
Infine, il vescovo considera i balzi fatti dall’uomo nella storia: l’autocoscienza, il linguaggio, la parola scritta, la stampa. Chi è veramente svantaggiato nel nostro tempo? Chi non rincorre tutte le novità dell’era tecnologica? No, soprattutto chi non sa leggere e scrivere. L’era tecnologica è perciò, più di ogni altra era, un tempo che necessita di educazione, soprattutto di educazione della libertà.
Il Discorso del Vescovo alla Città per san Prospero
Introduzione
La passione per la parola pensata, letta, scritta e pronunciata viene da lontano nella mia vita: mi ha accompagnato fin dall’infanzia e dalla giovinezza. Su questo dato biografico si è poi innestata un’urgenza più profonda. Le generazioni più giovani – ma questo fenomeno tocca anche gli adulti – manifestano una crescente difficoltà nei riguardi della lettura e della scrittura e, più in generale, della parola, del linguaggio, del pensiero astratto.
Il linguaggio e la parola sono strumento privilegiato del nostro rapporto con la realtà e con gli altri: la parola è relazione. La crisi del suo utilizzo può dunque tradursi in una crisi della relazione nella conoscenza e negli affetti, nell’educazione, nella comunicazione pubblica e sociale. Ma la parola è anche la strada del rapporto con noi stessi e della comprensione di noi stessi. Le sfumature della lingua ci permettono di nominare e riconoscere le sfumature della nostra esperienza: di coglierla con consapevolezza, di approfondirla, di farla veramente nostra. Quando riusciamo a pensare e dire qualcosa, è come se ce ne riappropriassimo più in profondità.
La comunicazione è conoscenza: conosciamo mentre comunichiamo. Per questo parliamo con noi stessi per chiarirci le idee (in inglese pensare tra sé e sé si dice “dico a me stesso”, I say to myself). Il legame tra parola e comunicazione, la relazione e la conoscenza è così forte che la filosofia medievale indicava i rapporti tra le Persone divine come amicizia o comunicazione. La fatica della parola (pensata, scritta, pronunciata) tocca quindi ogni aspetto della nostra vita. Un rapporto impoverito con le parole corrisponde a un rapporto impoverito con la realtà.
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Il testo del Discorso alla Città è pubblicato integralmente su La Libertà del 25 novembre, già in edicola da martedì 24
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