Il dono di un cuore aperto. Omelia di don Pietro Margini

Omelia XXVI Domenica del Tempo Ordinario, anno B. Accompagnati  dalle parole di don Pietro Margini (1917-1990), per vivere con frutto questo tempo prezioso.

Nm 11, 25-29; Gc 5, 1-6; Mc 9, 38-43. 45. 47-48

Possiamo unificare sulla parola “scandalo”.
Nella prima Lettura: “Non scandalizzarti”, cioè non prenderla male che gli altri siano ricchi, ricchi nello spirito, ricchi delle grazie di Dio.
Nella seconda Lettura: devi porre la tua vita ad esempio, nell’ordine non più delle ricchezze materiali, ma delle ricchezze spirituali.
Nella terza: evita di dare cattivo esempio, particolarmente ai piccoli che credono, perché la tua vita deve essere in lode a Dio e tu devi essere intransigente con te stesso, ma generoso e aperto verso gli altri. È molto facile che noi verifichiamo invece l’altra ipotesi: larghi con noi stessi, esigenti e severi verso gli altri. È necessario, più che mai, direi periodicamente, direi con metodo, revisionare questa nostra posizione, perché con facilità noi giudichiamo severamente gli altri. Ciponiamo in un “tutto” di bene, di verità, di rettitudine e non sappiamo vedere e non sappiamo apprezzare e non sappiamo lodare soprattutto il bene che vediamo negli altri. Questo è molto triste, ma soprattutto è assolutamente fuori dallo Spirito di Gesù. Lo Spirito di Gesù è Spirito di carità, ma di quella che apre il cuore, che apre l’anima, che apre la mente. Troppo spesso ci chiudiamo nella nostra ragione, perché noi abbiamo ragione e perché gli altri sbagliano. Troppo spesso diciamo che gli altri non sono come noi giustamente siamo, e questa è proprio ciò che noi chiamiamo la grettezza di cuore.
Mosè rimprovera il suo amico, perché in quel momento è gretto.
San Giacomo ci dice, nella seconda Lettura, che il nostro giudizio è il giudizio che poi viene smentito dal Signore. E Gesù ci dice come dobbiamo essere forti verso noi stessi, tanto che il paragone adoperato da lui non può essere più incisivo: “Se il tuo occhio ti scandalizza, cavalo” (Mc 9, 47). Per metterci dunque nello spirito di Gesù, noi dobbiamo vedere bene le virtù degli altri e vedere bene i nostri difetti. Le virtù degli altri: anche in colui, che ha molti errori, c’è sempre qualche cosa da apprezzare e la verità non va giudicata da chi la pronuncia, ma va giudicata in se stessa. Dobbiamo pensare bene degli altri, non vedendo una cattiva intenzione nelle loro azioni, scusando sempre, anche quando sbagliano, la loro intenzione; non pensando subito che l’abbiano fatto per cattiveria, per malizia, per offendere. Dobbiamo vedere con chiarezza i nostri difetti, perché altrimenti noi, che ci confessiamo spesso, noi che anche nell’assemblea diciamo tutte le volte: “Per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa”, in realtà poi non vediamo neanche una porzione di quella colpa. Dobbiamo guardare i nostri difetti con chiarezza, con umiltà e, dico di più, con fede, perché bisogna che noi giudichiamo noi stessi con severità, ma nella luce di Dio, ma nella grazia di Dio, sapendo che Dio ha misericordia, sapendo, che volendoci tanto bene, ci aiuterà a redimerci e ad essere migliori. Domandiamo allo Spirito Santo questa grazia, la grazia di riconoscere le nostre mancanze, la grazia di essere sempre col cuore aperto, generosi, pronti, fedeli, generosi in ogni occasione, pronti ad ogni comprensione, fedeli nel tradurre anche nel concreto, nella pratica, i sentimenti che il Signore ci ha messo nel cuore.

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