Omelia di Santo Stefano
Dobbiamo essere coraggiosi
At 6,8-10; 7,54-60; Mt 10, 17-22.
“Per dare testimonianza” aveva detto Gesù. Santo Stefano fu un vero testimone, un grande testimone. Amò la parola di Dio e la realizzò nella sua vita. Dice il testo sacro: “Pieno di fortezza era Stefano e pieno di grazia” (At 6,8).
Amò la Parola fino a consacrare tutta la vita a questa Parola. Diventò diacono cioè diventò servo, servo della Parola di Dio per trasmetterla e per farla amare.
Generosamente innamorato della verità la proclamò davanti al popolo, davanti ai nemici dichiarati di Gesù, tanti dei quali responsabili della morte del Signore Gesù. Amò la verità fino in fondo e non lo nascose, non ebbe prudenze umane, calcoli umani, congetture umane. La testimoniò. Offrì perciò la sua vita e non si nascose il pericolo. Davanti al Sinedrio, alta, forte e generosa pose la sua testimonianza con la certezza della vittoria. Lo disse: “Vedo il cielo aperto e Gesù che sta alla destra del Padre” (At 7,56). “Vedo”. Il suo era un atto di estremo coraggio. E lo uccisero. E lo uccisero barbaramente subito, senza indugio, senza aspettare una riflessione. Lo uccisero.
Sotto il grandinare dei sassi che immolavano la sua vita preziosa si udì solo una parola. Era una parola di perdono, proprio come aveva perdonato Gesù. Era una preghiera di grande fede e di grande amore.
Amò la verità fino in fondo e non lo nascose, non ebbe prudenze umane, calcoli umani, congetture umane. La testimoniò. Offrì perciò la sua vita e non si nascose il pericolo.
Ecco perché nella Chiesa ha avuto tanta, tanta forza, tanta diffusione la devozione a questo Santo. Noi dobbiamo invocarlo: abbiamo una diaconia dedicata a santo Stefano. Dobbiamo imitarlo. Dobbiamo seguirlo per non essere dei paurosi e dei timidi. Se vogliamo essere coraggiosi, dobbiamo spesso accogliere la Parola. È nella parola di Dio che ci costruiamo. Dobbiamo essere coraggiosi nel vincere le difficoltà del tempo per dedicarci di più alla preghiera e alla meditazione.
Dobbiamo insistere nel fare profonde le nostre convinzioni. Profonde vuol dire non superficiali, non generiche; farci delle convinzioni di fede, di fede illuminata, di fede completa, di fede aggiornata alle situazioni in cui viviamo.
Dobbiamo esercitare noi stessi nella fortezza per vincere tutte le nostre pigrizie, tutte le nostre incertezze; per vincere quella difficoltà che troppe volte ci condiziona: la difficoltà della nostra pigrizia e della nostra negligenza. Dobbiamo essere coraggiosi perché tutti, se vogliamo essere cristiani, dobbiamo essere un po’ martiri. Dobbiamo essere generosi, forti, amare il Signore, testimoniare questo amore, farlo amare, pensare agli altri, dire la verità anche quando la verità ci è scomoda.
Camminare dunque sulle orme di Santo Stefano che invochiamo nella sua potenza e nella sua intercessione.