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Cronache Malgasce – Muschi e licheni

di Nicola Maiocco

Il post ciclone number 2 ci ha lasciato in eredità, oltre al consueto triste elenco dei danni, delle colture devastate, delle comunicazioni balbettanti, anche una intera settimana di mancanza di acqua e luce. E questo, nel nostro microcosmo, evidentemente ha ingenerato tanto più scoramento e forse qualche filo di insofferenza di troppo rispetto al macrocosmo locale che per ovvii motivi manco ci avrá badato più di tanto posto che tale é la loro normale quotidianitá!

Non credo che questi giorni di industriosa creatività per cercare di preparare una cena decente a lume di torcia di cellulare (comunque da centellinare con scientifico calcolo quantististico per evitare di inibirsi ogni successiva necessità di utilizzo) o di allestire un fantasioso sistema idraulico da pozzo che consentisse di evitare il più possibile la proliferazione di muffe, muschi e licheni – almeno sulla più parte del corpo – avranno debellato quel senso di scontato, quasi di dovuto, di fronte ai nostri agi occidentali ma certamente quando capiterà un blackout o un guasto alle condutture probabilmente, prima di maledire tutti gli ENEL e IREN del mondo, un fugace, inevitabile pensiero a questi giorni malgasci proverà a tenere un po’ a freno l’impulsiva tentazione.

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Sono certamente tantissime e anche molto diverse tra loro – per le intrinseche caratteristiche, per le priorità considerate, per l’approccio o il fine a cui tendono – le azioni e gli interventi tesi a sostenere questo o quel programma di assistenza, promozione e sviluppo del popolo malgascio. Durante i nostri due mesi di permanenza in Madagascar abbiamo avuto la possibilità di conoscerne alcuni personalmente.

In tutti ci hanno particolarmente colpito la profonda determinazione e la incrollabile fiducia profusi in opere e attività oggettivamente complicate in un contesto affatto sfavorevole in termini di risorse, infrastrutture, sostegno delle amministrazioni locali.

Ovviamente non abbiamo né la competenza né peraltro la minima intenzione di stilare classifiche o assegnare patenti di merito a questo o quel progetto, ma la possibilità di sottolineare un ambito che davvero ci sembra strategico per il futuro dell’isola questo sì, e forse anche piuttosto facile da indovinare: l’istruzione.

A Manakara come a Antananarivo, ad Antsirabé come a Farafangana o Vohipeno ci siamo potuti rendere conto sia della encomiabile forza di volontà e capacità organizzativa messa in campo dalle numerose congregazioni di consacrate o di istituti religiosi sempre fattivamente sostenuti dai vari vescovi del territorio, sia dalla riposta estremamente positiva dei giovani studenti.

E se é comprensibile che il miraggio (sí per molti, troppi ragazzi é esattamente un miraggio) di ottenere una adeguata preparazione scolastica e finanche un prezioso titolo di studio abbia una bella possibilità di presa tra i giovani cittadini, quello che davvero ci ha impressionato e perfino commossi – dobbiamo ammettere – è stato il lavoro promosso nei villaggi di campagna, in luoghi apparentemente dimenticati da Dio e dagli uomini, dove vere e proprie sante maestre e santi maestri offrono una possibilità di bene senza prezzo. É perfino difficile rendere concetti come: aula, banco, lavagna, libri di testo declinati nella concretezza di tali realtà ma possiamo testimoniare invece la bellezza degli sguardi, la tenerezza e la compostezza di tanti di questi scolari di campagna.

E osare sperare che possano essi per primi, un giorno, godere dei frutti di tanti buoni seminatori.

Prossimi appuntamenti

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