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Paolo: a servizio degli amici…per custodire la comunione!

Il prossimo lunedì 7 ottobre, i responsabili eletti delle piccole comunità riceveranno il mandato da Marco Reggiani e si impegneranno a custodire il dono dell’amicizia, “con le ginocchia piegate al servizio e all’ascolto”. Leggiamo la bellissima lettera che Paolo Piombini, responsabile uscente, indirizza ai suoi amici. La loro, è una comunità composta da 7 famiglie, ognuna con i suoi doni e le sue prove!
La sfida è quella costruire alleanze per raggiungere insieme il Paradiso!

Sabato 24 Agosto 2024

San Bartolomeo Apostolo

Cara comunità,

Sfrutto questi esercizi spirituali per scrivere una lettera di ringraziamento nei vostri confronti come responsabile di quest’anno. Ormai il mio mandato giunge al termine e voglio lasciarvi con qualche ultimo pensiero. Vi chiedo di leggere questa lettera con carità comprendendo i miei limiti e le mie mancanze.

Sono molto grato per questo servizio, anche se è stato impegnativo. Ma la fatica viene sempre ripagata, soprattutto nelle relazioni. È stata infatti una grande occasione per me vedere in modo diverso (e speciale!) la comunità quest’anno:

  • un po’ dall’alto con occhi che permettono di conoscere le fatiche e le bellezze di ciascuno di voi.
  • Al contempo con le ginocchia piegate al servizio e all’ascolto per cercare di far fruttare i doni di ciascuno affinchè possiamo sentirci un’orchestra che suona in modo armonico, ciascuno con il proprio strumento.

Se ripenso a quest’anno sono contento di ricordare gli inizi, che mi riportano al momento del mandato in cattedrale a Reggio. È stato bello percepire la vostra fiducia e le vostre preghiere per me e per la comunità, sentirci vicino. È stato un bel punto di partenza.

Vi ho visto impegnati in tanti ambiti, nelle occasioni comunitarie come in quelle personali. Ognuno ha davvero letto il suo spartito con attenzione e dedizione e, pensare ai tanti frutti che la nostra comunità è in grado di mettere a disposizione, è veramente gratificante. È proprio una bella espressione in piccolo di cosa voglia dire essere Chiesa.  Mi inorgoglisce molto e mi dà molta speranza per il futuro della nostra comunità.

Non tutti magari hanno dato il 100%, io in primis mi sono sentito sballottato un po’ tra un servizio e l’altro e non sono riuscito a donare quello che avrei voluto. Ma ritengo che l’importante non sia tanto il risultato, quanto la disponibilità di cuore che ciascuno ha messo in campo. Con i propri doni, ma anche con i propri limiti. Dobbiamo sempre tenere a mente che siamo diversi, viviamo condizioni diverse, ci vengono chieste prove diverse. Ma se leggiamo queste nostre condizioni non come delle sfortune ma come opportunità (di crescita e di comunione in primis), allora possiamo continuare ad alimentare quel progetto di comunione nato proprio il 24 Agosto di 8 anni fa.  Nelle nostre vite e nelle nostre scelte c’è un disegno provvidenziale del Signore. Per ciascuno di noi diverso, quindi molto ricco e vario!

Spesso ci limitiamo nel confronto perché percepiamo la diversità come una possibile breccia in cui si infila la paura di non volersi bene. Il nostro essere diversi, il nostro pensare in modo diverso su alcuni temi non può e non deve intaccare la stima reciproca e la vocazione che ci lega ad un’unica chiamata: cercare il Signore e volerci bene, per aiutare anche le altre persone vicine a noi a volersi più bene. La diversità è una risorsa, è un continuo stimolo all’ascolto per lasciarsi interrogare, metterci in discussione per rinascere sempre in un modo nuovo. Insieme.

Ci sono promesse del Signore che sono legate alla nostra chiamata, ad alcuni in questo periodo il Signore chiede semplicemente di tenere botta. Ad altri chiede invece di spingere per portare gli amici più vicini a Lui. L’importante è rimanere in ascolto di Dio, che ci parla anche attraverso la vita dei nostri amici. Lasciamo entrare i nostri amici nelle nostre vite e nelle nostre scelte. Possono avere una percezione diversa dalla nostra. Spesso migliore. Creiamo alleanze per raggiungere insieme il Paradiso, aiutiamoci a mantenere una preghiera costante e fruttuosa.

Spesso confondiamo l’amore con un appagamento dell’io. La sponsalità con Cristo invece è un servizio, un dono gratuito. Quando si dona, la croce si fa presente. Non dobbiamo negarla o allontanarla. Anzi dobbiamo abbracciarla. La croce, se vissuta con fede, ci aiuta ad andare oltre alle difficoltà. Ci aiuta a vederci come persone fragili che hanno bisogno di aiuto, la croce racconta la nostra storia, ne fa parte. È motivo di grande ringraziamento per me vedere la vostra fede nei momenti di difficoltà. Lo vedo chiaramente in mia moglie e l’ho visto in diversi di voi quest’anno.  La risposta di ciascuno di voi davanti alle prove della vita, mi aiuta a ringraziare della mia e mi avvicina a Dio.

Perciò, in questo anno giubilare che ci apprestiamo a vivere vi chiedo di tenere alta la speranza, mantenere viva la comunione, tenere alto lo spirito di santità che si manifesta nelle scelte semplici di tutti i giorni.

Io cercherò di vivere quest’anno con questa domanda nella mente e nel cuore:

Che cosa sono chiamato a fare di bello? Vivo questa croce, ma come posso trasformare questa condizione in un vantaggio per gli altri e per me?

Vi invito a fare altrettanto, se vorrete.

Vi sento vicini e prego per voi in questi giorni e vi saluto con una frase di don Paolo Ferrari di ieri  che penso possa essere un bel termometro per tutti noi, che ci deve spronare a volerci ancora più bene:

“Più aumenta la santità nella vita di una persona, più aumenta il desiderio che nella sua vita si salvino tutti. C’è un desiderio di salvezza e di speranza che accomuna i santi”.

Avanti tutta! Come ci ricorda spesso un grande amico: Cor Unum!

Vi voglio bene,

Paolo

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