Omelia di mons. Pietro Margini (1917-1990), XII domenica del Tempo Ordinario anno B
Gb 38, 1. 8-11; 2 Cor 5, 14-17; Mc 4, 35-41
L’episodio evangelico ci parla di fede, ci parla di confidenza. Sulla nostra barca c’è il Signore, anche quando sembra che dorma, anche quando sembra che non importi a lui che noi affondiamo, c’è il Signore.
C’è la meraviglia del suo amore e della sua Provvidenza, c’è questa presenza che santifica e vivifica, la sua presenza per cui tutto viene trasformato in lui.
Ogni ricchezza viene da lui ed egli è meravigliosamente prodigo. Dobbiamo allora guardare le cose, tutte le cose, particolarmente le cose belle e generose e le cose dolorose e difficili, perché quando viene la grande tempesta di vento e la barca è ormai colma e sta per affondare vuol dire che il suo amore prepara un miracolo, un grande miracolo e dà il segno della sua potenza e della sua assistenza. Dobbiamo dunque ringraziare il nostro Redentore sempre così vicino a noi, sempre nostro compagno di viaggio, che sgrida il vento e dice al mare: “Taci!”. E dobbiamo anche noi, nell’ammirazione di questo amore, riedificare ogni volta il nostro amore, quell’ amore che viene troppe volte a meno perché ci stanchiamo di essere fedeli e di osservare con grande apertura d’animo tutti i suoi consigli. Noi dobbiamo diventare fedeli, perché dalla nostra fedeltà nasce così la nostra certezza, la certezza che lui non viene mai meno. Guardiamo dunque il suo amore come è meraviglioso, è meraviglioso nella sua grandezza e nelle sue applicazioni e vogliamo corrispondere con un amore simile, perché se amiamo lui, se seguiamo lui, ameremo chi il Signore ci ha messo vicino, ameremo anche quelli che entrano nel piano prodigioso della sua vocazione, della sua chiamata. Sia dunque il nostro amore un amore intelligente: sappia leggere. Sia il nostro amore un amore forte che superi tutte le difficoltà. Sia il nostro amore un amore perseverante e generoso, perché così lui si è presentato a noi e ha detto: “Fate quanto avete visto in me”. Lo guardiamo e anche se lo vedremo a poppa sul cuscino del rematore, cioè lo vedremo come con occhi umani si può vedere in certi momenti, così astratto da noi, lo sappiamo, lui è vicino. Lui ci esorta, lui ci vuole santi, lui ci vuole pieni di zelo, pieni di un desiderio cocente della sua gloria. L’amore a lui ci deve portare all’amore agli altri, ci deve portare al senso della Chiesa che è universale, che è magnifica perché ogni uomo può trovare nella Chiesa il suo rifugio e la sua gioia. Siamo nella gioia perché vogliamo essere nell’amore, siamo nella gioia perché vogliamo dare alla nostra vita un senso grande di dignità, siamo nella gioia perché il Signore ci ha concesso tanti doni nella sua misericordia e ci promette ancora di più.