Avvento 2021

Adulti

La piccola comunità di famiglie “Magnificat” ha preparato un libretto, consultabile quotidianamente sul sito e scaricabile, grazie al quale saremo accompagnati giorno per giorno nel cammino verso il Natale dalle parole di don Pietro Margini. Potremo anche unirci gli uni gli altri nella preghiera grazie alle intenzioni quotidiane.

I Domenica Tempo di Avvento – Anno C

Ger 33, 14-16; 1Ts 3, 12 – 4, 2; Lc 21, 25-28. 34-36

Dal Vangelo secondo Luca

“Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con potenza e gloria grande. Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».”

“Allora vedranno il Figlio dell’Uomo venire sulla nube con potenza e gloria grande” (Lc 21, 27).

E’ Dio, è nella maestà della sua grandezza, è in tutto il fulgore della sua gloria, quando quel giorno Lo vedremo, quando quel giorno ci incontreremo con Lui.

L’Avvento è la preparazione alla sua venuta terrena, ma è ancora la preparazione alla sua venuta finale.

Noi ci prepariamo a contemplarlo bambino, povero, fragile, in una capanna. Che non ci dimentichiamo che Lui è il Signore dei signori, è il Re dei re! Che non ce ne dimentichiamo, per non sottovalutare la grazia! Perché è vero, che noi siamo facilmente dimentichi di tutto quello che in qualche maniera ci costringe ad essere suoi, a vivere di Lui, a rispettare le sue leggi.

Noi tendiamo a fuggire. Il nostro egoismo ha tutte le sue strade, per cui facilmente ci rifugiamo nel comodo, nell’approssimativo, nel compromesso. Ci rifugiamo.

Ecco che l’Avvento ci dice: – I tuoi rifugi sono dei pretesti, sono delle viltà: datti a Dio! Datti a Lui, perché Lui ora ti è vicino, ora si lascia abbracciare da te, come si lascia abbracciare un bimbo, ma sarà il Re dell’universo e verrà con potenza e gloria grande.

Dobbiamo allora stanare tutte le nostre cattive stasi, tutte le nostre perverse negazioni e dobbiamo darci al Signore con un’intensità, con una forza come mai noi abbiamo fatto.

L’Avvento è Avvento di amore, è Avvento di grazia, è Avvento che ci riempie il cuore di gioia, ma bisogna essere autentici, essere veri cristiani, essere disponibili a tutta la sua azione. Un cristiano vero è il cristiano che comincia tutti i giorni, che tutti i giorni ripete: – Signore, non ho fatto nulla per te: ora comincio. Cominciare con umiltà, cominciare con fiducia, cominciare una donazione santa e piena. Perchè lo sappiamo: se sentiamo nel cuore la voglia del bene, è Lui stesso che ce la mette, è Lui che ci vuole, è Lui che ci aiuta, è Lui che ha la sua misericordia che si rinnova di tempo in tempo, che si rinnova di giorno in giorno, sempre così ampia, sempre così forte, sempre così amabile.

Diamoci a Dio, rinnoviamo la nostra preghiera, sottolineiamo il nostro raccoglimento, impegniamoci con un esercizio più forte e più vero di virtù, con delle opere buone. Non stanchiamoci di operare il bene, perché è il nostro tempo e il tempo è tempo di Dio, è tempo di amore, è tempo di grazia.

dPM, Omelia I Domenica Tempo di Avvento – Anno C, 28/11/1982

Intenzione di Preghiera

Preghiamo perché questo tempo di Avvento sia un’occasione di silenzio, di preghiera e di partecipazione all’Eucarestia per entrare meglio nel mistero di Dio che si fa uomo.

Lunedì I settimana Tempo di Avvento

Is 2, 1-5; Mt 8, 5-11

Dal vangelo secondo Matteo

“In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».

Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».

Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».”

“Gesù ne fu ammirato” (Mt 8, 10). Dio è venuto tra gli uomini, è venuto per redimerli, è venuto per salvarli.

Qui lo troviamo in ammirazione, ma che cos’è che si può ammirare nell’uomo? Ecco, è proprio sempre questo, quando l’uomo sa stare al suo posto, quando l’uomo è nella verità.

Noi chiamiamo umiltà l’amore alla verità. Non è che il centurione dicesse una bugia, non è che proferisse una parola cortese: era evidentemente persuaso di essere indegno, aveva capito che ospitare Gesù è una cosa così grande, che i meriti dell’uomo non possono stare alla pari.

Ammirare, ammirare l’umiltà, volere l’umiltà. Ecco, qual è la verità nostra di fronte a Dio? Che noi siamo creature, che siamo niente, che tutto quello che abbiamo ce l’ha dato Lui. Qual è ancora una posizione di verità? E’ che noi creature di Dio, per nostra colpa, siamo anche diventati peccatori. E un peccatore è un gradino molto più in basso di quello che non può essere una semplice creatura. Quando diciamo allora: – Sta’ al tuo posto, noi diciamo: – Sta’ lì, dove ti sei messo, dove ti sei messo per i tuoi peccati, sei niente perché tutto devi al tuo Dio, hai aggiunto il peccato. Ti puoi dopo inorgoglire? Non vedi? Tu sei uno zero più peccato, ti puoi inorgoglire? Puoi avere delle pretese verso Dio? Puoi lamentarti di Lui? Puoi rifiutare le prove che Lui ti ha assegnato? Puoi, in qualche maniera, avanzare dei diritti? Puoi, ancora, innalzarti sopra gli altri e riempirti di vanità, di sciocchezze, gonfiarti di quello che vedi in te o di quello che immagini di avere in te?

Il Signore lo sa molto bene come non siamo nulla. Ecco perché ci vuole insegnare questa grande verità con l’esempio della Madonna: così grande, scelta da Dio in un miracolo di potenza e di amore, la Madonna è stata umilissima. E noi La guardiamo quando si definisce “una schiava”, quando parla dell’abisso di Lei, schiava di Dio.

Iniziando questa Novena ad onore dell’Immacolata, ecco la prima cosa che dobbiamo copiare da Lei: il senso di Dio, della grandezza di Dio.

Il proposito è molto semplice, ma molto vitale: – Sta’ al tuo posto come ti ha insegnato Gesù: “Imparate da me che sono umile” (Mt 11, 29). Ecco, impariamo da Lui, insieme con la Madonna saremo da Lui glorificati.

dPM, Omelia Lunedì I settimana Tempo di Avvento,

Novena dell’Immacolata – I giorno, 29/11/1982

Intenzione di Preghiera

Per gli sposi, perché sappiamo vivere la loro vocazione imparando da Maria e Giuseppe, perché non manchi mai la preghiera, l’ascolto e il dialogo.

Martedì I settimana Tempo di Avvento

Rm 10, 9-18; Mt 4, 18-22

Dal Vangelo secondo Matteo

“In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.”

“Seguitemi” (Mt 4, 19). E’ su questa parola che è giusto meditare.

Il Signore Gesù chiama, è venuto per chiamare, è venuto non solo per chiamare gli apostoli. Oggi è la festa di sant’Andrea. E’ venuto per chiamare tutti gli uomini: “Seguitemi”. Dobbiamo seguirlo e dobbiamo vedere in Lui il vero esempio di come si onora il Padre, di come Lo si adora e Lo si ama.

Gesù è il perfetto adoratore. Gesù ci introduce al Padre e ci rende degni di stare davanti a Lui.

L’impegno nostro è di capire come non possiamo piacere a Dio, se non ci assomigliamo a Gesù Cristo. Nessun uomo è capace di piacere a Dio, se non segue Gesù, nessun uomo! Fosse anche l’uomo più retto e più onesto, fosse anche l’uomo che si sforza maggiormente: tutto passa per Gesù e Gesù ci insegna a riconoscere la grandezza di Dio. L’adorazione è un sentimento spontaneo, è un sentimento consapevole dell’uomo di fronte a Dio, che opera nell’universo e nell’uomo stesso.

L’adorazione dice riconoscere Dio. E’ un misto di stupore e meraviglia, è un misto di riconoscenza, è tutto l’uomo che si prostra davanti a Dio, che Lo riconosce e Lo ama. L’adorazione ha il suo sbocco nell’amore e adora perfettamente chi sa amare, proprio perché Gesù ci ha rivelato Dio come Padre e ci ha detto che, per mezzo di Lui, possiamo chiamarlo ed essere veramente contenti di questo nome: “Dio Padre”.

E così, allora, la nostra preghiera non diventa più una preghiera informe, una preghiera disordinata, una preghiera egoistica, non si riduce tutta a una domanda interessata, è il riconoscimento della grandezza della mirabile opera di Dio.

La Madonna santissima ha saputo adorare, ha saputo avere un senso creaturale altissimo, ha obbedito a Dio anche quando il Signore ha sconvolto completamente i suoi piani. E’ la serva del Signore.

Ecco che noi vogliamo unirci a Lei, perché Lei ci faccia una sola cosa nella Messa con Gesù. E insieme a Gesù possiamo dare quel tributo di amore e di onore che Dio si aspetta da noi, perché è giustizia darglielo ed è ingiusto chi glielo nega. Il peccato è sempre una grave ingiustizia.

Domandiamo alla Madonna di potere capire e di potere migliorare così la nostra preghiera.

dPM Omelia, Martedì I settimana Tempo di Avvento,

Novena dell’Immacolata – II giorno – Festa di sant’Andrea, 30/11/1982

Intenzione di Preghiera

Per i malati perché sappiano abbracciare la croce di Cristo con fede e speranza. Non manchi mai in loro la certezza che il Signore li consola e li sostiene.

Mercoledì I settimana Tempo di Avvento

Is 25,6-10; Mt 15,29-37

Dal Vangelo secondo Matteo

“In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele.

Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».

Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla.

Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.”

“Portarono via sette sporte piene” (Mt 15, 37). E’ sempre così quando ci si incontra con Lui. Le nostre malattie vengono guarite e vi è l’abbondanza di ogni grazia.

Bene a ragione la Scrittura dice: “Ma voi siete diventati ricchi?” (*1 Cor 4, 8). Avete Cristo! Quando si ha Lui, si ha tutto. E la donna, che soffriva di perdita di sangue, si limitò a toccare il lembo del suo vestito: “E’ sufficiente”, diceva.

E fu sufficiente. Quando c’è la fede… La fede è mirabile, perché ci mette in contatto con Lui, perché la forza che è in Lui, attraverso la fede, arriva fino a noi. Possiamo essere ben miseri, ben poveri, possiamo essere tanto peccatori ma, se entriamo con la fede in contatto con la sua divinità, torniamo risanati e ricchi.

Dobbiamo meditare molto su questa nostra fede. Dobbiamo meditare perché mai noi, che riceviamo così spesso l’Eucaristia, non riceviamo abbastanza e i nostri difetti e le nostre manchevolezze persistono. La nostra fortezza viene meno perché ci manca la fede, la nostra fortezza langue, non perché il Signore ha mancato, perché ha dato pochi mezzi, perché difficilmente si può toccare: è la nostra fede che è troppo piccola! E crescere la fede è dono di Dio, ma è un dono che arriva infallibilmente, quando noi poniamo a disposizione il nostro cuore, quando noi usiamo bene della nostra libertà. Troppo spesso, preoccupati e frastornati da tante cose materiali, noi facciamo conto su di noi, facciamo conto sui nostri propositi, sulla nostra buona volontà, sulle nostre disposizioni. Lo sappiamo bene che tutto è inutile: bisogna che noi ci apriamo a Lui.

La Madonna Santissima ha avuto questo nella salita sua alla santità, ha avuto questa apertura totale alla grazia di Dio; per questo la Scrittura, l’Apocalisse, la celebra come la donna vittoriosa, vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi. Ha ricevuto. Tutto quello che è in Maria è dono di Gesù. Ha ricevuto molto, ma ha corrisposto adeguatamente; noi riceviamo molto, anche noi, ma non corrispondiamo.

E’ sulla corrispondenza che ci dobbiamo interrogare, per diventare forti nella fede, generosi nei nostri doveri, pronti a ogni gesto di carità.

dPM Omelia, Mercoledì I settimana Tempo di Avvento,

Novena Immacolata- III giorno, 1/12/1982

Intenzione di Preghiera

Ti preghiamo Signore perché le nostre comunità siano luoghi di amicizia autentica, di comunione e di condivisione

Giovedì I settimana Tempo di Avvento

Is 26, 1-6; Mt 7, 21. 24-27

Dal Vangelo secondo Matteo

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».”

“Colui che fa la volontà del Padre mio” (Mt 7, 21).

Stasera dobbiamo meditare come tutta la salvezza e la perfezione dell’uomo dipendono esattamente di qui: dal fare la volontà del Padre, perché noi siamo su questa terra per questo. Dio ci ha presi da niente e ci ha resi intelligenti, ricchi di volontà, con l’uso della nostra libertà, perché facciamo la sua volontà.

Entriamo così nell’ordine universale che Lui ha fatto, un ordine mirabile, un ordine sapientissimo, per cui ogni creatura ha il suo posto, la sua finalità.

Noi poi siamo stati chiamati ad essere in Cristo, ad essere creature nuove in Cristo, ad avere la dignità di figli. Siamo stati chiamati come figli a guidarci, ad indirizzarci secondo una legge di amore ed Egli ci ha donato lo Spirito Santo, perché guidi tutte le nostre scelte, i nostri pensieri e i nostri affetti.

Nello Spirito Santo dobbiamo sapere condurre la vita presente, per potere avere nell’eternità il nostro posto nel Cielo.

Se guardiamo gli esempi, sappiamo bene come la Madonna ha fatto la volontà di Dio: con quanta forza, con quanta perfezione, con quanta umiltà, con quanto eroismo, con quanto coraggio! Guardiamola a Nazaret: il “sì” dell’Annunciazione, guardiamola a Betlemme, guardiamola lungo la strada che conduce all’Egitto. Così percorriamo tutta la sua vita fino al Calvario, quando, con un eroismo ineffabile, offrì il suo Figlio divino al Padre, perché fosse compiuta tutta la sua volontà. Anche Lei aveva accettato il calice, quel calice preparatole perché diventasse Corredentrice con Gesù. Guardiamola dopo la salita di Gesù al Calvario là ai piedi della croce, i suoi sentimenti, la sua donazione. Poi torniamo a guardarla il giorno della Pentecoste, quando diventa così il centro della Chiesa e accetta di restare per anni ancora quaggiù, sostegno e conforto della Chiesa.

Ed a Lei allora domandiamo l’aiuto, per potere anche noi fare in tutte le occasioni la volontà di Dio. Ripetiamo: “Sia fatta la tua volontà”. Ripetiamolo di fronte alle tentazioni, ripetiamolo di fronte ai doveri, ripetiamolo di fronte alle prove e ai dolori, ripetiamolo tutti i giorni: “Sia fatta la tua volontà”. Qui c’è la preghiera esemplare, la preghiera che condensa ed esprime ogni migliore preghiera. “Sia fatta la volontà”: e la nostra costruzione sarà veramente solida, come ci ha detto Gesù.

dPM Omelia, Giovedì I settimana Tempo di Avvento,

Novena Immacolata – IV giorno, 02/12/1982

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per la nostra diocesi, perché il Signore doni vocazioni alla vita sacerdotale e consacrata. Preghiamo perché sostenga sempre i sacerdoti nel loro ministero.

Venerdì I settimana di Avvento

Is 29, 17-24; Mt 9, 27-31

Dal Vangelo secondo Matteo

“In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!».

Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!».

Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi.

Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.”

“Due ciechi lo seguivano urlando” (Mt 9, 27). Ricordiamo le altre parole di Gesù, quando i farisei gli chiesero: “Siamo anche noi dei ciechi?”, Gesù rispose una risposta terribile: “Se voi foste ciechi, ci vedreste; è perché dite di vedere che siete ciechi” (cfr. Gv 9, 40).

L’importante allora è avere una cognizione esatta di noi stessi, da non essere dei ciechi che credono di vedere, perché allora non urlano l’invocazione a Gesù, non vanno da Lui, non sono guariti.

La cecità spirituale non è infrequente. Troppo l’uomo pensa con lode a se stesso e molti sono quelli che si stimano onesti e non lo sono, che si stimano cristiani e non lo sono, che si stimano bravi e invece sono ben lontano.

Ognuno deve giudicare se stesso e nessuno può arrogarsi il diritto di giudicare un altro, ma su se stessi si deve fare un chiaro e vero esame di coscienza, perché la fede è dono di Dio, ma richiede la nostra evidente corrispondenza, lo spalancare il nostro cuore, il vivere cioè alla vera luce di Dio. E’ la Parola di Dio che ci giudica e ci interroga, è alla luce della Parola di Dio che dobbiamo guardare la nostra vita, è confrontandoci con il Vangelo che possiamo vedere se siamo sul retto cammino.

Perché la Madonna è salita così tanto verso la santità? Perché, educata alla Parola di Dio, educata a fare la volontà di Dio, tutta la vita l’ha spesa in una luce di obbedienza, di umiltà, di fervore. La Madonna è stata mirabile nel tradurre, passo per passo, la parola del Signore e il Signore è stato glorificato in Lei.

“L’anima mia magnifica il Signore – dirà Lei stessa – ed esulta in Dio mia salvezza” (Lc 1, 46). Certo! Proprio perché Lei è stata spalancata alla Parola di Dio, a Dio stesso, e Dio ha regnato in Lei. Prima di avere la maternità divina, la Madonna aveva già profondamente la comunione con Dio.

A Lei chiediamo stasera di essere più umili, più fervidi, più impegnati nel nostro esame di coscienza, nel mettere la nostra vita in discussione sulla Parola del Vangelo.

dPM Omelia, Venerdì I settimana di Avvento,

Novena dell’Immacolata – V giorno, 03/12/1982

Intenzione di Preghiera

Per le famiglie che desiderano un figlio, che siano aperte alla volontà del Signore alla chiamata di paternità e maternità che Lui ha pensato per loro.

Sabato I settimana di Avvento

Is 30,19-21.23-26; Mt 9,35-10,1.6-8

           

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.

Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».

Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.

E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

“Voce di uno che grida” (Lc 3, 4). E questa voce, risuonata allora, ha passato i secoli e risuona anche a noi, risuona nel nostro cuore, risuona nella Chiesa, risuona davanti al silenzio del Tabernacolo, risuona nella Liturgia solenne Eucaristica.

E’ la voce che ci chiama a rendere la nostra fede operante, il nostro impegno autentico; è la voce che ci chiama a deporre ogni sorta di viltà, di mediocrità, di compromesso, per darci generosamente al Signore.

E noi sappiamo qual è la misura, quella misura per la quale scorgiamo se il nostro desiderio è vero, perché ritorna la parola dell’Apostolo: “Se diciamo di amare Dio e non amiamo il nostro fratello, siamo bugiardi” (1Gv 4, 20). E’ allora nell’aiutare gli altri, quanti sono nella indigenza più grave, nell’indigenza prima, che è l’indigenza dello spirito! I peccatori, nel gergo della vita cristiana, si chiamano “i poveri peccatori”, perché veramente il peccato rende poveri, il peccato rende miseri, il peccato deprime l’uomo alla terra, mentre l’uomo è chiamato al cielo.

La festa dell’Immacolata Concezione ci richiama fortemente a questa idea: la Madonna è contemplata nel suo splendore, nella sua gloria, nella sua dignità, in quel valore altissimo in cui il Signore l’ha posta e tutto questo perché è stata lontana da ogni peccato, perché il peccato non l’ha nemmeno sfiorata, nemmeno quel peccato che non è un peccato personale, ma di origine.

La Madonna è stata veramente Immacolata; non possiamo onorarla se non ci distacchiamo dal peccato, se non ci impegniamo a fare le opere di bene e di carità, ad aiutare il Signore nell’opera di evangelizzazione.

Impegniamoci allora, sull’esempio della Madonna, a vivere più staccati dal peccato e più pronti ad ogni opera di misericordia.

dPM Omelia, Sabato I settimana di Avvento,

Novena dell’Immacolata – VI giorno, 04/12/1982

Intenzione di Preghiera

Per i giovani in ricerca della propria vocazione, che il Signore li accompagni nelle loro vite e gli doni coraggio e speranza nel futuro.

II Domenica di Avvento – Anno C

Bar 5, 1-9;  Fil 1, 4-6.8-11; Lc 3, 1-6

Dal Vangelo secondo Luca

“Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

Ogni burrone sia riempito,

ogni monte e ogni colle sia abbassato;

i passi tortuosi siano diritti;

i luoghi impervi spianati.

Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!”

“Ogni uomo vedrà la salvezza” (Lc 3, 6).

Nella profezia che riguardava Gesù era detto: “Egli aprirà gli occhi ai ciechi” (Is 42, 7*). Senza Gesù non vediamo, senza Gesù siamo in un’oscurità profonda: non conosciamo Dio, non conosciamo il perché della vita e della morte, non sappiamo nemmeno dove possono fondarsi le nostre relazioni sociali.

Gesù è venuto perché noi vediamo, cioè perché noi prendiamo visione di quelle verità, di tutta quella luce che ci è necessaria per fare il nostro cammino, per dare alla vita il perché, per dare alla vita un movente che possa renderla degna di essere vissuta.

E’ necessario che in questo Avvento ci preoccupiamo perciò di conoscere meglio Gesù, di conoscere meglio la sua dottrina, di avere una meditazione più efficace e più profonda, perché molte anime restano in parziali oscurità, molte anime conoscono poco di Gesù e quello che conoscono lo conoscono male, conoscono qualche cosa nel vago.

Il tempo di Avvento è tempo di meditazione. Dobbiamo far venire la luce di Gesù nel nostro cuore, una luce piena, meravigliosa nella sua efficacia e nella sua soavità. Più luce, più luce nell’anima!

Bisogna conoscere meglio la sua Parola, bisogna riflettere su ogni suo precetto, su ogni suo consiglio, su ogni suo esempio. Bisogna che il nostro cuore progredisca in questa, che è la più grande, è la più salutare di tutte le cognizioni e di tutti gli affetti.

Abbiamo bisogno di Lui per essere più sicuri, per essere più forti, per essere più decisi in tante occasioni. Abbiamo bisogno di Lui e l’insistenza, con la quale tutta la Liturgia di Avvento prorompe nel “Vieni Signore Gesù” (Ap 22, 20), è ancora in questo senso: “Ogni uomo vedrà”. Lo dobbiamo vedere di più, dobbiamo constatare meglio che solo in Lui c’è la salvezza. E la condizionale è proprio posta in questo lavoro: nel preparare la via, nel raddrizzare i sentieri, nel riempire i burroni, nell’abbassare i monti e i colli, nel drizzare i passi tortuosi e i luoghi impervi, cioè dentro di noi. Dobbiamo ben essere persuasi che ci sono degli ostacoli, che ci sono delle cose che ci impediscono questa visione, questa acquisizione della salvezza; ce la impediscono e saremmo illusi se pensassimo che solo la nostra strada fosse una strada spianata e facile. Noi dobbiamo lottare, noi dobbiamo soffrire, noi dobbiamo impegnarci, perché tutta la sua luce giunga a noi, ci raggiunga questa pienezza, questa grazia di salvezza.

Ecco perciò che il nostro proposito di più intensa preghiera, di più valida meditazione dev’essere posto nell’impegno, nello sforzo, nella generosità quotidiana.

Non lasciamo passare invano questo tempo, non stiamo lì indifferenti a dormicchiare: scuotiamoci! Ognuno di noi ha una verità da approfondire, ognuno di noi ha una preghiera da fare meglio, ognuno di noi ha un difetto da togliere, ognuno di noi dev’essere più buono, più caritatevole, più aperto perché giunga tutta la luce.

E in questo senso noi auguriamo che, mediante la nostra disponibilità, il Signore possa esultare nel vederci più uniti a Lui, più pronti, più disposti a porre tutta la nostra vita nelle sue mani.

dPM Omelia, II Domenica di Avvento – Anno C, 05/12/1982

Intenzione di Preghiera

Dio ha deciso di spianare ogni alta montagna e di colmare le valli perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Ti chiediamo, Signore, di sentire ogni giorno la sicurezza della Tua presenza viva e forte, fatta di misericordia, di amore e di pace perché possiamo portarle ai nostri fratelli.

Lunedì II settimana Tempo di Avvento

Is 35, 1-10; Lc 5, 17-26

Dal Vangelo secondo Luca

“Un giorno sedeva insegnando. Sedevano là anche farisei e dottori della legge, venuti da ogni villaggio della Galilea, della Giudea e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni. Ed ecco alcuni uomini, portando sopra un letto un paralitico, cercavano di farlo passare e metterlo davanti a lui. Non trovando da qual parte introdurlo a causa della folla, salirono sul tetto e lo calarono attraverso le tegole con il lettuccio davanti a Gesù, nel mezzo della stanza.Veduta la loro fede, disse: “Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi”.Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere dicendo: “Chi è costui che pronuncia bestemmie? Chi può rimettere i peccati, se non Dio soltanto?”. Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: “Cosa andate ragionando nei vostri cuori?Che cosa è più facile dire: Ti sono rimessi i tuoi peccati, o dire: Àlzati e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: io ti dico – esclamò rivolto al paralitico – àlzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua”. Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e si avviò verso casa glorificando Dio. Tutti rimasero stupiti e levavano lode a Dio; pieni di timore dicevano: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose”.”

“Lo calarono … davanti a Gesù” (Lc 5, 19). Per ottenere un miracolo ci vuole della fede, per ottenere un grande miracolo ci vuole una grande fede. Noi possiamo quello che esprimiamo con la fede. La nostra professione di fede nella Comunione non è esatta. Colui che comunica dice: “Corpo di Cristo”; colui che riceve nella Comunione fa una professione di fede e dice: “Amen”. Ma la Liturgia non è fatta di silenzio, così come viene fatto da troppi, che o non dicono: “Amen” o lo dicono con voce troppo sommessa. È necessario capire che l’“Amen” è una professione di fede e va detta forte, perché è testimonianza di fronte a tutti. Quindi, come colui che dà la Comunione dice: “Il Corpo di Cristo” con voce che si sente, così colui che riceve la Comunione deve dire: “Amen”, in modo che si senta.

Anche noi siamo spiritualmente paralitici e paralitici che non si possono in alcun modo lusingare.

Il paralitico ha avuto fede, gli uomini che lo portavano hanno avuto fede, ecco il commento di quelli che hanno visto il miracolo: “Abbiamo visto cose meravigliose”. Sempre nell’anima avviene il prodigio, la meraviglia, perché Dio è meraviglioso in sé e meraviglioso nei suoi doni, perché Dio dona con una ricchezza incredibile. Ed ecco la ragione per la quale siamo inescusabili: abbiamo in mezzo a noi il Signore e sempre possiamo trovarlo e sempre possiamo toccarlo e restiamo nella nostra paralisi, nella nostra inazione, nella nostra paurosa mediocrità.

Dobbiamo pensare, e pensare ogni giorno, che il Signore non ha diminuito la sua potenza né la sua bontà, il Signore è nell’Eucaristia con tutta la sua potenza, con tutta la sua bontà; tutto dipende da come noi ci avviciniamo all’Eucaristia, che conto facciamo dell’Eucaristia. Quanti, quanti peccatori c’erano anche allora! Quanti miserabili! Solo alcuni hanno trovato la salvezza.

Guardiamo a quale schiera vogliamo appartenere, la nostra relazione, la nostra vivacità di relazione con l’Eucaristia, il sentire come Gesù è lì, per noi, e mette a disposizione nostra la sua potenza e la sua bontà. Perché la Madonna è cresciuta così prodigiosamente in grazia? Come approfittava della presenza di Gesù! Quale lingua umana o angelica potrà dire quanto è cresciuta la Madonna nei trent’anni di Nazaret? Perché aveva Gesù e perché sapeva prendere da Gesù.

Da Lei dobbiamo insistentemente chiedere la grazia di usare bene dell’Eucaristia, di usare di tanto dono, perché è il dono più grande, è la misericordia di Dio più vasta, è il prodigio dei prodigi.

Vogliamo allora chiedere alla Madonna di saper partecipare alla Messa, di saper intrattenerci con Gesù nella Comunione. Ed è nella Comunione dove noi dobbiamo, davanti a tutti, professare generosamente la nostra fede.

dPM Omelia, Lunedì II settimana Tempo di Avvento,

Novena dell’Immacolata – VIII giorno, 06/12/1982

Intenzione di Preghiera

In questo tempo di Avvento chiediamo la grazia di una forte partecipazione al desiderio di Gesù di salvare le anime, per far loro conoscere l’Amore grande del Padre.

Martedì II settimana Tempo di Avvento

Gn 1, 9-15.20; Lc 1, 26-38

Dal Vangelo secondo Luca

“In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.”

“La vergine si chiamava Maria” (Lc 1, 26-38).

Bene la Liturgia ha sottolineato e lo ripetevamo nel Salmo responsoriale: “Abbiamo contemplato, o Dio, le meraviglie del tuo amore” (Sal 97), perché la Vergine Maria è il più grande prodigio che Dio abbia mai fatto.

Dio ha creato tutto l’universo e noi non siamo arrivati a toccare un piccolo lembo di questo universo. Sono immensi i cieli, immense le nebulose, eppure Dio è stato più potente e più grande, Dio ha fatto di più facendo Maria. Facendo Maria, ha fatto il capolavoro delle sue opere. Nessuna ha avuto le virtù che ha avuto Lei: la sua fede, la sua umiltà, la sua bontà e dovremmo a lungo continuare le enumerazioni.

Noi siamo nella festa dell’Immacolata e la festa dice che sono cominciate le meraviglie di Dio in Maria. Fin dal primo istante della sua esistenza, Dio l’ha arricchita in una maniera meravigliosa. Nessun Angelo è come Lei, tutti i santi insieme non raggiungono la sua santità, non la potranno mai raggiungere perché è di un altro ordine. Maria entra in una maniera particolarissima nel mistero dell’Incarnazione.

Ecco, noi vogliamo stasera esultare e prostrarci davanti a Lei, perché Lei si degni di prenderci sotto la sua protezione, perché Lei ci guidi con il suo tenerissimo amore. Siamo devoti della Madonna, cerchiamo di essere molto devoti della Madonna! Chi è veramente devoto di Lei, ha un segno della sua predestinazione, cioè ha un segno che si salverà, perché nessuno che è veramente con Lei, Lei lo lascerà perdere.

La Madonna l’ha fatta Dio così grande, e Lei ha saputo corrispondere così forte, che il Signore non nega mai niente a Lei.

Quindi, il lavoro delle virtù, della perfezione cristiana, la vittoria sul peccato, la sconfitta del male nel mondo, ecco, li dobbiamo vedere e porre così in Maria.

Ripetiamole quindi la nostra preghiera più fervida e la nostra volontà di imitarla e di seguirla, perché, seguendo Maria, siamo non solo sicuri, ma siamo lieti nella sicurezza, sereni nelle lotte, tranquilli anche nel mare in tempesta.

dPM Omelia, Martedì II settimana Tempo di Avvento,

Novena dell’Immacolata – IX giorno, 07/12/1982

Intenzione di Preghiera

L’Eucarestia e la preghiera del Rosario guidino le nostre famiglie all’intimità con Gesù e con Maria, sua Madre, per essere testimoni credibili e gioiosi del loro Amore per noi.

Mercoledì II settimana Tempo di Avvento

Solennità dell’Immacolata

Gn 3, 9-15.20; Ef 1, 3-6.11-12; Lc 1, 26-38

Dal Vangelo secondo Luca

“In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.”

“Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te” (Lc 1, 28). Le parole dell’Angelo sono ripetute nei secoli da tutto il cielo, da tutta la terra, da tutte le anime redente, da tutte le sponde dei continenti. “Ave, piena di grazia” (cfr. Lc 1, 18).

La Madonna è stata grande, la più grande, la magnifica tra tutte le creature, perché ha avuto la grazia, la pienezza di grazia, perché è stata tutta di Dio, è stata posseduta in una maniera unica e grandissima dallo Spirito.

Anche noi la lodiamo, la benediciamo, anche noi ringraziamo Dio che l’ha fatta così grande, così privilegiata e ce l’ha data come modello e come Madre, perché Maria è intimamente unita alla Chiesa, è il membro più illustre della Chiesa. Maria santissima è vicino ad ognuno di noi, non è perduta nella gloria, inebriata della gloria e dimentica: è con noi.

E tutti i secoli stanno a dimostrare, in una maniera assolutamente eloquente, che Lei è presente a noi: è presente nelle nostre gioie e nelle nostre tristezze, nei nostri pericoli e nelle nostre angustie. E’ presente.

E la sentiamo particolarmente e, nella fede, sensibilmente presente oggi nella nostra assemblea, per partecipare alla nostra gioia, alla gioia di questo matrimonio, fatto nel nome del Figlio suo. E’ presente, soavissima, potente, è presente

e noi sentiamo che è presente ancora per dare.

Ed ecco la nostra preghiera, la nostra invocazione, perché in questi sposi sovrabbondi la grazia, sovrabbondi nell’amore di Dio, vivo e forte, nell’amore tra di loro, che vuol essere sempre più efficace.

E’ presente in tutta la nostra comunità, che vuole così partecipare con particolare sensibilità e cuore.

Noi la invochiamo, la invochiamo perché questi sposi possano compiere veramente bene la loro missione, perché sposarsi è assumersi delle responsabilità, responsabilità vive di fronte a Dio, alla società e alla Chiesa. Sposarsi non è un fatto privato, è un fatto che interessa tutti e tutti sentono che la famiglia è dove il regno di Dio prima di tutto deve prendere il suo dominio.

Oh sì! La famiglia è stata consacrata da Gesù come Sacramento, perché possa dare dei figli santi, perché possa dare dei figli che continuino la lode a Dio e la missione della Chiesa.

Ebbene, noi vi auguriamo ogni bene, perché vi auguriamo la santità in Cristo. Tendete sempre alla perfezione, non accontentatevi mai del sufficiente, non fermatevi mai sulla domanda: “Che cosa c’è di male?”. Andate più avanti. Desiderate di porre un principio forte nella vostra vita: fare sempre meglio, sempre di più. Riempite la vostra vita fino all’orlo, riempitela, come i servi alle nozze di Cana hanno riempito le giare fino all’orlo e allora è avvenuto il miracolo, così avvenga di voi. Riempite la vostra vita, riempitela sempre con lena maggiore, sempre con slancio più forte. Le prove della vita non vi stanchino, le tristezze non vi deludano. Fate sempre di più e seguite Gesù; seguitelo così nel suo amore, seguitelo nella sua bontà, seguitelo nella sua strada.

 Il Signore ci ha dato l’esempio del distacco, la sua povertà è stata una povertà di amore. Seguite Cristo santo e illibato, seguite Cristo nel fare ogni ora la volontà di Dio, nell’ubbidienza piena al Signore che dispone le cose per nostro amore.

Noi vi auguriamo che si adempia proprio ciò che nella seconda Lettura abbiamo letto da san Paolo: “Santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi” (Ef 1, 4-5). Sì, così è bella la vita! E’ bella quando è portata in alto, quando è mantenuta in alto, quando è servizio sereno e umile, com’è stata la vita di Gesù.

Ecco l’augurio, ecco la preghiera, ecco l’affetto di tutti i vostri amici che presentano al Signore le loro suppliche, perché si attui in voi in pienezza il Regno di Dio.

dPM Omelia, Mercoledì Solennità dell’Immacolata

[Matrimonio], 08/12/1982

Intenzione di Preghiera

Viviamo questo tempo di attesa in unione alla B.V. Immacolata e innalziamo il nostro canto di lode e di ringraziamento per le meraviglie che il Signore opera attraverso di Lei nella sua Chiesa.

Giovedì II settimana Tempo di Avvento

Is 41,13-20; Mt 11,11-15.

Dal Vangelo secondo Matteo

“In quel tempo, Gesù disse alle folle:

«In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono.

Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elìa che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!».”

Abbiamo il dovere di farci santi:

1) Perché Dio lo vuole.

2) Perché siamo cristiani (Nel Battesimo figli di Dio, fratelli e coeredi di Gesù, templi. Titoli di nobiltà).

3) Perché siamo membri della Chiesa (In essa tutto è santo: preghiera, sacrificio, sacramento, dottrina. Non essere membri morti).

4) Dio ci fornisce abbondantissimi mezzi (coscienza, sacerdoti, Vangelo, sacramenti, esempi ammirabili).

Se non siamo santi è perché non lo vogliamo. Il Regno di Dio soffre violenza. Diceva Bloy che il mondo è tanto triste oggi perché mancano dei santi.

Noi mentre amiamo le creature, mentre amiamo le cose e noi stessi abbiamo sempre nel nostro fondo una malinconia, una nostalgia per ciò che passa. La tristezza nasce dal non essere santi. Da che cosa nasce la tristezza dell’uomo che vive immerso nel mondo? Dal sentire che l’oggetto amato «è» oggetto che passa. La nostra tristezza è la scia della nostra imperfezione. In quanto non amiamo veramente Dio, sentiamo che l’oggetto amato fatalmente passa e la tristezza ci invade sempre, anche quando non ce ne accorgiamo. Il bello passa. Il Santo sa dove la bellezza delle cose che ci commuovono ha la sua sorgente. Nulla è bello senza Dio. Ed il Santo che possiede Dio mentre ama le cose belle con pieno abbandono non ha tristezza perché sa che l’essenziale bellezza delle cose e per cui le cose sono belle, egli la possiede.

L’egoismo, quando siamo in mezzo alla creazione, fa sì che noi o rifiutiamo le cose per una specie di orgoglio spirituale, o riferiamo le cose a noi stessi. Il rifiuto delle cose è certo violazione della creazione, è chiaramente negazione di Dio Creatore. Nel secondo caso violiamo l’armonia della creazione e col nostro egoismo turbiamo l’ordine. Il Santo che ha sgombrato da sé l’egoismo non rifiuta le cose: la creazione nasce dalla volontà creatrice che egli percepisce immediatamente, e non può non amarla. Non offusca le cose con la sua passione ma le lascia nella loro bellezza. Per questo il Santo è colui che più sa godere e più sa amare la natura.

Chi cerca le cose le acquista, e chi le lascia le acquista. Chi cerca le cose per calmare il suo bisogno interiore e le possiede, le ha perdute nel loro significato intimo, perché ogni cosa ha dentro di sé un’interiorità che è l’intenzione divina che in fondo la sorregge e le dà significato. L’uomo che le acquista le impoverisce di ciò che hanno di più valido. Il Santo invece le acquista mentre le abbandona.

Intenzione di Preghiera

“I miseri e i poveri cercano acqua, ma non c’è”. Per tutti coloro che sono nella sofferenza, fisica o spirituale, perché possano trovare nel Signore che viene il sollievo e la consolazione di cui hanno necessità, nella certezza che Egli non li abbandonerà mai.

Venerdì II settimana Tempo di Avvento

Is 48,17-19; Mt 11,16-19.

Dal Vangelo secondo Matteo

“In quel tempo, Gesù disse alle folle:

«A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:

“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,

abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.

È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”.

Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».”

La festa di sant’Eulalia è la grande festa della nostra parrocchia, della nostra comunità e noi dobbiamo tradurre la nostra devozione in paradigmi ben chiari. Dobbiamo fare festa pregando; dobbiamo pregare molto, perché le grazie di Dio arrivano attraverso una preghiera fervorosa e perseverante. Dobbiamo rinnovare il nostro amore. Dobbiamo voler bene alla nostra parrocchia, dobbiamo volerle bene. Dobbiamo stare così, in ringraziamento per tutte le meraviglie che il Signore si è degnato di fare nella sua misericordia. Dobbiamo sentirla così, come la vera nostra eredità: siamo parrocchiani sotto la protezione di una santa martire e vergine. Dobbiamo realizzare quindi una presa di coscienza ben specifica: siamo una comunità voluta dal Signore; siamo una comunità che deve realizzare la missione che il Signore le ha affidato; siamo una comunità che deve abbracciare con tutto il cuore la linea del vangelo, le idee del vangelo, gli insegnamenti del vangelo e quindi che deve stare ben attenta a non deviare neanche in una più piccola idea. Siamo una comunità che deve evitare tutte le mode che sono antievangeliche, una comunità che deve sentire la sua chiamata, che è una chiamata di Cristianesimo vero, di sforzo vero per essere docili e umili sotto la guida dello Spirito Santo.

Dobbiamo attuare nella nostra vita morale, nei nostri costumi, una dirittura ben precisa e ben forte. Ecco perché oggi invochiamo sant’Eulalia, ecco perché ci interroghiamo: come è stato il nostro cammino quest’anno e come vogliamo che diventi nel prossimo? Dobbiamo interrogarci, perché ognuno sappia dare quello che può dare, perché ognuno senta la sua responsabilità per tutti; senta che non è lì per far numero, è lì per operare, è lì per operare verso tutti: per quelli che sono lontani dalla fede, per quelli che hanno bisogno del nostro aiuto, per gli infermi, per i poveri, per i solitari, per quelli che hanno bisogno di una parola, di un conforto, di un apprezzamento. Dobbiamo sentire che essere comunità è essere famiglia, una famiglia unita, una famiglia che preziosamente realizza quello che il Signore chiede. Domandiamo a sant’Eulalia che ognuno di noi sappia fare tanto, sappia fare bene, sappia fare con continuità, perché la nostra parrocchia vuole essere un’espressione viva e forte della santa Chiesa di Dio.

Intenzione di Preghiera

Vieni, Signore Gesù, purifica il nostro cuore e la nostra mente perché le insidie del maligno e le attrattive del mondo non ci impediscano di incontrarti nella Verità e nella dolcezza del tuo Amore.

Sabato II settimana Tempo di Avvento

Sir.48,1-4.9-11; Mt 17,10-13.

Dal Vangelo secondo Matteo

“Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».

Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».

Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.”

Mi fermo in modo speciale stasera sul dono dell’intelletto. La virtù fondamentale per un cristiano è la fede. La fede è un dono soprannaturale per cui riteniamo vero ciò che Dio ci ha detto; aderiamo profondamente e ci lasciamo guidare perché è proprio la sicurezza: “Io credo”.

La sicurezza del credere è sicurezza della autorità di Dio che dà testimonianza e della sua veridicità per cui non può sbagliarsi o volerci ingannare. La fede ci indica la via; la fede ci dà modo di vedere le cose come le vede Dio, vedere le cose dal punto di vista di Dio. L’intelletto ci aiuta a far sì che la fede sia meno oscura, ci fa penetrare nella verità di fede, ce le rende trasparenti, per cui il dono dell’intelletto è quello che ci prepara alla visione beatifica perché su questa terra le verità le apprendiamo con la fede, nell’altra vita le vedremo in visione diretta.

Ecco, il dono dell’intelletto rende le verità della fede più comprensibili. Resta sempre l’oscurità dell’esilio, ma l’intelletto ci dà il senso divino delle cose per cui vediamo tante convenienze, abbiamo tante impostazioni, abbiamo tante cose che vengono rese più chiare, luminose al nostro povero sguardo.

San Paolo dice: “L’uomo carnale, l’uomo animale non percepisce le cose divine” (cfr. Col 2, 18-19). Ecco, l’anima che si abbandona allo Spirito, l’anima che ottiene lo splendore dell’intelletto, penetra meravigliosamente, “percepit”, capisce, sente e per questo è di una formidabile consolazione.

Bisogna che noi non restiamo mai passivi e non cadiamo in una tentazione in cui cadono molti, che dicono: “Io non ci penso… i misteri della nostra fede…”. Molte volte non sono i misteri della fede, sono i misteri dell’ignoranza, della passività, della non voglia di penetrare, di collaborare. Bisogna invece metterci disponibili e volere conquistare di più le verità e volere entrare di più nel senso di Dio e volere perciò essere di più a disposizione dello Spirito Santo. È ciò che le anime più generose ottengono particolarmente con la contemplazione (ne tratteremo parlando del dono della sapienza). Ma l’intelletto che ci illumina è assolutamente necessario.

Intenzione di Preghiera

Per i giovani, perché rimangano saldi nella Fede di fronte alle seduzioni di una falsa e illusoria felicità, trovando, nell’amore a Cristo e nell’amicizia, la gioia di vivere una vita piena, generosa e interamente donata.

III Domenica di Avvento – Anno C

Sof 3, 14-18; Fil 4, 4-7; Lc 3, 10-18

Dal Vangelo secondo Luca

“In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.”

“Annunziava al popolo la buona novella” (Lc 3, 18). Che cos’è questa buona notizia? La Liturgia questa domenica sottolinea come la buona notizia è una notizia di gioia e di felicità. Dio è l’infinita gioia, in Lui non c’è ombra di tristezza o di dolore. Dio è infinito e possiede se stesso nell’amore in maniera ineffabile; è nella felicità piena e tutte le cose brutte, che succedono in questo mondo, e tutte le offese, che si alzano dalla terra al Cielo, non valgono a scalfire anche minimamente questa gioia. Dio si rivela a noi come la vera gioia, alla quale noi dobbiamo aspirare. E’ ancora la Liturgia che ce lo dice, ci dice per bocca del Battista, che non dobbiamo porre la nostra felicità nelle creature, nel possedere, nelle cose e negli affetti umani, perché sono tutte cose passeggere e illusorie. La vera felicità dobbiamo scoprire che è in Dio e perciò la vera felicità per noi è la testimonianza della buona coscienza.

Giovanni Battista ci dice che la gioia allora è fare la volontà di Dio, è osservare i suoi comandamenti; in fondo, la gioia è nel dare e non nel ricevere.

Ecco, abbiamo bisogno di meditare molto a lungo questa lezione, perché si avvicina il Natale e il Natale dice: – Guarda, Gesù, è venuto per te, accoglilo! In Lui c’è la soluzione di ogni problema, c’è il conforto ad ogni angoscia e ogni dolore. Guarda a Lui! Ma come potremo dirlo in verità, dire: “Mio Dio, sei il mio tutto”, se poniamo tanta speranza nelle cose, se abbiamo diviso il nostro cuore tra Dio e il mondo ? Perchè il peccato, che è stoltezza, è proprio la ricerca della felicità fuori di Dio, contro Dio, contro il comando di Dio.

Il peccatore va a mendicare un po’ di gioia dalle cose, illudendosi che le cose possano riempire l’anima nostra, mentre “è sempre inquieto il nostro cuore, finché non riposa in Dio”.

Lo Spirito di povertà che cosa vuol dire? “Beati i poveri in spirito perché di essi è il Regno” (Mt 5, 3): il distacco dalle cose, il considerare le cose solo come mezzi, il cercare periodicamente, attraverso una seria revisione di vita, di vedere dove il nostro cuore tende ad incollarsi, vedere i nostri pericoli, i pericoli della ricerca di una gioia che non è del Signore.

Oh sì! Ognuno di noi sa e deve riconoscere questa pericolosità, che ci presenta la tentazione di una gioia che non viene da Dio.

Allora ognuno di noi, in questa seconda parte dell’Avvento, cerchi di meditare come solo in Dio può trovare la gioia, come solo in Lui può rallegrarsi, come dice l’Apostolo: “Rallegratevi nel Signore sempre, ve lo ripeto ancora: rallegratevi” (Fil 4, 4).

Vedere che cosa ci resta da fare per superare quelle che sono le nostre difficoltà in quest’ordine, i nostri scogli, contro cui si è più volte arenata la nostra navigazione spirituale.

Ecco un impegno: “Mio Dio, mio tutto” è una preghiera giaculatoria che dobbiamo saper ripetere spesso. “Mio Dio, mio tutto” per vivere sempre di Lui, nella sua legge e nel suo amore.

dPM Omelia, III Domenica di Avvento – Anno C, 12/12/1982

Intenzione di Preghiera

Preghiamo perché ciascuno di noi sappia mettersi in ascolto della voce dello Spirito, riconoscere il Signore che viene e si fa presente, rispondere con generosità ai bisogni dei fratelli

Lunedì III settimana Tempo di Avvento

Nm 24, 2-7.15; Mt 21, 23-27

Dal Vangelo secondo Matteo

“In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?».

Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?».

Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».

Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».”

Tutta la storia è in mano a Dio e Dio conduce la storia per i suoi fini altissimi di misericordia e di redenzione. Sentiamo com’è vero che Lui è il Signore, è il Signore potente, è il Signore re, è il Signore giudice, è il Signore che ci porta tutta la soavità del Padre celeste. Noi dobbiamo prepararci in ginocchio di fronte al mistero del Natale, perchè Lui sappia sempre che nel nostro cuore c’è il desiderio di fare la sua volontà, di servirlo, di amarlo, di rendere la nostra vita sempre più ricca di bene, sempre più forte e vera. È proprio così: la storia la fa Lui; la storia deve essere il nostro lavoro di collaborazione. E lo ricordiamo stasera pensando alla genealogia di Gesù, pensando alla sua umanità e alla sua umiltà. Lo sappiamo: Lui è venuto come primogenito di tutta l’umanità per portare tanti figli al Padre.

E, stasera, l’idea è per noi particolarmente plastica perché celebriamo dei battesimi che segnano proprio l’inizio di una storia d’amore, di una storia di elargizione perenne della grazia. Il Battesimo è una grande grazia; è segno della misericordia di Gesù, è segno del suo amore, è segno della predilezione per una famiglia, è segno di tante e meravigliose invenzioni di grazia che il Signore farà. Il Battesimo fa figli di Dio questi bambini, li fa tempi dello Spirito Santo, li consacra, li rende sacri, creature di amore, creature di speranza.

Ecco perchè celebriamo la grandezza di Dio, celebriamo la sua provvidenza. In questi bambini vediamo la sua redenzione che si compie e si afferma, che esulta: tre creature, tre figli, tre prediletti! È proprio così. Quindi un sentimento di viva riconoscenza; un sentimento di adorazione e ammirazione. Noi invochiamo, perciò, con la preghiera, che siano tante le grazie che seguono questo battesimo. Questi bambini, innestati in Lui – “Io sono la vite e voi siete i tralci” (Gv 15,5) –, crescano in conformità alla loro dignità, in conformità alla loro vocazione, in conformità al dono che Gesù ha fatto, volendo nascere tra di noi, volendo essere bambino e additandoci nei bambini degli esempi.

Un’umiltà di acconsentimento deve permeare tutta l’anima dei genitori: “Sì, Signore, noi coltiveremo volentieri queste creature perchè sono il prezzo della tua redenzione, perchè, come figli di Dio, hanno un’altissima chiamata”. Così i genitori vivranno questo mistero di predilezione e saranno pronti a dare tutto quello che sarà nell’ordine della carità vera, grande, soprannaturale. Noi invochiamo per questi bambini una vera realizzazione. Siamo stati chiamati ad essere come Cristo; siamo stati chiamati ad essere “santi e immacolati al suo cospetto” (Ef 1,4). Noi per questi bambini domandiamo molta, molta perseveranza. Quando saranno cresciuti, possano, consapevolmente, realizzare la loro vita e diventare simili a Gesù, e diventare forti, e diventare un vero capolavoro della provvidenza divina, dell’amore che Gesù porta alle loro anime.

Intenzione di Preghiera

Preghiamo perché possiamo stare di fronte alle circostanze in modo semplice, senza nasconderci in scuse o dubbi, riconoscendo l’intervento del Signore sulla nostra vita e avendo il coraggio di seguirlo con fiducia.

Martedì III settimana Tempo di Avvento

Sof 3,1-2.9; Mt 21, 28-32

Dal Vangelo secondo Matteo

“In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».

E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».”

Quando c’è lo Spirito di Dio cambia la visione delle cose. Quando c’è lo Spirito tutto si trasforma. Quello che sembra una disgrazia viene ad essere una grazia, una benedizione. Succede proprio così: è la prospettiva che cambia e vediamo le cose con un altro occhio.

È vero, noi siamo tanto attaccati alle cose umane che questa visione ci disorienta, ci stanca. Ma cosa è bene per noi? Cosa è male? Cosa è meglio?

Sant’Ignazio di Loyola nei suoi esercizi parla della “indifferenza”: “… ché tu – dice – non devi preferire una cosa all’altra, devi prendere tutto dalle mani di Dio, ed essere contento di quello che ti manda Dio”. L’indifferenza ignaziana non è quindi passività, non è una virtù da asceti orientali, da monaci, ma parte dal Vangelo, dal principio evangelico di provvidenza di Dio che conta anche i capelli del capo, che nessuno cade senza la volontà del Padre.

La nostra sicurezza dell’amore di Dio! La nostra sicurezza che il Signore ci tratta sempre bene. Il Signore ci tratta sempre bene anche quando sembrerebbe che agisse con durezza!

Tutta la Scrittura, tutta la vita dei santi è unanime nel parlare di questo nostro fidarci di Dio, fidarci di Dio anche nelle situazioni più scabrose, aggrovigliate, abituarci a sentire che non siamo mai in preda al caso, che sempre – dico sempre! – la mia situazione è soppesata fino in fondo e che è molto vera la frase della Scrittura, nota frase che non meditiamo abbastanza: “Per chi ama Dio tutto finisce in bene”.

Meditarlo molto, perché altrimenti abbiamo una delle tentazioni più frequenti, se ci pensiamo bene e a guardarci attorno una delle tentazioni è quella delle crisi ricorrenti, freddezze ricorrenti. Ce ne abbiamo a male! Ci raffreddiamo con Dio.

Bisogna prendere allora la fiducia totale in Dio come una virtù da conquistare presto. Lo Spirito Santo è lo Spirito della consolazione: “Vi mando un consolatore”. È stata una promessa solenne che ha fatto: quando c’è lo Spirito Santo si vede tutto in un’altra maniera quello che si vedrebbe solo umanamente, dal punto di vista nostro, egoista, interessato.

Dobbiamo fidarci di Dio, e dobbiamo tanto impregnarci di questa idea da vivere con sicurezza!

Lo sappiamo bene che questo vivere con sicurezza è di pochi, molti vivono sempre in apprensione, almeno in preoccupazione, almeno in pensiero, in un’ombra che toglie tanta serenità e gioia, diminuisce il merito perché il merito evidentemente si accresce tanto più ci si abbandona a Dio.

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per ciascuno di noi, perché l’esperienza della riconciliazione col Signore per i nostri no e le nostre infedeltà, ci apra alla misericordia verso tutti.

Mercoledì III settimana Tempo di Avvento

Is 45, 6-8. 18. 21-25; Lc 7, 19-23

Dal Vangelo secondo Luca

“In quel tempo, Giovanni chiamati due dei suoi discepoli li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».

Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”».

In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi.

Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».”

“E li mandò” (Lc 7, 19). Giovanni Battista li manda da Gesù, perché in Giovanni Battista potevano trovare la parola d’indirizzo, ma solo in Gesù potevano trovare la salvezza. Bisogna che noi riflettiamo a lungo: andare da Gesù, è essere salvi. Andare da Gesù, è vincere i nostri grandi nemici: il peccato, il dolore, l’angoscia, la morte. Gesù ci salva, perché dà un significato e risponde ai nostri perché. Il Signore ci dice che il peccato con Lui è vinto; ci dice che il dolore è mezzo di purificazione e di grandezza, che l’angoscia è vinta da un figlio di Dio che spera, che la morte, anche la morte, l’ultimo, il terribile nemico sarà sconfitto, perché quelli che credono in Cristo sono risorti con Lui.

Dobbiamo allora avere questa grande, fortissima persuasione: più ci avviciniamo a Gesù, più realizziamo un incontro profondo con Lui, più noi entriamo in comunione con Gesù, più siamo salvi. E’ per questo che dobbiamo guardare alla grazia del Natale, è per questo che vogliamo raccoglierci in preghiera e in penitenza in questi nove giorni, persuasi che tante volte ci siamo incontrati con Gesù, ma è necessario un incontro più vivo, un incontro più forte, per una purificazione più grande. Ci è necessario perciò, vivacizzare la nostra fede, rendere più sensibile il nostro cuore, porci nelle disposizioni che voleva Giovanni Battista: “Andate dal Signore e domandategli bene se è Lui …” (Lc 7, 19). Sì, è Lui. Gesù risponde con la sua potenza, segno del suo amore: guarisce, perché è Dio, guarisce perché ama. È in questa fiducia che tutta la nostra vita domanda di purificarsi e di elevarsi, tutta la nostra vita.

Il Natale non è una consuetudine, non si deve ridurre a una consuetudine. Il Natale deve essere una vera comunione con Gesù, un sentire come Lui sempre di più, un volere con Lui, un realizzare nella sua grazia, nel suo amore. Fin quindi da stasera, dobbiamo chiederci quali sono le cose che Lui desidera e vuole da noi, quali sono quelle disposizioni interiori che il Signore ci domanda. “Vieni, Signore”, lo ripeteremo tanto, ma dobbiamo ripeterlo con grande slancio, con grande entusiasmo, con grande forza, perché possiamo proprio mettere nella nostra vita le virtù che il Signore ci indica, che sono proprie di tutti i figli di Dio, quelle virtù che noi vogliamo decisamente realizzare attraverso lo sforzo quotidiano.

dPM Omelia, Mercoledì III settimana Tempo di Avvento,

Novena di Natale – I giorno, 15/12/1982

Intenzione di Preghiera

Chiediamo il dono della fede. Possa ciascuno riconoscere nella sua quotidianità e nella sua storia i segni della presenza del Signore

Giovedì III settimana Tempo di Avvento

Is 54, 1-10; Lc 7, 24-30

Dal Vangelo secondo Luca

“Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle:

«Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto:

“Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero,

davanti a te egli preparerà la tua via”.

Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui.

Tutto il popolo che lo ascoltava, e anche i pubblicani, ricevendo il battesimo di Giovanni, hanno riconosciuto che Dio è giusto. Ma i farisei e i dottori della Legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano il disegno di Dio su di loro».”

“Il più piccolo nel regno di Dio, è più grande di lui” (Lc 7, 28). Ogni cristiano prende da Gesù Cristo. La grandezza di un cristiano è la partecipazione al mistero di Cristo, è la partecipazione alla sua verità e al suo amore. Per questo un cristiano è grande: è una sola cosa con Gesù, è in un’unione così forte, come non è forte nessun altro legame, perché Gesù ci ama e la sua Redenzione è sovrabbondante, ce lo ha detto Lui. Non ci dà a goccia a goccia, ha paragonato l’abbondanza del suo regno a un fiume: “Fiumi sgorgheranno dal seno di colui che beve l’acqua comunicata da Gesù” (cfr. Gv 7, 38). Prepararci al Natale vuol dire allora sentire vivo questo desiderio di partecipazione, vivo, travolgente, forte. Perché troppe volte dobbiamo denunciare la nostra mediocrità? Perché troppe volte dobbiamo vederci così piccini e così mediocri? Perché non abbiamo abbastanza la sete della partecipazione a Lui, ci stanchiamo di tendere a Lui e ci adagiamo in una specie di sonnolenza che è l’amore delle cose terrene, della quiete terrena, che è l’amore delle cose facili e la fuga delle cose difficili. Fuggiamo, quasi che il Signore non sia così grande e così buono. Fuggiamo, quasi che vivere intensamente con Lui sia impoverirci.

Allora ecco: ci dobbiamo preparare al Natale come al grande incontro. Andare al Natale come l’assetato va all’acqua; andare al Natale, persuasi che lo Spirito Santo vuol fare di noi altrettanti Gesù, persuasi che questo può davvero avvenire, se poniamo la nostra libertà a disposizione, se diciamo il nostro acconsentimento pieno. Allora volere diventare grandi, perchè è la nostra vocazione, volere diventare grandi nella vera e profonda unione con Gesù nella preghiera, nell’Eucarestia, nell’esercizio, nello sforzo delle nostre virtù quotidiane.

dPM Omelia, Giovedì III settimana Tempo di Avvento,

Novena di Natale – II giorno,  16/12/1982

Intenzione di Preghiera

Le nostre famiglie siano luoghi di accoglienza e dialogo dove sapere ascoltare le testimonianze dei profeti del nostro tempo: laici, consacrati, sacerdoti e famiglie che operano il bene per la gloria di Dio.

Venerdì III settimana Tempo di Avvento

Gen 49, 2. 8-10; Mt 1, 1-17

Dal Vangelo secondo Matteo

“Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.

Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.

Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.

In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.”

“Gesù Cristo figlio di Davide” (Mt 1, 1). È venuto proprio in mezzo a noi Gesù, come vero uomo. È disceso da una stirpe, in cui abbondano gli uomini peccatori. È venuto proprio per riscattarci dal peccato, per darci la libertà dei figli di Dio, è venuto per amore, è venuto come il Figlio potente di Dio, è venuto e nessuna cosa può ostacolarlo.

Dobbiamo sentire che l’avvicinarci al Natale, è avvicinarci a una grazia potente. Gesù ha assunto la nostra umanità per redimerla tutta, per salvarci e nell’anima e nel corpo, per salvare l’individuo e per salvare la società. Noi dobbiamo vedere nel Natale, questa potenza, che è potenza di amore, che è potenza di dono, questa potenza che è tutta per noi. Come a una fonte perenne uno può gioire perché trova tutta l’acqua che vuole, così è per noi: Gesù è la fontana di vita, è la fontana di grazia e noi sappiamo come coi Sacramenti Lui arricchisce tutti i momenti della nostra vita. Arricchisce la nostra nascita, arricchisce la nostra crescita, ci guarisce dalle nostre infermità, santifica il momento della morte, santifica il momento solenne del matrimonio, dà i sacerdoti per la salvezza di quanti lo cercano. Ma è soprattutto nell’Eucaristia, che Gesù dona mirabilmente non solo la sua grazia, ma dona se stesso. Di qui il considerare l’Eucarestia in una visione grande e magnifica costituisce il nostro dovere. Troppo poco contiamo sull’Eucarestia, troppo poco contiamo su Dio che è con noi, che è per noi; con Dio, che per amore e nell’amore si è dato a noi, perché anche noi nell’amore e per l’amore ci donassimo a Lui.

Dobbiamo amare molto l’Eucarestia! Ma il nostro amore deve nascere da una stima immensa, tutto il nostro cuore, perché c’è veramente la potenza del Figlio di Dio, c’è veramente Gesù per noi. Egli ci offre non dei doni belli e grandi, ci offre il suo stesso cuore. Pensiamoci spesso a questo: Gesù ci dona il cuore. Ogni volta che ci avviciniamo all’Eucaristia, avviciniamoci a questo cuore che palpita per noi, al cuore che per noi è stato squarciato sulla croce, al cuore al quale Lui c’invita: “Venite a me che sono mite ed umile di cuore” (cfr. Mt 11, 28-29). Andiamo da Lui. “Stabiliamo,” – dice Santa Margherita Alacoque – “stabiliamo dimora in questo cuore e non partiamoci mai da Lui”. Restiamo in questa intima comunione di affetto, in questa scelta vera e profonda, che esige che i nostri pensieri siano suoi, che tutto il movimento del nostro essere sia per Lui.

dPM Omelia, Venerdì Feria di Avvento

Novena di Natale – III giorno, 17/12/1982

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per la Chiesa che ha custodito e tramandato la parola di Dio nel tempo fino a noi. Perché sia sempre fedele alla sua missione.

Sabato III settimana Tempo di Avvento

Mic 5,1-4; Eb 10, 5-10; Lc 1, 39-48

Dal Vangelo secondo Luca

“In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?  Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore».

Allora Maria disse:

«L’anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.”

“In quei giorni Maria si mise in viaggio” (Lc 1, 39). Erano i giorni che seguivano l’Annunciazione. Per nulla sconvolta, per nulla preoccupata, Maria, che ha ricevuto il saluto meraviglioso dell’Angelo, l’annuncio della sua maternità divina, si pone in viaggio, un lungo viaggio: più di cento chilometri a piedi. Va, perché sa che è la sua missione portare Gesù, portare la grazia di Gesù, portare la comunicazione dello Spirito Santo. Ed Elisabetta ed il bimbo furono pieni di Spirito Santo.

Vorrei che meditassimo su questo grande esempio, l’esempio di un animo magnanimo, di un animo ricco della grazia, della meravigliosa presenza di Dio. È sempre così: quando un’anima non conta le cose della terra come sostegno, ma conta su Dio, sulla sua paterna e meravigliosa provvidenza, quando un’anima sa che tutto non si risolve nelle cose di questa terra, ma c’è un’invisibile forza che entra e che domina, l’anima resta nella pace del Signore. Lo Spirito Santo, lo sappiamo bene, viene nel cuore di tutti i battezzati. Anche stasera si verificherà il prodigio dello Spirito Santo e il piccolo bimbo diventerà la casa di Dio, diventerà il tempio dove Dio regna e vive. E’ allora una meditazione forte, una meditazione viva che abbiamo davanti e che la nostra fede eloquentemente ci suggerisce, una meditazione perché ognuno di noi resti più confidato e abbandonato a Dio e si lasci guidare non dalla saggezza umana, ma da una saggezza divina, dalla grazia e dalla comunicazione dello Spirito.

E l’augurio, che noi facciamo, e la preghiera, in cui traduciamo l’augurio, è che questo bambino sappia veramente essere sempre tempio dello Spirito e sia guidato da Lui, sorretto da Lui, impreziosito da Lui, letificato da Lui. Che possa nella fortezza, che si richiede per un cristiano, percorrere le vie del bene, perché un cristiano, che vive in questo mondo, ha particolarmente bisogno di una fortezza che viene dall’alto: troppe sono le forze che contrastano, troppe sono le debolezze della nostra natura umana. Noi auguriamo a questo bambino che possa così, passo per passo, essere sempre più gradito al Signore e, quando la sua mente si aprirà, possa godere della grazia della parola di Dio, dell’influenza dello Spirito Santo, del sempre grande conforto che lo Spirito dà alle anime che lo amano e lo temono.

dPM Omelia, Sabato Feria di Avvento III settimana – Prefestiva Anno C

Novena di Natale – IV giorno – [Battesimo], 18/12/1982

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per le persone che sono nel dubbio. Perché il Signore metta sulla loro strada persone e susciti ispirazioni che li sostengano per scegliere il bene.

IV Domenica di Avvento – Anno B

Mic 5, 1-4; Eb 10, 5-10; Lc 1, 39-48

Dal Vangelo secondo Luca

“In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?  Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore».

Allora Maria disse:

«L’anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.”

“L’anima mia magnifica il Signore” (Lc 1, 46).

In questa domenica ci è presentata la Madonna come aiuto e modello di accoglienza di Cristo. Veramente in Lei sempre dobbiamo fissare lo sguardo.

“L’anima mia magnifica il Signore” (ib.). Ha appena ricevuto nel suo grembo Gesù e già esprime la sua voce, la voce di Gesù. Gesù parla per mezzo di Maria, Gesù innalza al Padre il suo cantico, la sua offerta, la sua oblazione. Maria è veramente lo strumento eletto delle opere del Signore.

Noi dobbiamo guardare alla sua fede così viva, così forte, al suo senso creaturale di umiltà e di abbandono alla volontà di Dio, perché, in fondo, ricevere Gesù è ricevere la parola del Padre, è ricevere la volontà del Padre.

Quando mettiamo Gesù nella nostra vita, mettiamo una perfetta sottomissione e un perfetto abbandono a ciò che vuole Dio da noi. Ed è su questo che dobbiamo insistere, perché il peccato è fare la volontà propria e disprezzare la volontà di Dio. La perfezione consiste nel fare con sempre maggiore esattezza e con sempre maggiore amore la volontà di Dio. Come dobbiamo amarla la volontà di Dio! Tutti i giorni la ripetiamo, la ripetiamo perché Gesù ce l’ha detto: “Sia fatta la tua volontà” (*Mt 6, 10), ma non in qualunque maniera: “la volontà tua vogliamo farla sulla terra con la stessa perfezione con la quale si fa in Cielo”. “Eccomi, sono la serva del Signore” (Lc 1, 38), aveva detto Maria. E l’ha detto e l’ha fatto: in tutta la sua esistenza non ha mai fatto la sua volontà, ha sempre fatta quella del Padre, ha sempre seguito Gesù, ha sempre adempito alle ispirazioni che lo Spirito Santo le dettava nel cuore.

Dobbiamo allora, per prepararci al Natale, di una preparazione così prossima, dobbiamo vedere nella nostra vita come adempiere meglio la volontà di Dio. La volontà di Dio è che noi siamo simili a Gesù, “conformi” – dice san Paolo – “all’immagine del Figlio suo” (*Rm 8, 29). “Conformi”, cioè quello che c’è stato in Gesù dev’essere anche in noi, dev’essere la sua grande ansia della gloria del Padre, il suo spirito di umiltà, la sua generosità verso tutti, il suo servizio fino alla croce, questo suo morire che Lui paragonava alla morte del chicco di grano. Essere come Gesù. Far Natale vuol dire diventare più simili a Gesù, fare il Natale vuol dire abbandonare di più le nostre posizioni e andare a Betlemme, cioè andare a ricevere il Signore e a riprodurlo nella nostra esistenza.

Cerchiamo la volontà di Dio, cioè, in altri termini, facciamo tutto per la volontà di Dio. Chi ama Dio ha adempito tutta la legge.

Ama e fa’ quello che vuoi, ama e poi non avrai delle difficoltà o meglio le supererai con slancio e con entusiasmo. Ama il Signore, perché viene a te ancora una volta per insegnarti la grande lezione della vita. Va’ anche tu incontro a Lui. Egli vuole nell’Eucaristia darti il suo cuore, ricevi l’Eucaristia per avere il cuore di Gesù, per vedere le cose come le vede Gesù, per trattarle come le tratta Lui.

dPM Omelia, IV Domenica di Avvento – Anno C, 19/12/1982

Intenzione di Preghiera

Perché sovrabbondi l’amore di Dio nelle nostre comunità di amicizia

Lunedì IV settimana Tempo di Avvento

Is 7, 10-14; Lc 1, 26-38

Dal Vangelo secondo Luca

“Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre  e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei.”

“Sono la serva del Signore” (Lc 1, 38). E in quel momento il Figlio eterno di Dio, il Verbo di Dio, si fece carne, si fece uno di noi. Si è fatto uno di noi per trasformarci e darci il senso del divino e dell’eterno. Da quel momento l’umanità aveva il suo meraviglioso tesoro, aveva Gesù e con Gesù c’è ogni bene, con Gesù c’è ogni grazia, con Gesù vi è la risoluzione di ogni problema. Noi lo sappiamo bene: ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, avviene ancora il miracolo: la sostanza del pane, si cambia nella sostanza del Corpo di Gesù. Abbiamo Gesù che nasce per noi sull’altare, abbiamo Gesù che compie il suo atto di Redenzione. È per questo che dall’Eucarestia esce la grandezza della vita cristiana, la grandezza della vita della Chiesa; è per questo che dall’Eucaristia viene il motivo vero della gioia e della pace.

Ecco perché con forza, con impegno dobbiamo andare all’Eucaristia. Noi ci dobbiamo sempre interrogare: con quanta fede, con quanto desiderio, con quanta umiltà, con quanto amore andiamo all’Eucaristia? Una comunione fatta bene, è una comunione che fa un santo, ma le nostre comunioni sono fatte bene? O non è forse vero che le nostre comunioni possono alle volte essere causa di condanna, più che causa di salvezza? Guardate con quante fede e con quanta disponibilità la Madonna ha ricevuto Gesù nel suo grembo e impariamo da Lei a fare le comunioni! Se le nostre comunioni sono distratte, svogliate, insipide, senza fervore, formalizzate o, peggio, sono comunioni fatte con l’animo turbato, con l’anima che è caduta nel peccato grave o lì vicino… povere comunioni! Sono comunioni che non portano se non tristezza e peso alla Chiesa di Dio. Queste comunioni fatte senza distacco dal peccato, con tanti peccati quotidiani sull’anima, con tante mormorazioni, con tante impazienze, con tanti egoismi, con tante stupidaggini non buttate via, non respinte, come una normalità, povere comunioni! Oh, non possiamo prepararci meglio al Natale, che migliorare le nostre comunioni, renderle vive e operanti andando col cuore purificato alla comunione, col cuore desideroso di amore, con i sentimenti migliori che possiamo torchiare dal nostro cuore.

Ecco un proposito molto, molto buono che può rappresentare il vero nostro ricupero: far bene le comunioni, come la Madonna ha ricevuto Gesù nell’Annunciazione.

dPM Omelia Lunedì Feria di Avvento, Novena di Natale – VI giorno, 20/12/1982

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per le famiglie in difficoltà. Abbiano fede e speranza

Martedì IV settimana Tempo di Avvento

Ct 2, 8-1;, Lc 1, 39-45

Dal Vangelo secondo Luca

“In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore».”

“Fu piena di Spirito Santo” (Lc 1, 41). “Piena”, cioè tutta la sua anima diventò strumento di Spirito. Come sotto le dita di un abile suonatore la cetra, l’arpa danno suoni melodiosi, così l’anima di Elisabetta disse delle parole memorabili, che noi ripetiamo tutti i giorni e tutti i giorni diciamo alla Madonna: “Benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo” (ib. 42).

Oh, come dobbiamo desiderare lo Spirito Santo! Come dobbiamo invocarlo! Perché anche l’anima nostra diventi così, piena, ricca e dia solo il suono che vuole il Signore. Troppo spesso noi lamentiamo che un altro spirito, che è lo spirito del mondo, che è lo spirito dell’egoismo, lo spirito dell’orgoglio, risuona in troppe anime; lamentiamo davvero e sappiamo quali stonature terribili. Il mondo è ridotto troppe volte alla situazione della torre di Babele: la confusione, il non sapere, il non intendersi, il non ascoltarsi, il non amarsi.

Ecco perché Gesù è voluto rimanere sempre in mezzo a noi giorno e notte, giorno e notte è presente nella sua magnifica realtà di Salvatore. E si verificano le sue parole continuamente: “Io vi manderò lo Spirito Santo” (cfr. Gv 16, 13). Gesù, quando viene a noi nell’Eucaristia pieno di Spirito Santo, ci comunica la gioia di Elisabetta, ci comunica l’entusiasmo delle cose sante e belle. Il momento prezioso di questa comunicazione è nella santa Messa, particolarmente nel momento della comunione sacramentale. Gesù ci porta lo Spirito, ci porta la vera cognizione delle cose, il vero senso delle cose; lo Spirito c’illumina ci fa scegliere, ci difende, ci dà il gusto delle cose divine. Oh, benedetto veramente colui che si lascia docilmente guidare da questo Spirito, che abita continuamente in noi e che, nel momento particolare della comunione sacramentale, agisce nella nostra anima, la trasforma, la rende sensibile al bene, le dà fortezza contro ogni tentazione e ogni pericolo.

Invochiamolo allora lo Spirito Santo e preghiamolo che disponga il nostro cuore a capire il mistero del Natale, che ci faccia capire Gesù, che ci faccia essere i suoi membri veri e sensibili, che ci faccia compiere in tutto la nostra missione. La missione del cristiano è portare non se stesso, è portare Gesù, è portare la sua parola e la sua salvezza. Invochiamolo e in questi giorni siamo particolarmente uniti a Lui, perché ci faccia gustare quanto dolce e soave è il Signore.

dPM Omelia, Martedì Feria di Avvento,

Novena di Natale – VII giorno, 21/12/1982

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per le donne in attesa di un figlio. Sappiano custodire uno sguardo di stupore di fronte al miracolo del dono della vita

Mercoledì IV settimana Tempo di Avvento

1 Sam 1, 24-28. 2, 1. 4-8; Lc 1, 46-55

Dal Vangelo secondo Luca

“In quel tempo, Maria disse:

«L’anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente

e Santo è il suo nome;

di generazione in generazione la sua misericordia

per quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio,

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni,

ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati,

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo,

ricordandosi della sua misericordia,

come aveva detto ai nostri padri,

per Abramo e la sua discendenza, per sempre».”

“L’anima mia magnifica il Signore” (Lc 1, 46). Due donne ci sono presentate come modello di confidenza, come modello di ringraziamento. Nella prima lettura è Anna, madre del profeta Samuele, che ringrazia il Signore perché ha esaudito la sua preghiera e lei ha avuto un bimbo, che consacrerà totalmente a Dio. La pagina di Luca ci presenta Maria Santissima in questo trasporto meraviglioso, trasporto della sua anima che s’innalza fino a Dio a cantare le grandi meraviglie. Non un figlio profeta: un figlio che è Figlio di Dio, che è Salvatore di tutta l’umanità, è più che un profeta, è il Signore venuto in mezzo al suo popolo, il Signore che dispensa l’abbondanza delle sue grazie.

E noi entriamo in questo spirito, uno spirito di assoluta fiducia: il Signore non manca mai, il Signore è fedele alle sue promesse, è fedele alla sua meravigliosa promessa di salvezza. Abbiamo bisogno di capire che il Natale ci parlerà soprattutto di confidenza, di amore, una confidenza e un amore che donano all’anima una pace inalterabile, perché sappiamo che il Signore è sempre all’opera, non è come nel mondo materiale. “Il settimo giorno si riposò” (Gen 2, 2), dice la Genesi, cioè compì la creazione.

Ora il Signore sta completando quell’altra creazione più grande e meravigliosa, la creazione dei figli di Dio, la strutturazione del Corpo Mistico del Signore. Il Signore è all’opera e anche noi siamo nella storia della salvezza, anche noi abbiamo il nostro posto nel giro di questi tempi e di questi secoli, anche noi e, se diciamo di sì, anche noi diventiamo pietre da costruzione. Anche con noi si edifica il tempio di Dio, anche con noi nonostante i nostri peccati, nonostante le nostre viltà, nonostante il nostro rifuggire continuato, anche noi lo possiamo essere se ci poniamo in questa ottica di confidenza e di amore. Il Signore è venuto non perché noi siamo solo salvati, ma perché siamo anche salvatori e, se corrispondiamo al piano di Dio, anche noi abbiamo una parola da dire, abbiamo dei gesti da fare, che sono gesti salvifici; anche noi possiamo dare tanto alla santa Chiesa di Dio. Dobbiamo stimarci così, stimarci in un ordine assolutamente chiaro e fervido: noi possiamo fare molto ed essere artefici di salvezza, se confidiamo, se poniamo tutto il nostro abbandono in Dio, se vediamo che il Signore non viene mai meno e il Signore è vicino a noi. “Il Signore rende poveri ed arricchisce” (1 Sam 2, 7), dice Anna: sì, rende poveri coloro che sono ricchi di se stessi, arricchisce coloro che non confidano in sé, ma pongono tutta la fiducia in Lui.

Ecco, sarà quindi il nostro proposito confidare, confidare molto, perché il Signore compia la sua opera in noi e ci faccia degni del suo amore e della sua opera.

dPM Omelia, Mercoledì Feria di Avvento,

Novena di Natale – VIII giorno, 22/12/1982

Intenzione di Preghiera

Per una vera ed autentica amicizia tra famiglie e sacerdoti.

Giovedì IV settimana Tempo di Avvento

Ml 3, 1-4. 23-24; Lc 1, 57-66

Dal Vangelo secondo Luca

“Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei. All’ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.”

Siamo all’ultimo giorno della Novena, il Natale sta per arrivare. Che cosa possiamo mettere nel nostro cuore per andare anche noi a Betlemme? Se tutti esaltavano la misericordia del Signore per la nascita di Giovanni che era l’annuncio, che cosa sarà per chi crede veramente che il Signore viene ancora? Sì, viene davvero, non è una nostra immaginazione. Il memoriale della nascita di Gesù ci porta la grazia della nascita, ci porta una grazia efficace, una grazia forte e vera.

Sì, dobbiamo riempire il nostro cuore dell’unico sentimento che Gesù vuole da noi: il sentimento dell’amore, di una riconoscenza infinita, perché il Signore viene a noi, a noi peccatori, a noi miseri, a noi che tante volte siamo fuggiti da Lui. Viene a comunicarci la sua grazia, che è grazia di Redenzione, è grazia perché con Lui ricominciamo la nostra vita. Bisogna ricominciare la vita, perché troppo tempo abbiamo sciupato, troppo tempo abbiamo lasciato cadere la misericordia del Signore, troppo tempo perduto. Abbiamo bisogno di cominciare a nascere, a nascere alla vera vita spirituale, a nascere a qualche cosa di potente e di nuovo che ci dona il Signore.

Ecco Gesù viene, viene così come è Lui: viene col suo Spirito, viene con la sua potenza, viene con le sue virtù. Viene a noi, membra del suo Corpo Mistico, viene a noi perché noi viviamo di Lui, perché noi viviamo come Lui, perché noi camminiamo nella sua via, perché noi superiamo noi stessi. Ecco perché non possiamo avere una vita scialba, una vita egoistica, una vita soffocata dalle preoccupazioni materiali di ogni giorno. Non possiamo! Abbiamo bisogno d’intendere come sia vero che un cristiano deve diventare un altro Cristo. Bisogna che cominciamo ad apprezzare le cose che Lui ha apprezzato e rifiutare le cose che Lui ha rifiutato. Abbiamo bisogno di diventare buoni, abbiamo bisogno di diventare generosi, abbiamo bisogno che ogni giorno segni per noi un progresso, sì, un vero, grande progresso. La vita spirituale è vita che cresce, vita che s’afferma: il movimento dello spirito si chiama fervore e questo fervore dobbiamo suscitarlo in noi. Allora capiamo che il Natale non è grande per le sue manifestazioni esterne, ma è grande perché ci comunica la vita di Gesù, che noi dobbiamo ricevere come il più prezioso tesoro e fare che fruttifichi in noi. Che noi possiamo dire: – Signore, ti seguiamo con più fede, con più coraggio, con più perseveranza. Soprattutto, Signore, noi ti diamo il nostro cuore. Tu vuoi il nostro amore, noi te lo diamo tutto, un amore vero.

“Se mi amate, osservate i miei comandamenti” (Gv 14, 15), ecco, sono sue parole che dobbiamo umilmente e generosamente tradurre e applicare.

dPM Omelia, Giovedì Feria di Avvento,

Novena di Natale – IX giorno, 23/12/1982

Intenzione di Preghiera

Perché il Signore conceda vocazioni sacerdotali alla sua Chiesa e alla comunità sacerdotale Familiaris Consortio

Vigilia di Natale

Is 9, 1-3.5-6; Tt 2, 11-14; Lc 2, 1-14

Dal Vangelo secondo Luca

“In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.

Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.

Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».

E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:

«Gloria a Dio nel più alto dei cieli

e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».”

“Vi annuncio una grande gioia” (Lc 2, 10): questa parola dell’Angelo non si è perduta in quella notte, è risuonata di secolo in secolo fino a noi. E’ la gioia più vera, è la gioia più profonda, è la gioia di una certezza e di una speranza. Di una certezza: Dio infinito, il Creatore del cielo e della terra, non è assente, non è chiuso nella sua felicità, nel suo silenzio, è presente in mezzo agli uomini, li ama, li ama e vuole dare il senso vero alla loro vita.

Per questo è venuto, si è vestito della nostra carne, della nostra fragilità, è diventato un piccolo bambino perché imparassimo che sempre non ci dobbiamo lasciare spaventare dalle cose dure della vita, dalle cose senza senso, dalle cose che non possono dare in se stesse alcuna spiegazione. Gesù è venuto perché il nostro dolore abbia il suo significato: Lui ha sofferto.

Gesù è venuto perché la nostra speranza sia allora completa: la speranza della giustizia, la speranza della pace, la speranza del vero amore tra gli uomini. E’ venuto per insegnarci che è meglio dare che ricevere, che è meglio spartire il proprio pane, che è meglio condividere con gli altri le situazioni penose e difficili, che tutti gli uomini debbono formare un’unica famiglia, che gli uomini non devono catalogarsi di una categoria che sottometta l’altro. Gli uomini si devono sentire tutti fratelli.

Il Signore Gesù è venuto a insegnarci che non ci dobbiamo affogare nelle cose materiali, che la materia non spiega, non può spiegare quello che è il destino degli uomini, che la materia non è ragione di speranza.

Il Signore è venuto ad insegnarci che tutti noi siamo chiamati ad essere figli di Dio, ad essere come Lui, perché Lui ha voluto essere il primo, il primogenito tra molti fratelli. Lui non è venuto per dominare, ma per servire, per dare la sua vita, per insegnare agli uomini che sempre devono sentirsi in gara per fare meglio e per fare di più, per non chiudersi nelle angustie di liti e di miserie, ma devono andare oltre: saper perdonare per saper vivere, saper aiutare per edificarsi.

Tutti gli uomini devono trovare in Gesù Signore così la loro speranza, la speranza loro di giustizia, la speranza loro di amore. Tutti in Cristo devono trovare la profonda pace del cuore, perché è questa che l’uomo cerca e cerca da tutte le parti: la pace, la tranquillità. E Cristo dice: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e affaticati, e io vi ristorerò, perché il mio giogo è leggero” (cfr. Mt 11, 28-29).

Andiamo da Cristo, diventiamo buoni nel suo insegnamento e nel suo esempio, diventiamo buoni. Questa è la notte della bontà: diventiamo buoni, vogliamoci bene in Cristo, dimentichiamo le nostre divisioni, dimentichiamo le nostre rivalse. Diamoci a Cristo, perché Cristo ci unisce. Il nostro egoismo ci dividerebbe, il nostro orgoglio scaverebbe dei fossati.

Andiamo da Lui: solo in Cristo troviamo la ragione della vita e dell’eternità, la ragione dell’amore e delle pene che dobbiamo necessariamente soffrire. Andiamo da Cristo!

Ci accolga così in questa notte perché, fatti veri cristiani, possiamo esultare con tutti gli uomini di buona volontà.

E l’augurio, che volentieri ci scambiamo, abbia questo significato: il significato di invocazione, di invocazione da Dio perché Dio dia a tutti quello che è il meglio, quello che è il vero senso della vita, dia a tutti la grazia di vivere in Lui e in Lui di aprire il cuore a tutti.

dPM Omelie, Solennità del Santo Natale,

Veglia di mezzanotte, venerdì 24/12/1982

Intenzione di Preghiera

Per i giovani alla ricerca della propria vocazione. Sappiano riconoscere i segni del Signore che chiama

Solennità del Santo Natale

Is 52, 7-10; Eb 1, 1-6; Gv 1, 1-18

Dal Vangelo secondo Giovanni

“In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.”

La nostra gioia è tutta in queste parole: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; noi abbiamo visto la sua gloria” (cfr. Gv 1, 14). Gesù è venuto ed è il Figlio di Dio che è venuto ed è venuto per insegnarci, per darci delle certezze, per darci un vero amore. E’ venuto, è venuto Dio! Che cosa spetta all’uomo? Di ascoltare e di fare ciò che suggerisce e comanda la Sapienza infinita. Ascoltare, ubbidire: è tutto qui il segreto. Quando l’uomo ascolta se stesso, quando ascolta gli altri uomini che parlano nel loro orgoglio e nel loro egoismo, l’uomo inganna totalmente se stesso. E lì non c’è speranza, non c’è speranza perché l’uomo non salva l’uomo, perché l’organizzazione degli uomini non salva gli uomini. La salvezza viene da Dio. E tutto lo sforzo dell’uomo, che ha accettato la Rivelazione, è proprio qui: nel mettere in pratica, nel tradurre giorno per giorno questa Parola adorabile di Dio, questa indicazione di salvezza. Preoccupati, ansiosi, frastornati da mille cose della materia, noi dimentichiamo questa Parola che è venuta tra di noi, noi dimentichiamo di incentrare tutta la nostra attenzione nel Figlio di Dio fatto uomo. E allora non c’è pace, e allora non c’è amore, e allora gli uomini non sanno che più o meno intensamente sopraffarsi; gli uomini non sanno che inventare delle cose per usare violenza e per manomettere i diritti anche più elementari degli altri.

Lo ricordiamo con forza: solo in Gesù c’è la vita e la salvezza.

Il Santo Padre ha indetto l’Anno Santo, che comincerà il 25 marzo e terminerà con la Pasqua dell’anno 84, un anno per convogliare con forza tutti in questa figura adorabile, perché tutti diventino discepoli di Gesù, perché il mondo sappia che solo in Gesù si possono trovare le giuste spiegazioni, solo in Gesù, solo in Lui! L’umanità ha sbattuto da una parte e dall’altra nei pensieri più stolti, nelle esperienze più negative: ha bisogno di trovare il Signore.

Ecco, tutti noi: guardare di più a Gesù, sentire di più Gesù, diventare veramente suoi ascoltatori attenti ed esecutori fedeli. Guardare a Lui.

Quest’anno, che noi stiamo svolgendo, l’Anno Eucaristico, ci suggerisce man mano questa centralità di Cristo, perché Lui non è lontano da noi, Lui é nell’Eucaristia. “Questo e il mio corpo, questo è il mio sangue” (Mt 26, 26-28): c’è Lui, c’è Lui con il suo amore, c’è Lui con la sua provvidenza, c’è Lui con la adorabile fedeltà.

Ecco, andiamo a Gesù. Tutto per migliorare. Dobbiamo far crescere la nostra vita spirituale, diventare più buoni, diventare più generosi, diventare più fedeli, non accontentarci di un cristianesimo formale ed esteriore, ma volere assimilare sempre di più Gesù, il suo insegnamento, il suo amore.

Riempiamoci il cuore dell’amore di Gesù e risolveremo i nostri problemi personali, familiari, i nostri problemi sociali.

In Gesù e con Gesù sia tutto il nostro cammino.

dPM Omelie, Solennità del Santo Natale,

Messa del Giorno ore 11, sabato 25/12/1982

Intenzione di Preghiera

Per coloro che sono nella malattia. Sentano l’abbraccio materno di Maria nostra Madre

Bambini

Per i più piccini è previsto un percorso su misura, perché anch’essi si sentano protagonisti di questo magnifico tempo di attesa e di preghiera.

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