Omelia Santo Natale. Accompagnati dalle parole di don Pietro Margini (1917-1990), per vivere con frutto questo tempo prezioso.
Is 52, 7-10;Eb 1, 1-6; Gv 1, 1-18
Andiamo fino a Betlemme. Come i pastori inginocchiamoci. Non è solo un grande personaggio che appare al mondo: è l’Incarnazione di Dio, è Dio che si è fatto uomo.
E Dio si è fatto uomo per amore, per amore di noi peccatori, per la nostra salvezza. Si è fatto un piccolo bambino.
Quanto dobbiamo suscitare, nel nostro cuore, sentimenti di ammirazione, di adorazione, di amore! È venuto ad insegnarci l’amore, è venuto ad insegnarci che la grande, la più grande delle forze, è l’amore, l’amore che sa abbassarsi, che sa servire, che sa vincere tutte le forme deteriori che l’egoismo umano ha trovato.
Sì, è la grande lezione che tutte le generazioni, in modo speciale la nostra, devono prendere; presi da mille pensieri, preoccupati da mille preoccupazioni, siamo immersi nella ricerca dei beni materiali – soprattutto dei beni materiali! – e sacrifichiamo tutto ai beni materiali.
Quanta forza dobbiamo suscitare in noi, quanta spinta di bene! Non è un uomo che ce lo insegna: è il Figlio stesso di Dio. Ci insegna ad essere buoni, ad essere caritatevoli, a passare sopra a troppe cose che sono invece diventate degli idoli.
Il suo esempio è quanto mai eloquente: Dio scende sulla terra ed è un piccolo bambino, un povero bambino, un umile bambino. Quale lezione per il nostro orgoglio, per la nostra cattiveria, per tutte le forme del nostro egoismo individualistico e collettivistico! Quanto dobbiamo imparare da Gesù.
Il Natale non può ridursi a un sentimento. Il Natale deve ridestare in noi la fede, dev’essere un’eloquente scuola alla quale restare. Abbiamo bisogno di diventare come Gesù, abbiamo bisogno di imparare da Lui, abbiamo bisogno di impegnarci generosamente in tutti i nostri doveri, perché la vita è dovere, la vita è responsabilità, i valori della vita sono nell’amore e sono nella fede.
Dobbiamo sforzarci allora per migliorare noi stessi, per diventare più generosi, per migliorare l’ambiente in cui viviamo: santificazione della famiglia, cooperazione all’edificazione della società, anelito alla pace, desiderio di essere sempre di più limpidi ed eloquenti nella nostra religiosità. Non possiamo ridurre la religione a un rito. La religione è una forza che scende dall’alto e vuole trasformarci.
“Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”; «Sì, Signore, noi desideriamo la tua luce, desideriamo la tua luce per capire le cose e per vincere i nostri pregiudizi, i pregiudizi che ci tengono divisi, i pregiudizi che ci tengono rinchiusi in noi stessi. Vieni, Signore, riscalda il nostro cuore che è così gelido, così paurosamente povero di sentimenti di collaborazione con tutti. Signore vieni: senza di te sentiamo il vuoto e nessuna cosa degli uomini ti può sostituire».
Betlemme è insostituibile. “Venne fra la sua gente”, accogliamolo! Accogliamolo come udissimo adesso per la prima volta il messaggio, sentiamo com’è grande che il Verbo è venuto ad abitare in mezzo a noi e che noi abbiamo veduto la sua gloria, la gloria della sua povertà, della sua sofferenza, del suo insegnamento, e il dono che ha fatto a tutta l’umanità.
Stringiamoci a Lui, benediciamolo e prendiamo una nuova spinta per essere più buoni, più generosi, più impegnati, più coerenti con la nostra fede, più responsabili.
Diciamo di sì! Riflettiamo sempre che Gesù non è stato «sì e no», ma è stato il «sì» e in questo «sì» dobbiamo porci anche noi: il «sì» a Dio, il «sì» alla volontà di Dio, la nostra vita come la vuole Lui, la nostra testimonianza a tutti gli uomini, perché il cristiano è posto per essere vero testimone di amore, è posto per essere una vera verifica di tutto il bene che il Signore vuole realizzare nel mondo.
Il mondo è per tempi brevi, ma il cristiano lavora sempre per l’eternità.