Omelia III Domenica di Pasqua – ANNO C, don Pietro Margini

Omelia III Domenica di Pasqua. Accompagnati  dalle parole di don Pietro Margini (1917-1990), per vivere con frutto questo tempo prezioso.

At 5,27-32.40-41; Sal 29; Ap 5,11-14; Gv 21,1-19

Visibilmente è evidente, un’evidenza che si deve imprimere in tutte le nostre anime: senza Gesù non si fa nulla e la gloria e la forza della Chiesa è in questo, in mezzo a lei c’è Cristo risorto.  Allora possono venir tempi duri, può venire la notte in cui non si prende nulla ma Lui è la luce del giorno, Lui è la forza, Lui è tutto.

Ecco perché bisogna saperlo vedere, saperlo vedere come colui che è presente, come colui che presiede nella sua Chiesa, come colui a cui nulla fugge perché è il Signore, è il Signore e dirige e guida i grandi avvenimenti e i piccoli nostri avvenimenti. È lui! Saperlo vedere con l’intuizione di Giovanni Apostolo, saperlo raggiungere con la generosità di Simon Pietro: sta tutto qui il segreto di una vita spirituale, particolarmente il segreto di una vocazione.

Preghiamo per le vocazioni sacerdotali e religiose! Sta qui il segreto, un segreto prima di tutto di fede, di viva fede, sentire come il Signore agisce, come il Signore chiama: “Seguimi”. La mancanza delle vocazioni è particolarmente una mancanza di fede, di fede nella bellezza delle scelte di predilezione, una mancanza di fede nel valore autentico della vita. Chi misura con la misura di Dio lascia che il suo cuore venga attratto, venga appassionato dalle grandi cose. Chi manca di fede, la voce del Signore non arriva a lui, perché è frastornato da tante cose, da tante cose che valgono meno, da tante cose che non valgono neppure e non meritano alcuna attenzione.

Il problema della fede è basilare per risolvere il problema delle vocazioni. Il problema della fede è un problema dei genitori che devono presentare la vita cristiana nella sua grandezza e nella sua autenticità; è un problema dei giovani che devono saper vedere in che cosa e come valorizzare la loro vita.

E poi c’è il problema dell’amore: credere è amare. Amare il Signore vuol dire saperlo seguire, vuol dire saperlo capire, saperlo imitare. La vocazione è un problema di amore perché ognuno di noi sa che tutta la vita spirituale, in fondo, si riduce ad una risposta: “Mi ami tu?”, “Sì Signore, tu sai tutto”, sincerità, “tu sai che ti amo” (Gv 21, 17).

Porre la propria vita nell’amore, in un amore grande, totale, fervido! E avete sentito che cosa ha detto Gesù a Pietro: seguirlo costa, seguirlo è un impegno che prende tutta la vita, è un sacrificio, un sacrificio che si accompagna alla vocazione. Lo sottolineava il Papa nel suo messaggio: un sacrificio all’inizio della vocazione, un sacrificio nell’accettazione della volontà di Dio, un sacrificio che si accompagna nell’espletare la vocazione, un sacrificio che è seguire il Signore per la sua strada perché non si giunge alla gloria della resurrezione se non per l’umiltà della croce. Non si giunge alla conquista, non si arriva ad aiutare Gesù nell’opera della salvezza se non con questo sacrificio.

Ed è per questo forse che mancano tante vocazioni: perché manca il coraggio, perché non si vede che un aspetto solo della vita cristiana, non si vede la gloria di soffrire col Signore.

Ecco perché siamo invitati tutti oggi a pregare, perché attraverso la fede e l’amore e lo spirito di sacrificio si realizzi nella Chiesa una grande fioritura di bene. I genitori lo capiscono, capiscono come devono fare nella fede, nell’amore, nel sacrificio. Chi non ha ancora scoperto la sua vocazione con umiltà preghi perché avvenga in lui grande fede, perché sappia vibrare dell’amore, perché sappia accettare con gioia i sacrifici necessari.

Ecco, noi ci impegniamo a fare una grande crociata di preghiera, di invocazione perché il Signore susciti nella sua Chiesa, nella nostra comunità in particolare, questa grazia, questa grazia di invocazione di sante vocazioni, di fervide vocazioni.

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