XXIII anniversario della morte di mons.Pietro Margini

Cari fratelli e sorelle,
sono da poco entrato nella nostra Diocesi. Vi devo confessare che mi sento circondato, quasi assediato, da una storia ecclesiale passata e recente altamente significativa, ricca di testimonianze di laboriosità, di fede, di santità.
È proprio questo che dà coraggio alle mie giornate, al mio lavoro, al mio essere tra voi. Sono qui, nella Chiesa di Reggio Emilia come portato da un fiume formato da tante comunità, parrocchiali e carismatiche (ma non sono carismatiche anche le autentiche comunità parrocchiali?), a loro volta create e sostenute da grandi personalità cristiane: preti, laici, famiglie, uomini e donne dedicati a Dio nelle più diverse forme di vita consacrata.
So in generale dell’esistenza di queste figure, ma non le conosco ancora da vicino, come vorrei. Essi sono vivi, tra noi, o defunti, ma anch’essi vivi attraverso l’eredità dei loro scritti, delle loro opere, dei sentieri che hanno scavato nei cuori di mille e mille uomini e donne.
Questa sera siamo qui radunati proprio per pregare per uno di questi testimoni della fede, un grande educatore e generatore del popolo cristiano, mons. Pietro Margini, fondatore del movimento Familiaris Consortio.
Quando don Luca Ferrari (che saluto con affetto, assieme al presidente dell’Associazione, Marco Reggiani) mi ha scritto per invitarmi a presiedere questa celebrazione, mi sono subito detto: strana sorte quella di un vescovo chiamato, in un modo o in un altro, a parlare di chi non ha conosciuto! e chiamato a parlarne autorevolmente! Poi mi sono detto: non posso mancare. Sarà don Pietro stesso a suggerirmi le parole da dire, attraverso le letture che farò in questi giorni che mi dividono dalla celebrazione.
Quando sua mamma portava ancora in grembo il futuro don Pietro, l’ha offerto alla Madonna. In questa offerta è nata la sua vocazione. Ogni uomo è chiamato da Dio a occupare un posto particolare nella sua casa. Questo è ciò che noi chiamiamo vocazione.
Prendere coscienza che la vita è vocazione è la cosa più grande che possa accadere ad un uomo, ad una donna. Tale scoperta libera la nostra esistenza dall’impressione di casualità, sotto cui talvolta può soggiacere e ci inserisce in un dono di grazia che realizza la nostra libertà. Tutte le vocazioni sono essenziali alla Chiesa, tutte sono l’espressione dell’unica fondamentale vocazione battesimale.
Un posto particolare occupa la vocazione sacerdotale. Senza sacerdozio ministeriale non c’è Chiesa perché non ci sarebbero sacramenti. In particolare mancherebbero i sacramenti fondamentali della penitenza e dell’eucarestia. Nessuna vocazione, per quanto nobile, può sostituire la vocazione sacerdotale. Chiedo solennemente durante questa celebrazione che don Pietro interceda presso Dio per ottenere alla nostra diocesi tante vocazioni sacerdotali, all’interno e al di fuori del suo movimento.
Chiedo alle famiglie di non ostacolare le vocazioni sacerdotali che si manifestano ai loro figli. Come ho detto recentemente ai seminaristi della nostra diocesi, la vita del sacerdote, pur in mezzo a mille prove e difficoltà, è una vita affascinante, pienamente umana, soprattutto laddove è sostenuta dalla preghiera, dai sacramenti, dal silenzio, dall’amicizia.
Don Pietro Margini è stato innanzitutto un grande sacerdote. Guardando a lui vediamo la bellezza della vita sacerdotale, di colui che si dedica senza paura e sa donarsi interamente all’evangelizzazione della fede, all’educazione delle persone, alla loro crescita davanti a Dio e davanti agli uomini.
Don Pietro lo ha fatto attraverso la celebrazione della liturgia: «centro unificante di tutta l’attività parrocchiale, la liturgia manifesta in modo speciale il nostro essere Chiesa», scriveva nel 1972. «La Chiesa si incarna nella liturgia», predicava nel 1977. Lo ha fatto attraverso un’opera educativa instancabile rivolta ai suoi giovani, che seguiva uno per uno attraverso la direzione spirituale e, a piccoli gruppi, attraverso gli esercizi, le vacanze, la creazione delle scuole. «La Chiesa ha un titolo tutto speciale ad educare: essa ha il compito di annunziare a tutti gli uomini la via di Cristo, aiutandoli con sollecitudine incessante a raggiungere la pienezza di questa vita», sintetizza nel 1982.
Per don Pietro la vocazione sacerdotale non era fine a se stessa. Il sacerdozio ordinato nella Chiesa si giustifica soltanto e si comprende in rapporto alla creazione del popolo di Dio. La nostra vita di sacerdoti è relativa a Cristo e alla gente.
Penso che il cuore dell’opera di don Pietro sia stata la creazione di piccole comunità, prima di fidanzati e poi di sposi, che, anche attraverso la direzione spirituale di coppia, assumevano la forma di un’intensa amicizia che trovava nell’esperienza del Corpo Mistico il suo alimento continuo. «L’ecclesialità – è stato scritto (cfr. L. Grygiel, Amor tuus, amor fortis, Domine. Ritratto di don Pietro Margini, Cantagalli, Siena 2010, 64) – costituisce il tratto fondamentale delle comunità di famiglia». Queste comunità, che hanno assunto ciascuna un proprio nome specifico tratto dalla storia della Nuova Alleanza (Annunciazione, Natività, Pentecoste…), sono per don Pietro come un nuovo ordine religioso. «La salvezza dei nostri tempi deve venire dalle famiglie» (1967). L’ideale benedettino dell’ora et labora, di una piccola comunità che unisce la preghiera alla vita comune, al lavoro quotidiano nell’inesauribile fantasia dello Spirito, ha dato luogo a una nuova forma di vita.
Don Pietro sentiva queste comunità come il centro di un grande movimento. Esse saranno riconosciute ad experimentum il 29 giugno 2006 dal mio venerato predecessore come Associazione privata di fedeli.
Queste comunità nello spirito di don Pietro non devono vivere come gruppi a se stanti, isolati dalla vita dell’intera comunità parrocchiale, ma aprirsi al servizio di tutta la parrocchia. Allo stesso modo i sacerdoti che nascono dal carisma di don Margini – ugualmente riconosciuti dalla Chiesa diocesana, sempre ad experimentum, nel 2008 – devono certamente parlare col loro accento alle parrocchie loro affidate. Nello stesso tempo, proprio perché il carisma di don Margini è un carisma ecclesiale, devono accogliere tutti coloro che partecipano della vita parrocchiale con altra sensibilità ed aiutarli nella loro crescita verso la pienezza.
Il vescovo, che vi incontra oggi per la prima volta, ringrazia Dio del dono che ha fatto alla nostra Chiesa attraverso la persona di don Margini. Lo ringrazia anche a nome di tutte le persone che lui ha portato a maturità nel loro cammino verso Cristo. Lo ringrazia per le scuole che ha creato, da quella materna all’elementare, alla media, alla superiore. Lo ringrazia per la sua missione. Egli aveva scritto: «le convinzioni si devono trasformare in missione». Un numero enorme di giovani, di famiglie, attendono senza saperlo di conoscere Cristo. Aiutate la missione del vescovo. Venite incontro alla sete di Cristo che è la vostra stessa sete. Sete di vita, sete di comunione, sete di amicizia, sete di un’esistenza realizzata nell’obbedienza a Dio e nella carità.
Mi auguro che la nostra conoscenza reciproca possa presto crescere e crescere anche la nostra comunione.

Condividi: