Da sempre il Movimento Familiaris Consortio offre durante la stagione estiva la possibilità di partecipare agli esercizi spirituali. Negli ultimi anni è stata proposta una modalità comunitaria di viverli: tutti insieme, nello stesso luogo, negli stessi giorni. L’anno 2020 ci ha chiesto di re-inventare tale modalità, proponendo gli esercizi a piccoli gruppi. Beatrice, della neo-comunità “Regno di Dio”, ci racconta i giorni vissuti con gli amici il mese scorso.
Gli esercizi spirituali di quest’anno sono stati differenti per tanti motivi: perchè da pochi mesi siamo diventati la comunità “Regno di Dio”, perché sono stati i primi esercizi comunitari con il nostro assistente spirituale, don Sergio, perchè questo è stato un anno ricco davvero di tante “occasioni di Cielo”, come il matrimonio di diverse coppie di amici, l’ordinazione sacerdotale di altri, la salita al Cielo di alcuni cari e varie occasioni di servizio nel MovGiovani e nelle scuole. Forti delle parole di san Paolo: “Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?” (1Cor 4, 7), siamo quindi saliti un weekend (16-18 ottobre) sul monte (a Cervarezza) a ringraziare, ad ascoltare la voce del Signore e gustare la Sua presenza, a consegnare nuovamente tutti i doni da lui ricevuti nelle Sue mani.
“Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane.” (1Cor 10, 17)
Durante le meditazioni abbiamo lasciato risuonare forte l’invito a essere Chiesa. Siamo Chiesa, perché siamo il Suo corpo: non siamo “solo” membra, siamo Lui. In un certo senso, portiamo tratti che ci rendono inconfondibili con espressioni ben tracciabili ma siamo anche Chiesa misteriosa che tesse trame a nostra insaputa e che va oltre le nostre aspettative, idee, perché sa aprire nuove strade, quando noi pensiamo di averle già percorse tutte.
C’è bisogno di riscoprire e re-imparare la capacità di stare in ascolto della Parola di Dio che continua a creare spazio: uno spazio, che d’istinto interpretiamo come abisso vuoto, mancanza o perdita, quando forse siamo solo messi in crisi da l’iniziativa di un Dio, a cui nulla è impossibile e che nella sua continua e attuale creazione, ci chiede di crescere e maturare e dare frutto, pur nella fatica.
“Fare di Cristo il cuore del mondo” (da un inno dei vespri)
Quella che viviamo oggi è una Chiesa in trasformazione, perché il mondo cambia, e tante volte anche noi cristiani la consideriamo troppo attaccata alle sue tradizioni. Ma è anche una Chiesa che in quest’ultimo periodo ha sofferto molto per gli scandali, per la fatica umanissima dei fedeli durante i mesi passati, per le nuove misure di sicurezza.
Abbiamo così allargato il nostro sguardo per ritrovare quella docilità con cui vivere il mistero nuziale con Cristo, per lasciarci ricondurre nella nostra vocazione: prima di tutto, chiamata alla santità. Cosa significa appartenere alla Chiesa come a una persona viva e operante e non solo a una semplice istituzione? C’è bisogno di riscoprire e re-imparare la capacità di stare in ascolto della Parola di Dio che continua a creare spazio: uno spazio, che d’istinto interpretiamo come abisso vuoto, mancanza o perdita, quando forse siamo solo messi in crisi da l’iniziativa di un Dio, a cui nulla è impossibile e che nella sua continua e attuale creazione, ci chiede di crescere e maturare e dare frutto, pur nella fatica.
Quando viene tolta la certezza del “saper cosa fare” nel momento presente, rimane la fiducia in Chi ci chiede di fare questo passo. Rimane la speranza che siamo Figli Amati nelle mani di Colui che ci ha creato: niente andrà male, niente ci separerà da Lui. Rimane la carità ricevuta e da donare in abbondanza, perché se la si trattiene, svuota. Questi sono i presupposti per vivere da persone affidate: ora possiamo andare senza paura dove Lui chiama.
“Ora vi precede in Galilea; là lo vedrete” (Mt 28, 7)
È proprio questo il messaggio che con cui ci siamo lasciati a fine corso: Gesù ci precede altrove perché possiamo trovarlo nel quotidiano delle nostre vite. Siamo noi quella Chiesa in uscita tanto cara a papa Francesco. Siamo la Chiesa in missione, non solo per portarlo, ma prima di tutto per incontrarlo, ovunque vorrà farsi trovare.
Beatrice