Sono ormai passati due mesi dal nostro arrivo sull’isola rossa. Forse mai come ora abbiamo nel cuore tanti pensieri, emozioni, speranze; forse mai come ora ci rendiamo conto della portata della nostra vocazione, del fascino di poterci mettere al servizio di questa porzione di umanità, dell’urgenza di comprenderne la lingua e i costumi, per poterla servire in modo originale, raccogliendo la bella eredità missionaria di chi è stato qui prima di noi…
Abbiamo conosciuto i luoghi dove saremo parroci, dove hanno operato per tanti anni i missionari della nostra chiesa reggiana, abbiamo incontrato le Case della Carità, i Servi e le Serve della Chiesa, i volontari con cui condivideremo tanto della nostra missione. Abbiamo il cuore colmo di gratitudine per l’opportunità di poter essere qui con loro, e con tutto questo popolo, per il privilegio di poter essere qui a nome di tanti. Allo stesso tempo, siamo un po’ storditi (se cosi possiamo dire) per l’impatto con una cultura così diversa, per la profonda povertà che si riscontra quasi dappertutto, per la consapevolezza che qui, ogni cambiamento, ogni piccolo miglioramento, richiede fatica, pazienza e tanto tempo; per lo scoraggiamento che suscita la visita di tante opere erette da missionari, che faticano a sopravvivere all’assenza degli stessi, alla consapevolezza che il Madagascar è l’unico paese al mondo, che seppur non abbia conosciuto guerre o disordini significativi negli ultimi cinquant’anni, si è costantemente impoverito e isolato dal resto del mondo.
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