Omelia XII Domenica del Tempo Ordinario
Coraggio senza confini
Ger 20,10-13; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33.
Tutta la Liturgia di oggi mette in forte risalto la vocazione della Chiesa. Parlo di vocazione, la vocazione ad essere perseguitata. La persecuzione non è vista come qualche cosa di accidentale, di straordinario, è vista come qualche cosa di normale. La Chiesa, dovunque sia, è perseguitata. La persecuzione fa parte della sua vocazione, perché la Chiesa è il Corpo di Cristo, è il suo prolungamento nello spazio e nel tempo. E Gesù è stato un perseguitato e Gesù è morto sulla croce. Non è possibile allora essere cristiani, senza essere in persecuzione dal mondo; non è possibile essere veramente cristiani e avere l’applauso del mondo. Un cristiano, come Cristo, è sempre un segno di contraddizione e come Cristo deve moltiplicare gli atti di bontà, deve porre tutta la sua vita come un dono, deve essere completamente aperto ai fratelli e a far loro del bene, ma non ne avrà gloria, non ne avrà plauso, avrà persecuzione.
Questo è il riassunto di questa Liturgia: “Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo”. La normalità è la persecuzione, ma normalità è ancora una sconfinata confidenza in Dio, perché anche i capelli del nostro capo sono tutti contati. Non dobbiamo avere timore! Ecco la Parola del Signore, ecco la Parola che ci incoraggia, ecco la Parola che dobbiamo cercare di meditare in profondità durante questo tempo estivo. Molti andranno qua e là, avranno diversi contatti con altre persone, vivranno in altri ambienti: ebbene, ricordino sempre che devono testimoniare il Signore, lo devono testimoniare con viva fede e grande amore.
Un cristiano non coraggioso è un cristiano mancato. Un cristiano che si disorienta, trovando altre idee, altre posizioni contrarie, è ancora bambino nella fede. Bisogna che abbiamo grande la nostra convinzione, che abbiamo grande il senso della nostra missione: “Voi mi sarete testimoni”.
Ed è così che ci prepareremo e ci prepareremo bene al nuovo anno sociale. Ci prepareremo bene con due atti, che vogliamo già fin da adesso sottolineare: il pellegrinaggio parrocchiale a Lourdes dei primi giorni di settembre, rinnovando la nostra adesione alla Madonna, rinnovando la nostra docilità a lei guida, a lei maestra, a lei madre. E ancora il pellegrinaggio che faremo a Torino, alla santa Sindone. Vorrei che capissimo bene, perché andiamo a venerare una reliquia così insigne, che ci ricorda la passione, la morte, la risurrezione di Gesù. E’ un segno tangibile. Noi vorremo che questo incontro fosse veramente salutare per l’anima nostra, perché noi siamo stati salvati nel Mistero Pasquale di Cristo, il mistero della sua passione e della sua risurrezione. Col pellegrinaggio alla Sindone, noi incominceremo il nuovo anno sociale, in cui porremo al centro della nostra attenzione di fede, della nostra preghiera, del nostro studio il Mistero Pasquale di Cristo, cioè la sua passione e morte, la sua risurrezione, quel mistero che è attualizzato nella Liturgia, particolarmente è ripresentato nella Liturgia della Messa. Sul Mistero Pasquale di Cristo, insisteremo, dalla nostra vivacità di devozione suscitata dalla Sindone, per tutto l’anno sociale. Vorremo così che la Parola di Dio, che abbiamo meditato quest’anno, la fissassimo sempre di più in Gesù, Parola di vita, in Gesù persona, che per noi è morto e che per noi è risorto.
E vogliamo così dare alla nostra vita parrocchiale una nuova spinta di bene, una nuova generosità, un nuovo impegno. Passiamo bene questo tempo estivo, cercando di servire il Signore con amore, di seguire Gesù, sapendo che la nostra gloria e la nostra forza sta nella croce e risurrezione del Signore.