Omelia XXII Domenica del Tempo Ordinario, 30 Agosto 2020
Ha sete di te, Signore, l’anima mia.
Desideriamo che la nostra vita abbia un significato? Chi può negarlo? Tutti lo desideriamo, lo cerchiamo, lo attendiamo. Non si può vivere senza, aspettando che il tempo passi senza mai fermarci per discernere, anche con tanta pazienza, il motivo del nostro esserci. Gesù è venuto per questo, non ha voluto che l’uomo fosse solo nel cammino della vita, che alle volte non sorride a cio a cui nell’intimo aspiriamo. I discepoli lo chiamavano maestro, la sua era una parola di vita, si sentivano capiti e apprezzati anche quando usava parole forti ‘Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini! Ha scelto tecniche particolari per sedurli? Li ha convinti a forza di parole? Ha usato i suoi ‘straordinari’ miracoli? Gesù si è presentato loro, gli ha offerto la sua amicizia, e li ha invitati a seguirlo. Vieni e vedi, stai con me, non dubitare. Cosa c’è di più povero e di più straordinario della fede? Niente. Non è una gara a chi ha più successo, non è una rincorsa verso uno sterile perfezionismo, è solo amore.
‘Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà’. Amo quando esco da me, e ho l’umiltà di affidarmi a chi mi ama di più, anche quando sono confuso; amo quando offro al Padre con gratuita’ la mia impotenza, perché Lui sa che cosa farne, e non faccio dipendere la mia gioia solo da quello che so’ fare; amo quando imparo a dire grazie nelle mie tribolazioni, perché ho coscienza che la croce non è l’ultima parola, ma è sempre preludio di vita nuova.