Vite che lasciano un segno – Omelia don Pietro Margini

Omelia III Domenica Tempo Ordinario

Vite che lasciano un segno

Gio 3, 1-5.10; 1 Cor 7, 29-31; Mc 1, 14-20

“Il regno di Dio è vicino” (Mc 1, 15). Non è piccola cosa un regno, non è umile cosa un regno. E il Signore ci promette il Regno, ci promette quel possesso meraviglioso della grazia di Dio, del suo amore; ci promette quella vittoria sul male dentro di noi e fuori di noi. Il Signore ci promette quello che nemmeno l’immaginazione più fervida può immaginare. Ci promette: sta a noi, sta a noi dire di sì, dire il sì che ci insegnano gli apostoli: “Seguitemi … e subito lo seguirono” (Mc 1, 17-18). Perché parliamo di Regno? Proprio perché, insieme con Gesù, possiamo formare il popolo di Dio, santo e forte, il popolo di Dio che, unito al suo Capo, può realizzare magnificamente la sua missione. Due sono le fasi di questo Regno.

Prima di tutto deve adempiersi in noi, perché sarebbero vane tutte le posizioni esterne, se non c’è questo trionfo della grazia, se noi non siamo in comunione piena con il Cuore di Cristo. Sarebbe vano un rito non accompagnato dall’anima, sarebbe vana la posizione di testimonianza, quando il nostro cuore non fosse tutto conquistato dall’amore di Dio. Diciamo perciò che la prima vocazione del cristiano è la santità ed è qui dove più duro è il combattimento, perché molti sono gli ostacoli, invisibili, sottili, ma tenacissimi. E’ per questo che la vocazione alla santità è raggiunta da pochi, è raggiunta da pochi, perché vi sono degli ostacoli che sono veramente forti: i nostri indugi, le nostre stanchezze, le nostre eversioni, il nostro accontentarci nella mediocrità e nella superficialità.

Ognuno di noi deve vedere quanto è il segno della sua vita: irradiare Cristo. Se dentro di te la sua luce è piena, tu lo irradi, tu allora sei pienamente nel Regno di Dio e sei diventato pescatore di uomini.

Sappiamo che abbiamo tutta la grazia di Dio, abbiamo la direzione dello Spirito che è diffuso nei nostri cuori, ma sappiamo ancora che, per dire di sì, dobbiamo essere ben decisi e ben forti. Sappiamo che, per dire di sì, per porci come gli abitanti di Ninive di cui parla la prima Lettura, dobbiamo fare degli strappi e porre delle posizioni ben chiare per migliorare la nostra preghiera, per migliorare la nostra partecipazione alla Liturgia, per migliorare i nostri costumi di ogni giorno; le vittorie sulle passioni, sugli egoismi, sui nostri particolari attaccamenti, sulle cose che in qualche maniera tentano di sostituirsi alle esigenze dell’amore di Dio.

Ecco perché ognuno di noi di fronte alle parole del Signore: “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1, 15), ognuno dico, deve fare il suo chiaro, forte , profondo esame di coscienza: che cos’è in questo momento che attarda il Regno di Dio in me? Che cosa c’è che in fondo io preferisco alle mirabili effusioni dell’amore del Cuore di Gesù?

Perchè allora, quando dentro di noi è ben piena la vita del Regno di Dio, ecco la seconda parte: andare con il cuore ricco della Parola di Dio agli altri, perché il Regno di Dio è Regno, ancora, che si estende nel mondo e di cui tu devi essere il banditore e più ancora il testimone. Allora il cristiano non si ferma in una dinamica intimistica, ma va ai fratelli, ma va alle opere, ognuno nel suo ambiente, secondo le sue possibilità, secondo quello che il Signore gli suggerisce. Non pensa a sé, pensa al Regno, si effonde nel Regno, diventa vero testimone del Vangelo. E anche qui ognuno di noi si deve interrogare sul buon esempio: buon esempio di parole, buon esempio di opere, buon esempio di modi di relazione. Ognuno di noi deve vedere quanto è il segno della sua vita: irradiare Cristo. Se dentro di te la sua luce è piena, tu lo irradi, tu allora sei pienamente nel Regno di Dio e sei diventato pescatore di uomini.

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