Omelia del 6 Settembre 2020 di don Benedetto Usai

Omelia XXIII Domenica del Tempo Ordinario, 6 Settembre 2020


Che senso ha, se io desidero essere felice, non riuscire a gioire se chi mi sta vicino lo è? Perché alle volte mi intristisco, provo sentimenti di invidia, addirittura di rabbia e cerco sempre dei motivi per screditarlo ai miei occhi, per trovare delle ragioni che sostengano il mio ‘pensare male di lui’, quasi che l’unico che ha questo diritto sono io? ‘La carità non fa alcun male al prossimo: pienezza della Legge infatti è la carità’. Il primo altro sono io, perché non c’è prossimo più vicino che non sia il sottoscritto, che per primo chiede di essere amato. Non possiamo esercitare nessuna carità se prima non la riserviamo a noi stessi, è la prima e la più necessaria, il segreto più semplice per imparare a vivere. L’altro non è un nemico da abbattere, è lo specchio di me stesso, un appello tacito, gratuito e continuo ad accogliersi con tenerezza e Misericordia. La sua gioia è la ragione della mia, la parola più trasparente del mio esserci, il motivo più profondo della mia esistenza. Pregare per lui, consegnarlo alla benevolenza del Padre, assieme ad un coro accordato di voci, è la vita più bella, la più realizzata, la stessa di Cristo.

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