Giubileo 2025: mille e uno modi per viverlo!

Il cammino del popolo di Dio è scosso, e forse risvegliato, dall’appello giubilare: «stabilisco che la Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano sia aperta il 24 dicembre del presente anno 2024, dando così inizio al Giubileo Ordinario» (Francesco, Spes non confundit 6). Che intenzioni muovono la Chiesa a distinguere, nel susseguirsi degli anni, un anno diverso dagli altri, un anno santo? Si desidera recuperare la coscienza di essere il popolo dell’alleanza, un popolo consacrato a Dio, interamente di Sua proprietà e sotto la Sua assoluta custodia, e la cui vita è condotta secondo uno stile inedito e originale, una legge differente da quella che guida l’esistenza degli altri popoli: «Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Vivono sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo. Osservano le leggi stabilite ma, con il loro modo di vivere, sono al di sopra delle leggi. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati» (Lettera “A Diogneto” 5). Il Giubileo, insomma, intende ristabilire ogni uomo e ogni donna nella sua condizione di libertà, di vera libertà. Se il Signore è mio alleato, se è dalla mia parte, non sono più sottomesso ad alcuna potenza, né interiore né storica, né mondana né soprannaturale, e sono finalmente libero di rimanere fedele al passo di Gesù Cristo, libero di camminare al ritmo che dettano l’amicizia e la comunione, la carità. Nonostante sembri, molto spesso, un’opzione oltre che faticosa, perdente. Egli, il Maestro, crocifisso per amore e risorto, garantisce che ne vale la pena.

L’annuncio giubilare è rivolto all’intero corpo ecclesiale e, al suo interno, interpella tutte le sue articolazioni: le diocesi, le parrocchie, le famiglie, le comunità monastiche o religiose … L’accoglienza dell’invito suscita risposte diversificate, tutte accomunate del medesimo desiderio: non smarrire il gusto di quella libertà che si è sperimentata grazie all’amorosa fedeltà di Dio. La sapienza di Israele e della Chiesa suggerisce infatti di non limitarsi ad un’adesione solo interiore alla grazia giubilare. Perché un verità sappia raggiungere e trasformare il cuore dell’identità, personale o comunitaria, non basta che sia intellettualmente appresa, chiede anche di essere “fatta”, praticata. I consigli che la Tradizione consegna sono molteplici: recarsi in pellegrinaggio a Roma, varcare la Porta Santa, celebrare il Sacramento della Riconciliazione, dedicare un tempo più abbondante alla preghiera, compiere uno o più gesti di autentica carità … I diversi soggetti ecclesiali porranno scelte variegate perché non tutte sanno toccare e far vibrare allo stesso modo ogni cuore. Una famiglia sceglierà di percorrere una via, mentre una coppia di fidanzati individuerà un’opzione che ritiene maggiormente adeguata alla propria storia e condizione; le decisioni di un consacrato non saranno le stesse di una parrocchia o di un’associazione, nonostante l’intento sia il medesimo.

La sapienza di Israele e della Chiesa suggerisce infatti di non limitarsi ad un’adesione solo interiore alla grazia giubilare. Perché un verità sappia raggiungere e trasformare il cuore dell’identità, personale o comunitaria, non basta che sia intellettualmente appresa, chiede anche di essere “fatta”, praticata. I consigli che la Tradizione consegna sono molteplici: recarsi in pellegrinaggio a Roma, varcare la Porta Santa, celebrare il Sacramento della Riconciliazione, dedicare un tempo più abbondante alla preghiera, compiere uno o più gesti di autentica carità …

Come una comunità di amici, lungo l’anno giubilare, può riscoprirsi porzione del popolo di Dio, spazio santo dove Egli regna, è presente e opera salvezza? come il Giubileo può aiutare a recuperare la coscienza che la Regola della Comunità Familiaris Consortio descrive? «L’amicizia cristiana trascende poi la misura di quella umana e sfiora il mistero della vita trinitaria da cui trae origine: nasce dalla carità di Dio e da essa è continuamente rigenerata e purificata. Essa è così una forma d’amore tra le più delicate ed alte. Aiuta a riconoscere la presenza del Signore nell’incontro con gli altri» (1.3).

don Luigi Orlandini

Condividi: