Omelia Epifania del Signore
I doni necessari
Is 60, 1-6; Ef 3, 2-3. 5-6; Mt 2, 1-12
La festa dell’Epifania è una festa di gloria, è un preannuncio della grande gloria della risurrezione, quando Gesù sarà proclamato il Signore, perché nelle sue mani il Padre gli darà l’universo. È festa di gloria e perciò di gioia: Gesù è luce di tutti gli uomini, è centro di tutta la storia, fuori di Lui non vi è alcuna speranza. Noi ci dobbiamo rallegrare come si rallegrarono i Magi. Noi dobbiamo, anche noi, cercarlo, anche noi avere una conoscenza e un amore così forti, da potere come i Magi entrare nell’ adorazione esultante, nell’ adorazione di pace e di sicurezza.
“All’ombra delle tue ali”, dice il Salmo 90, “io esulterò”. È questa sicurezza di essere con il Signore, è questa sicurezza di essere nella sua Chiesa, in quella Chiesa che continua l’opera e la missione del Cristo, di essere così salvi. E la parola vorrebbe comprendere tutto, vorrebbe comprendere come in Gesù e nella sua Chiesa l’uomo trovi tutti i momenti di pace, tutto il senso della vita, tutta la ragione per la quale si deve operare: Cristo e la sua Chiesa.
Nella prima Lettura la “celeste Gerusalemme” è invitata ad accogliere la luce, anzi ad essere luce, perché “nebbia fitta avvolge le nazioni, ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te”. Il gioire della Chiesa, del trionfo della Chiesa, è avere quella sufficiente e vera cognizione che si richiede ad ogni cristiano. La gloria di Cristo è la gloria della Chiesa, ma non una gloria umana, non una gloria di cose terrene; la Chiesa è grande quando segue così Gesù, quando adempie alla missione che Cristo le ha dato.
E qual è la gloria che dobbiamo presentare? Quali sono i doni, la scienza del dono che noi dobbiamo avere? È sempre così: è sempre nella carità fraterna, nell’umiltà, nella pazienza, nella laboriosità di ogni giorno, nella dimenticanza dei nostri comodi, nella perseveranza delle buone opere, nell’andare d’accordo anche se abbiamo cose diverse e istanze diverse. È qui la gloria che dobbiamo dare a Dio, è qui l’adorazione che dobbiamo dare a Cristo, è qui l’impegno che dobbiamo realizzare. Seguire Cristo, andare da Cristo è vivere una vita conforme alla sua.
La Chiesa è grande, è stata grande sempre, perché la Chiesa è santa, la Chiesa è il prolungamento di Cristo. La Chiesa è veramente all’altezza del suo compito. La Chiesa ha dato in tutti i secoli frutti mirabili di vita eterna. Oh, la Chiesa! La Chiesa che particolarmente ha portato la luce attraverso i suoi santi! La gloria della Chiesa è la gloria di san Giovanni Bosco, è la gloria di don Orione, è la gloria degli umili che hanno sofferto e patito nel nascondimento, è la gloria di Teresa del Bambino Gesù, è la gloria di san Pio X, è la gloria di tutte le anime che hanno saputo mirabilmente offrire a Dio la loro vita.
La Chiesa è santa e la Chiesa dobbiamo amarla: amarla nei suoi martiri, amarla nei suoi pontefici, amarla nei suoi vescovi, amarla in tutti coloro che, poveri, non cercando che Dio, hanno dato la testimonianza piena. E ognuno di noi deve sentirsi parte viva della Chiesa, parte viva di un cammino che deve farsi sempre più operoso e grande. Anche noi siamo Chiesa, anche noi dobbiamo dare gloria al Signore, anche noi nella nostra umiltà, nel pentimento dei nostri peccati.
E qual è la gloria che dobbiamo presentare? Quali sono i doni, la scienza del dono che noi dobbiamo avere? È sempre così: è sempre nella carità fraterna, nell’umiltà, nella pazienza, nella laboriosità di ogni giorno, nella dimenticanza dei nostri comodi, nella perseveranza delle buone opere, nell’andare d’accordo anche se abbiamo cose diverse e istanze diverse. È qui la gloria che dobbiamo dare a Dio, è qui l’adorazione che dobbiamo dare a Cristo, è qui l’impegno che dobbiamo realizzare. Seguire Cristo, andare da Cristo è vivere una vita conforme alla sua.
Oh, non dobbiamo cercare l’approvazione degli uomini, perché gli uomini guardano solo le cose esterne! Noi non dobbiamo temere di essere non capiti. I Magi trovarono a Gerusalemme un deserto, i Magi trovarono l’incomprensione e la cattiveria. Un bravo cristiano non cerca di piacere al mondo e agli uomini: cerca di essere Cristo, cerca di essere a seguito di Lui, cerca di essere come Lui. Dove ci dobbiamo rimproverare? È quando vi è dissonanza tra la nostra preghiera e la nostra vita, tra il nostro culto e la nostra virtù, quando scendiamo a compromessi e ci vogliamo fare un cristianesimo facile, un cristianesimo fatto secondo la misura di una mentalità umana.