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“Siediti, sono io che ho bisogno di te”: ecco come Carmela ha preso il largo

Direttrice di scuola d’infanzia, nell’incontro: “Ora non cambierà che il modo di lavoro”,  Carmela ci ha raccontato di come ha scelto la propria professione/vocazione

8 gennaio 1990, al mattino presto ricevo la telefonata che don Pietro è morto. Avevo 23 anni e abitavo con Stefano (appena sposati!) proprio in centro. Lo ricordo come fosse ieri: vado subito in canonica e lì trovo i familiari di don Pietro che lo stanno  sistemando nella stanza fianco allo studio.

Aspettavo il mio primo bambino senza sapere se fosse maschio o femmina (per noi era  Luca o Laura), ero sposata da pochi mesi, don Pietro mi aveva fatta responsabile della scuola materna: vederlo senza vita è stato un momento di grande emozione. Ho offerto il mio bimbo a lui e gli ho detto: “questo bimbo è tuo fanne  un capolavoro”. Dopo 3 mesi è nato Pietro!

A seguire sono arrivati anni bellissimi ricchi di relazioni nuove. Don Pietro come un bravo maestro non ha messo al centro lui ma noi, suoi figli spirituali. Quindi non ci siamo sentiti abbandonati, ma dopo la sua morte ci siamo ritrovati e abbracciati tra noi. In quegli anni io e Stefano abbiamo costruito il nostro  appartamento vicino agli amici nella mitica via Sangio (San Giovanni Bosco, ndr). Siamo stati  aiutati dagli amici in questa scelta, sapevamo che era la cosa giusta ma certamente molto difficile per noi da realizzare. Poi abbiamo avuto altre due bimbe.

Per la scuola materna dico questo: io desideravo fin da piccola fare la maestra d’asilo. Durante gli incontri di comunità dei  miei genitori tenevo i bimbi piccoli appena nati: Eulalia, Pietro (entrambi figli di coppie di amici dei genitori, ndr)… per me era la cosa più bella, che mi faceva stare bene.  Avevo circa 9 anni quando entrando in chiesa vidi un plastico di una scuola: era bellissimo e ho pensato: “io lavorerò lì”. Dopo 10 anni in un campeggio a Sant Nicolas con il mio gruppo di amiche chiamato Gioia di Dio, ci preparammo a fare  direzione spirituale. Avevamo finito le superiori e tutte avevano deciso di fare l’università. Io volevo solo fare la maestra d’asilo così ho lasciato passare tutte perché la mia scelta non era poi così importante.

Entrando in studio don Pietro mi disse: “Siediti, sono io che ho bisogno di te, ti chiedo di fare la maestra nella mia scuola materna. Sai però che nella mia scuola si lavora solo per il regno dei cieli”. In due minuti ho fatto la scelta della mia vita. A 19 anni si è leggeri, sereni. Quello è stato il mio “Duc in Altum” (prendere il largo, ndr). Sono salita sulla barca aiutata dagli amici, anche per mezzo dei sacerdoti tra i quali mio fratello don Pietro.

Attraverso sacerdoti amici abbiamo conosciuto nuovi amici, relazioni che continuano da più di 20 anni. Facendo con mio marito e i miei amici i cuochi nei campeggi delle parrocchie dei sacerdoti a noi vicini, abbiamo allargato il cuore e vissuto a pieno la nostra vocazione. Che bello quando qualche don ci chiamava a fare i cuochi da qualche parte con loro!

Diventare santi insieme con gli amici e i sacerdoti. Don Pietro non ci ha abbandonati. Dal cielo ci ha aiutato soprattutto in questo. Dopo i primi 15 anni dalla fondazione, abbiamo festeggiato la scuola materna e, scrivendo una piccola testimonianza, mi sono accorta che don Pietro mi ha affiancato pochissimo in questa avventura prima di andarsene. Dopo soli 4 anni è salito al cielo. Io però  l’ho sempre sentito con me, i suoi consigli mi sono serviti per tanti anni. Prima di iniziare la scuola gli chiesi cosa dovessi fare, quali fossero le sue linee guida. Avevo il quaderno pronta a scrivere chissà quante pagine, invece mi ha detto solo una cosa: “fai in modo che a scuola si viva sempre in un clima di purezza e di gioia”. Quello mi è bastato! Io l’ho sempre sentito con me, non mi sono mai sentita sola.

Io in questa barca ho trovato tutto, un lancio bellissimo verso un futuro stupendo.

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