Omelia XIX Domenica del Tempo Ordinario
Educarsi alla gioia
1 Re 19, 9. 11-13; Rm 9, 1-5; Mt 14, 22-33.
Essere del Signore è essere nella gioia perché Lui è presente e Lui ci rassicura. E quando Lui è con noi nessuna cosa ce lo può togliere. Ricordate l’esclamazione di san Paolo: “Chi mi separerà dall’amore del Cristo? La tribolazione? La persecuzione? La spada? Il travaglio quotidiano? Nessuna cosa mi potrà separare da Lui” (cfr Rm 8,35).
E Lui ci ammette pienamente nella sua famigliarità, nella sua gioia, Lui, il Figlio prediletto del Padre. Noi sperimentiamo tutti i giorni, se lo vogliamo, questa serenità, questa gioia, questo abbandono soavissimo. La gioia è partecipazione ed è profezia, perché la gioia che ci dà il Signore ci parla, grida addirittura la gloria futura, la gioia futura, il trionfo futuro della pace nella beata gloria.
Dobbiamo stare attenti a non crearci dei fantasmi. Gli apostoli, terrorizzati, avevano scambiato Gesù per un fantasma: come si ripete questo triste scambio!
Il Signore viene a noi per amore, se noi ci anneghiamo nelle difficoltà, se noi con la nostra fantasia ingrandiamo le difficoltà, se noi siamo perpetuamente ansiosi e dall’ansia andiamo allo smarrimento, alla paura, all’avvilimento, quanti fantasmi ci fanno gridare! Sembriamo soli e invece c’è Lui, il Signore, vicino.
Impariamo ad educarci alla gioia, tante volte la gioia ci manca perché ci manca la soavità delle cose di Dio, perché abbiamo l’egoismo che grida, l’orgoglio che fa rumore. Stiamo uniti con tutto il cuore al Cuore di Maria, perché la Madonna è Lei che ci insegna la soave famigliarità con Gesù, il senso vivo della sua presenza, che ci fa ancora sentire la voce: “Fate tutto quello che Egli vi dirà” (Gv 2,5).