Avvento 2020

Adulti

La piccola comunità di famiglie “Magnificat” ha preparato un libretto, consultabile quotidianamente sul sito e scaricabile, grazie al quale saremo accompagnati giorno per giorno nel cammino verso il Natale dalle parole di don Pietro Margini. Potremo anche unirci gli uni gli altri nella preghiera grazie alle intenzioni quotidiane proposte dalle piccole comunità di famiglie: “Regno di Dio”, “Madre di misericordia”, “Verbum Caro”, “Cristo Re dell’universo”.

I Domenica Tempo di Avvento – Anno B

Is 63, 16-17. 19; 64, 1-7; 1 Cor 1, 3-9; Mc 13, 33-37.

Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.

Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».

Il tempo d’Avvento ci apre un interrogativo, se cioè apprezziamo quello che abbiamo ricevuto, se valorizziamo adeguatamente i tesori della Redenzione, perché, venendo a noi, Gesù Redentore ci ha portato delle incredibili cose, delle ricchezze senza confine. L’Avvento è il momento di particolare riflessione, di speciale silenzio. Sappiamo veramente adoperare ciò che il padrone della parabola ha dato a noi suoi servi? Quante cose purtroppo siamo portati a dissipare, a sciupare, a calcolare poco! Quante cose amiamo, e non vanno amate o non vanno amate così! Il Signore Gesù ci ha detto che la grande nostra donazione è opera del Padre: bisogna che amiamo Dio, che amiamo Lui con tutte le forze, con tutte le energie. Quale altra cosa, fuori di Dio, possiamo amare, che sia degna di essere amata? Fuori di Dio c’è l’abisso, c’è il nulla, c’è il buio.

In questo tempo di Avvento, allora, la nostra riflessione ci deve far veramente misurare, almeno un po’, quello che sappiamo fare, quello che sappiamo ricambiare, quello che sappiamo usare per il Signore, per amarlo, per servirlo, perché più di ogni altra cosa ci deve premere questo. La vita ci è stata data per servire Dio; proprio così: per servire. Siamo suoi servi, siamo sue creature, dipendiamo continuamente e assolutamente da Lui. La vita è data per servire Lui, per ubbidire a Lui, per seguire la sua indicazione; non è data per servire noi stessi o per servire agli altri o per diventare idolatri verso le creature. Il Signore ci ammonisce: quando tornerà nel suo giudizio sulla terra, che cosa gli risponderemo se abbiamo sciupato, se abbiamo dissipato, se abbiamo cambiato i valori e abbiamo invertito, mettendo al primo posto ciò che vale meno e ciò che vale di più lo abbiamo messo dopo? Servire Dio, servirlo con tutto il cuore, con tutta la disponibilità nostra, con tutte le nostre forze. Servire Dio. “Mostraci, Signore, la tua misericordia (Sal 85,8); faccela vedere, Signore! La tua misericordia l’abbiamo abbondante e non sappiamo vederla. Mostraci, Signore, la tua misericordia; falla vedere ai nostri poveri occhi e donaci così la tua salvezza, donaci quella salvezza che vale interamente la nostra vita, la nostra salvezza”. In Dio è la vera felicità, fuori di Lui c’è solamente la disperazione; sottolineo: la disperazione, perché nel peccato l’uomo si illude di trovare un goccio di felicità, e invece trova la desolazione più nera, trova il niente che è diventato angoscia. Impegniamoci quindi a desiderare con tutto il cuore la sua presenza nella nostra vita, perché ci sia sempre l’idea forte del servizio. E così cominciamo quest’anno liturgico, volendo proprio essere gloria a Dio a somiglianza della Vergine Immacolata, che ha consacrato tutta se stessa al suo Signore.

Impegniamoci con umiltà, con generosità, con tanta, tanta energia, l’energia che chiederemo allo Spirito Santo, per i meriti della Beata Vergine.

dPM, Omelia I Domenica Avvento, 29/11/1987

Intenzione di Preghiera

Perché impariamo a santificare il tempo e particolarmente questo tempo di Avvento. L’Eucarestia ci spinge ad amare.

Lunedì I settimana Tempo Avvento, Festa di Sant’Andrea

Rm 10, 9-18; Mt 4, 18-22.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono.

Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedèo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

“Lo seguirono”. Tutta la nostra religiosità deve stare qui: nel saperlo seguire come hanno fatto gli apostoli, in particolare il santo di oggi, sant’Andrea. Seguirlo, diventare suoi discepoli e, nel discepolato, arricchire la nostra vita e diventare veramente degni della sua chiamata. Andrea seppe dire di «sì» e diventò un grande santo, un grande evangelizzatore, un grande martire. E proprio nel «sì» troviamo l’esempio sommo della Madonna, che ha saputo essere, prima che Madre di Cristo, discepola di Cristo e Lo ha seguito. Lo ha seguito ubbidendo allo Spirito Santo, Lo ha seguito, unendosi a Lui in un’unione grande di spirito; Lo ha seguito scegliendo sempre ciò che voleva il Signore. Per questo è stata tutta bella, per questo non c’è stata macchia in Lei, perché è stata totalmente conforme a Cristo. Ha imparato da Lui. Ha imparato a pensare, ha imparato a desiderare, ha imparato a scegliere e a gustare, sicché quello che piaceva a Gesù, piaceva anche a Lei; tutto era conforme a Gesù. E in questo è stata meravigliosamente grande: ha saputo essere secondo quello che ci ha presentato il Padre, perché il Padre ha compiuto la redenzione presentandoci Gesù, suo Figlio, come nostro modello.

Dobbiamo sempre guardare a Gesù, e tutto quello che ha voluto Gesù dobbiamo volerlo anche noi; tutto quello che ha rigettato Gesù dobbiamo rigettarlo anche noi. La bellezza dell’anima è una bellezza soprannaturale che particolarmente ci è chiesta; è una bellezza che viene da Dio, ma dobbiamo saper collaborare per cui, se tutto viene da Lui, tutto deve venire come corrispondenza anche da noi. Noi diciamo che è bella la Madonna, proprio perché ha tutto lo splendore di Cristo, che è bella la Madonna perché ha saputo ricevere, ha saputo conservare, ha saputo sviluppare e ha saputo, meravigliosamente, donare a noi. Noi dobbiamo stare vicino alla Madonna per diventare veri discepoli di Gesù, cioè «veri cristiani»: non una contraffazione, una falsità. Un cristiano è tale se proprio si propone ogni giorno, fattivamente, di assomigliare a Gesù. Dobbiamo essere come Gesù, in tutto come Gesù, e dobbiamo realizzare un grande principio: essendo noi membra del Corpo di Gesù, dobbiamo necessariamente assomigliarci al Capo, perché sarebbe un corpo mal costruito se ci fosse della differenza sostanziale. Dobbiamo unirci a Gesù e la Madonna, nella sua bellezza ci dice: Diventi grande, diventi bello nella stessa misura nella quale realizzi il tuo discepolato di Gesù.

dPM, Omelia Novena Immacolata – II giorno, 30/11/1987

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per la fedeltà alla nostra vocazione, ad ogni costo. L’Eucarestia ci insegna ad abbracciare la Croce

Martedì I settimana Tempo di Avvento

Is 11, 1-10; Lc 10, 21-24.

Dal Vangelo secondo Luca

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

Il Signore ha detto: “Ti rendo lode, o Padre, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e le hai svelate ai piccoli”. Ecco: la bellezza dell’anima della Madonna è la bellezza di chi si è fatta piccola, umile, sottomessa e ha saputo restare in una umiltà profonda tutta la vita. Non ha preteso miracoli, non ha voluto dei segni portentosi; si è accontentata di servire il Signore così, giorno per giorno, nel suo dovere quotidiano. Ha ricevuto veramente la luce di Dio. La Rivelazione che cosa vuol dire? Una partecipazione della verità di Dio. È stata bella l’anima della Madonna per i doni, sia naturali che soprannaturali e, tra i doni soprannaturali, proprio la verità, la partecipazione alla Sapienza di Dio.

Noi cristiani abbiamo il dono inestimabile della fede, che dobbiamo sviluppare, che dobbiamo difendere, che dobbiamo rendere la fortezza della nostra esistenza; noi cristiani abbiamo il dono della Parola di Dio, della compiacenza che Dio ha avuto nel metterci a parte delle sue grandi verità. È su questa verità che Gesù ha agito, perché noi conosciamo il Padre per mezzo del Figlio e il Figlio ci ha insegnato ogni cosa necessaria a noi e ci ha dato questo deposito mirabile di Rivelazione, che noi dobbiamo comunicare agli altri. Tutto, quindi, deve essere per noi modo di crescita. Dobbiamo crescere nella fede, gustare la fede, approfondire la fede. Un cristiano di poca fede, davanti a Dio, vale molto poco e riuscirà molto poco. Un cristiano di grande fede ha tanto valore nei piani di Dio e Dio si servirà di lui, per fare delle opere magnifiche! “Se avrete fede come un granello di senape, potrete dire a questo monte: spostati, va’ in mare” (cfr Mt 17,20). Le cose mirabili di Dio, le conversioni e i doni della vera pace ci sono venuti da uomini di grande fede. La bellezza del Cuore della Madonna era proprio nell’essere immersa in questa luce, in questa luce meravigliosa, in questa luce fortissima. Per prima Lei ha ricevuto l‘annuncio, per prima Lei ha saputo della vita di Dio, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; per prima e con una profondità unica e magnifica. Allora, per crescere nella fede, tutto deve essere impiegato da noi per collaborare: il nostro dovere quotidiano, la nostra scuola, la nostra fraternità, il nostro impegno. Tutto nella fede, tutto per la fede; tutto in uno svolgersi magnifico di colloquio con Dio, perché Dio, rivelandoci le sue verità, vuole una risposta da noi. “Hai svelato queste cose ai piccoli”, ma i piccoli parlano, i piccoli non solo sanno ascoltare, sanno parlare. La nostra parola deve essere la nostra preghiera, deve essere il nostro ringraziamento, deve essere la nostra pratica, quotidiana generosità.

dPM, Omelia Novena Immacolata – III giorno, 01/12/1987

Intenzione di Preghiera

Perché cresca la fede nel cuore dei credenti e particolarmente nei giovani. La Presenza reale di Gesù nell’Eucarestia ci attiri a visitarlo spesso.

Mercoledì I settimana Tempo di Avvento

Is 25, 6-10; Mt 15, 29-37.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele.

Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».

Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla.

Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.

Meditiamo stasera sulle parole di Gesù, delle parole che ci riempiono di consolazione: “Sento compassione di questa folla”. La sua parola si ripete nei secoli: ha compassione di noi, compassione delle nostre indigenze, delle nostre stanchezze, dei nostri dolori, perfino dei nostri peccati. Ha compassione. Ed è proprio nella sua meravigliosa compassione che la nostra anima prende tanto coraggio, perché tutti noi, a somiglianza di quella folla, abbiamo le nostre preoccupazioni, i nostri pesi e i nostri dolori, le nostre incoerenze. Meditavamo nei giorni scorsi sulla bellezza della Madonna Immacolata.

È una meditazione ulteriore: il Signore ci dice che non è il dolore a sfigurare un’anima, perché Lui ha compassione, e il dolore lo accoglie e lo accoglie come mezzo di purificazione, come mezzo per accrescere la nostra dignità e la nostra nobiltà di vita.

La Madonna non è stata toccata dal peccato, però è stata toccata tanto dal dolore. Il Signore, che l’amava più di qualsiasi altra creatura, più di tutte le creature prese insieme, non l’ha esentata dal dolore ma solo dal peccato, perché ha visto che il dolore non sfigura la faccia dell’anima, non deturpa, nobilita, purifica e salva. La Madonna non è stata esentata, ha sofferto più di tutti ed è diventata la Regina dei Martiri, la Vergine dolorosissima, la Vergine dei sette dolori. La bellezza della Madonna è stata enormemente accresciuta dai dolori, che ha saputo vivere nell’amore, nell’amore per il suo Gesù, nell’obbedienza al Padre per la nostra salvezza. La bellezza della Madonna è stata radiosa, proprio perché ha saputo soffrire. Non ha chiesto nulla, non ha chiesto una via più facile; ha scelto la via di Gesù, la via che portava al Calvario. Dobbiamo imparare anche noi a prendere le cose difficili, a saper usare delle nostre sofferenze per diventare migliori, per aiutare gli altri. Dobbiamo saper prendere le cose contrarie senza avvilirci, senza deprimerci, senza sbandare; anzi, le cose che dobbiamo soffrire per essere fedeli al Signore dobbiamo vederle in un piano di provvidenza. Ognuno di noi deve fare la sua parte e, per fare la sua parte, deve anche soffrire unendo le sue sofferenze a quelle di Gesù e a quelle della Beata Vergine.

Animiamoci dunque e, contemplando la bellezza della Madonna resa grandiosa proprio dalla sofferenza, promettiamo di essere più umili, più docili, più intelligenti di fronte al dolore.

dPM, Omelia Novena Immacolata – IV giorno, 02/12/1987

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per tutti coloro che sono soli. L’Eucarestia ci spinga ad andare a loro con vera compassione

Giovedì I settimana Tempo Avvento

Is 26, 1-6, Mt 7, 21. 24-27.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.

Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.

Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».

“Chi ascolta queste mie parole e le mette in pratica”. È la meravigliosa potenza della sua Parola, è la storia dell’amore di Dio. L’Avvento ricorda questo inizio, questo amore di Dio che non si è sgomentato dei peccati dell’uomo, non si è ritirato nel fulgore della sua giustizia, ma è venuto con una misericordia senza confini.

Ricordiamo questa storia d’amore che si svolge nei secoli. La Madonna non ha avuto bisogno di battesimo, perché il Signore l’ha battezzata nel suo primo istante, inondandola di Spirito Santo. Contemplavamo in queste sere la bellezza ineffabile della sua anima, una bellezza così fulgida che san Giovanni, nell’Apocalisse, la chiama “vestita di sole”, una bellezza che diventa modello per ogni anima che vive in grazia di Dio. E dobbiamo rivolgerci alla Madonna proprio perché ci dia la grazia di fondare tutta la nostra vita sulla Parola di Dio, per avere anche noi la grazia e nella grazia il suo vero discernimento, la vera e gioiosa opera delle sue mani perché, per diventare così energici, così forti da essere incrollabili, abbiamo bisogno della Parola di Dio, di tutta la Parola di Dio, di quella Parola che è data a noi per la salvezza.

Commemorando così la bellezza della Madonna e fissandoci nella contemplazione, dobbiamo rallegrarci, perché le anime dei bambini, che verranno battezzati, saranno nello splendore della grazia a somiglianza della Madonna. Saranno veramente pronti, forti ad affrontare tutto quello che passerà nella loro vita, perché diventano figli di Dio, diventano tabernacoli dello Spirito Santo, vengono chiamati dal Signore in un progresso di bene, e la loro anima diventerà tanto cara al Signore.

Ecco, l’augurio sostanziale perciò è questo: portino sempre questa bellezza nella loro anima, questa magnificenza di grazie, questa magnificenza di amore; portino sempre, decisamente e prontamente la loro vita cristiana, la portino fondata così sulla roccia, nella protezione, nella venerazione della Beata Vergine. Con tutto il cuore, con tutta l’anima noi auguriamo questo. Noi auguriamo una pioggia meravigliosa che è pioggia di grazia, è pioggia di misericordia; noi auguriamo che possano camminare speditamente nel bene, essere generosi sempre e trovare nella Madonna il loro più prezioso aiuto. Con il Battesimo si diventa figli anche della Madonna, con il Battesimo si inizia una relazione particolarissima, fortissima. Sia la loro vita segnata dall’amore, da tanto amore, da tanta generosità dei loro cari, dalla cura generosamente pronta e generosamente completa per la grazia, per l’amore di Dio.

dPM, Omelia Novena Immacolata – V giorno, Battesimi, 03/12/1987

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per tutti i religiosi perché sappiano affascinare alla preghiera. Impariamo a meditare la Parola davanti all’Eucarestia.

Venerdì I settimana Tempo Avvento

Is 29, 17-24; Mt 9, 27-31.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, mentre Gesù si allontanava, due ciechi lo seguirono gridando: «Figlio di Davide, abbi pietà di noi!».

Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: «Credete che io possa fare questo?». Gli risposero: «Sì, o Signore!».

Allora toccò loro gli occhi e disse: «Avvenga per voi secondo la vostra fede». E si aprirono loro gli occhi.

Quindi Gesù li ammonì dicendo: «Badate che nessuno lo sappia!». Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione.

 

Quei due ciechi volevano vedere, hanno avuto fede e hanno visto. E così deve essere anche per noi. Bisogna che abbiamo la consapevolezza della nostra cecità, del nostro poco vedere. Facciamo, troppe volte, lo sbaglio di accontentarci della nostra scarsa vista. I due ciechi ci insegnano: bisogna gridare al Signore e il Signore compie il suo miracolo. Anche noi dobbiamo gridare per avere molta luce, tanta luce nella nostra anima. Troppe volte nel cuore dei cristiani c’è solo un crepuscolo, ci si vede male, molto male e, di conseguenza, anche le opere sono poche e scarse. Bisogna vederci molto, proprio perché il Signore è uno splendore di luce meravigliosa.

La Madonna ha saputo entrare pienamente in questa luce, ha saputo entrare. Colpisce subito, appena aperto il Vangelo, la fede di Maria Santissima: una fede piena, una fede generosa, una fede pronta. La Vergine Santa ha realizzato lo splendore nella sua anima: per questo è stata tanto bella che ha attirato Dio.

Quando l’Angelo andò da Lei, le disse che era graditissima, molto gradita a Dio. Dio, che è luce, ha visto che lei aveva ricevuto la luce ed era pronta a ricevere tanta luce; a tanta luce il Verbo Divino, il Verbo seconda Persona della Santissima Trinità, ha preso carne nel suo grembo.

La Madonna, la Vergine della luce, ci insegna. Ci insegna che, se vogliamo rimanere nel fervore, se vogliamo essere nella pace, se vogliamo avere la chiarezza delle idee e la gioia dell’operare, dobbiamo intensamente chiedere, gridare al Signore la nostra povertà, gridare al Signore la nostra miseria. Il Signore ci guarderà e illuminerà le nostre tenebre.

È proprio l’inizio del Vangelo di san Giovanni che ce lo ricorda: “La luce splende nelle tenebre − dice parlando dell’Incarnazione del Verbo – ma le tenebre non la compresero” (cfr Gv 1,5). Bisogna che abbiamo invece tanta sensibilità, per muoverci su un piano di intensa fede, di intenso colloquio con il Signore, per aprire la nostra anima alla sua Parola. Proponiamoci perciò di meditare bene la Parola di Dio, di ascoltare quello che è l’ammaestramento, di aderire a questo invito di luce e di grazia, perché anche noi possiamo, come i due ciechi, lodare e benedire Dio.

dPM, Omelia Novena Immacolata – VI giorno, 04/12/1987

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per tutti i sacerdoti. L’Eucarestia sia la forza per il compimento della loro missione.

Sabato I settimana Tempo Avvento

Is 30, 19-21. 23-26; Mt 9,35 – 10, 1. 6-8.

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità.

Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».

Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.

E li inviò ordinando loro: «Rivolgetevi alle pecore perdute della casa d’Israele. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

Meditiamo su questa parola: “Vedendo le folle, Gesù ne sentì compassione”. Noi siamo salvi per questa compassione, siamo salvi perché Lui ci ama, Lui si china su di noi, Lui ha voluto diventare addirittura uno di noi. In questa Novena insistiamo proprio nel chiamarlo il «Primogenito della Chiesa», il primo dei fratelli, perché ha voluto essere il nostro fratello maggiore, il nostro capo che ci conduce a Dio. Quanta letizia dobbiamo sentire nell’avere Gesù con noi! Non è stata anche questa la letizia della Madonna? Voi ricordate il giorno della Visitazione: è tutta un’esplosione di gioia. Elisabetta esclama: “Come mai la Madre del mio Signore viene a me?” (cfr Lc 1,43).

Ecco, Maria era piena di gioia e portava la gioia, perché aveva con sé Gesù, Gesù venuto per noi, Gesù meraviglioso nei suoi doni, meraviglioso nella sua potenza. La bellezza del cuore della Madonna era tanto scintillante che il Signore stava volentieri con Lei; la bellezza del cuore della Madonna deve essere il punto che più attira la nostra attenzione. La tentazione che pone sempre il demonio è questa: immaginare la bellezza e la gioia nel peccato, nei compromessi con il peccato, nelle attrattive del peccato.

Il Signore è venuto proprio per darci il vero senso della realtà: non c’è bellezza, non c’è gioia se non in Lui; in Lui troviamo l’equilibrio, troviamo la certezza, ciò che non cambia mai. Quindi rifugiamoci sempre, con molta perseveranza, in questa confidenza nella compassione di Gesù e nell’esempio della Madonna per essere, a somiglianza di Lei, con un cuore bello e un cuore gioioso. Un cuore bello perché pieno di grazie, e un cuore gioioso perché viviamo in comunione con Maria. La Visitazione ci parla di questa missione, di questa opera della Madonna: è vera, è vera ed è il principio della nostra forza. Lei ci porta a Gesù, Lei ci aiuta a vivere in Gesù, Lei ci aiuta ad approfittare della via del Signore, per sbarazzarci di tutte le nostre tentazioni e di tutte le nostre incertezze. Insistente è la parola: “Il giorno del Signore è vicino: egli viene a salvarci” (cfr Canto al Vangelo). Sì, ci salva e la Madonna è il mezzo meraviglioso di questa salvezza.

dPM, Omelia Novena Immacolata – VII giorno, 05/12/1987

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per tutta la Chiesa perché sia Madre come Maria. Andiamo sempre all’Eucarestia con Maria.

II Domenica Tempo di Avvento – Anno B

Is 40, 1-5. 9-11; 2 Pt 3, 8-14; Mc 1, 1-8.

Dal Vangelo secondo Marco

Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. Come è scritto nel profeta Isaia:

Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,

egli ti preparerà la strada.

Voce di uno che grida nel deserto:

preparate la strada del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri,

si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico e predicava: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo».

La Liturgia ci presenta la figura mirabile di Giovanni Battista, colui che è incaricato da Dio di preparare la strada al Signore. La prepara attraverso la penitenza, la prepara attraverso la parola, la predicazione di penitenza, la attua attraverso il battesimo di acqua. Bisogna che anche per noi la parola e l’esempio del Battista ci aprano la strada a fare e a realizzare in pienezza quella che è la nostra disponibilità, perché abbiamo sempre paura. Noi siamo timorosi: di che cosa abbiamo paura? Abbiamo paura di farci male, di disturbarci, di prendere una strada troppo faticosa. Ma la realtà vera è che, se non facciamo penitenza, non arriviamo dove dobbiamo arrivare, non arriviamo alla comprensione della Parola di Dio e della misericordia di nostro Signore.

Abbiamo bisogno di spirito di penitenza; abbiamo bisogno di capire che, se non facciamo violenza a noi stessi, non possiamo arrivare nemmeno al primo gradino. “Sono i violenti − ha detto Gesù − che conquistano il Regno di Dio” (cfr Mt 11,12).

Abbiamo bisogno di prendere con fede le cose contrarie e di superare le nostre tentazioni, e la prima tentazione è proprio questa negligenza, questa passività, questo insistere della pigrizia che ci lega. Abbiamo paura di fare troppo e non facciamo neanche il minimo; abbiamo paura di fare troppo e ci addormentiamo. “Sorgi, tu che dormi e ti illuminerà Cristo” (cfr Ef 5,14). “Sorgi”, dice la Scrittura in questo periodo di Avvento; Sorgi!.

“Tu dormi: credi di essere contento quando non fai sforzo, non sei contento e ti rovini e resti indifferente di fronte ai miracoli, a tutti i miracoli della grazia. Sorgi, alzati, apprendi il linguaggio della penitenza”. Giovanni è stato grande, perché ha capito che non si arriva alla remissione dei peccati se non attraverso la penitenza. Tutti abbiamo bisogno di penitenza, tutti, e la dobbiamo affermare come una grande strada per la nostra conversione, per il bene nostro e per il bene degli altri, altrimenti l’egoismo fa strage; l’egoismo ci chiude in noi stessi, l’egoismo non ci fa capire il nostro prossimo e l’indigenza del nostro prossimo. L’egoismo e l’orgoglio gravano sulla nostra vita, sono diventati troppe volte i padroni e noi siamo allora nelle condizioni di schiavi, che ubbidiscono solo ai propri istinti. Abbiamo bisogno di penitenza, sì, lo proclamiamo.

Giovanni aveva una penitenza eroica: era vestito di peli di cammello, si cibava di locuste e di miele selvatico; una vita molto aspra. È un esempio, un esempio per tutti che ci è presentato continuamente e la Liturgia ce lo magnifica più volte.

Bisogna che noi apprendiamo la sua lezione, sentiamo il peso dei nostri peccati, sentiamo la negligenza che ci impedisce tante cose buone e vogliamo decisamente cambiare. Vogliamo redimere noi stessi attraverso quelle forme penitenziali di vittoria sui nostri peccati, di fuga delle occasioni, di educazione di noi stessi, perché possiamo arrivare con gioia a una meta molto grande: la nostra comunione con Gesù nel Natale. E anche la festa di posdomani, la festa dell’Immacolata, ci deve spronare per assomigliarci alla Beata Vergine ed avere il suo aiuto.

dPM, Omelia II Domenica Avvento, 06/12/1987

Intenzione di Preghiera

Maria, donna splendida, il tuo esempio sia la nostra forza contro il peccato. Signore ti ringraziamo per la tua misericordia. Apri i nostri cuori alle grazie che ci dono attraverso il sacramento della riconciliazione.

Lunedì II settimana Tempo Avvento

Is 35, 1-10; Lc 5, 17-26.

Dal Vangelo secondo Luca

Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni.

Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza.

Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?».

Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire “Ti sono perdonati i tuoi peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio.

Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».

Il Signore ripete anche oggi nella Chiesa: “Ti sono rimessi i tuoi peccati” e sappiamo la grandezza e la potenza di questo dono. Il Signore ci perdona i peccati. I peccati sono una rovina, devastano l’anima, la rendono brutta, sono una intollerabile miseria. Il Signore rimette, cioè dà sanità, restituisce all’anima la sua bellezza, restituisce la forza di camminare e di vivere secondo la fede. Il Signore moltiplica questi prodigi, solo che noi vogliamo, solo che ci mettiamo disponibili, solo che abbiamo una vera contrizione dei nostri peccati. E ci conforta, perché ci ha dato una Madre, la Madonna, di una bellezza splendida, di un cuore purissimo. E ci ha detto: “Questa è tua Madre” (Gv 19,27), questa è proprio colei che deve aiutarti, guarda a Lei e senti la vergogna se il tuo cuore è macchiato di peccato! Senti la confusione! Senti la tristezza! Guarda a Lei: è rifugio dei peccatori, e con la sua mirabile bellezza ti copre con il suo manto; ti copre, ti difende e ti aiuta. Dobbiamo perciò guardare all’Immacolata Concezione, alla bellezza splendida di Maria con tanta fiducia, con tanta sicurezza, con tanta gioia.

La Madonna non è solo da ammirare, la Madonna è da invocare, la Madonna è da imitare, la Madonna è veramente la più preziosa di tutte le grazie, che il Padre ci ha dato dopo Gesù. Abbiamo bisogno di essere energici e forti.

La conclusione della nostra Novena deve essere proprio una conclusione energica, una conclusione concreta, una conclusione fervida: lottare contro il peccato perché il peccato è una diminuzione, è una oscurità; il peccato è per definizione la cosa più brutta. Guardiamo lo splendore della bellezza di Maria con ammirazione e con tanta richiesta, perché ci sia vicino e ci difenda.

dPM, Omelia Novena Immacolata – IX giorno, 07/12/1987

Intenzione di Preghiera

Aiutaci, Signore a non avere paura di noi stessi e del bene che possiamo fare attraverso i talenti che ci hai donato. Ti chiediamo inoltre che le nostre fatiche, pesi, pensieri siano vera prova per la nostra conversione.

Martedì II settimana Tempo di Avvento

Gn. 3,9-15.20, Ef 1,3-6.11-12, Lc 1,26-38

Guardiamo a Giovanni Battista. Nella seconda e terza domenica dell’Avvento si insiste molto sulla sua figura, perché anche ora ha il compito, la grazia data da Dio, di aprire a Cristo, di farci intendere Gesù Cristo.

Leggiamo perciò qualcosa di lui.“In quei giorni comparve Giovanni il Battista a predicare nel deserto della Giudea,dicendo: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!». Egli è colui che fu annunziato dal profeta Isaia quando disse: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano locuste e miele selvatico. Allora accorrevano a lui da Gerusalemme, da tutta la Giudea e dalla zona adiacente il Giordano; e, confessando i loro peccati, si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano. Vedendo però molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente?Fate dunque frutti degni di conversione, e non crediate di poter dire fra voi: Abbiamo Abramo per padre. Vi dico che Dio può far sorgere figli di Abramo da queste pietre. Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo con acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più potente di me e io non son degno neanche di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma brucerà la pula con un fuoco inestinguibile” (Mt 3, 1-12). Cristo viene e domanda la nostra conversione, conversione che è autentica quando è in penitenza. La penitenza deve essere la sorgente delle opere buone e l’opera buona per eccellenza è unirsi a Gesù, è lasciarsi battezzare da Lui in Spirito Santo e fuoco.

Molto spesso il gesto di rimandare la conversione è la pratica normale. Non si dice proprio: “Io rimando la mia conversione”, ma in realtà avviene così, perché scattano dei meccanismi che ci rendono immobili. Ci sono dei falsi passi che nascondono un immobilismo sostanziale.

Dicevo che la prima opera buona, la sostanziale opera buona che nasce dal pentimento della nostra vita, dalla considerazione della pochezza dei frutti che portiamo è proprio l’unirci a Gesù. Gesù battezza in Spirito Santo e fuoco, cioè ci fa nuovi, ci dà fuoco, rende la nostra vita degna, rende la nostra vita utile alla Chiesa e ai fratelli, toglie dalla nostra vita quel cumulo di cose che prima si potevano prendere in esame, ma dopo devono necessariamente essere considerate delle spazzature.

Il discorso ci porta allora all’Eucarestia.

L’Eucarestia è proprio il Signore che viene, che viene per ognuno, che viene come Salvatore, che ci pone nel suo cuore, che ci dà lo Spirito Santo. L’Eucarestia va da noi considerata come il punto vitale di tutto il nostro itinerario. Unirci a Cristo, sentire con Lui, operare con Lui, donargli la nostra vita.

Per molti l’Eucarestia è solo oggetto di culto e non una persona con la quale entrare nell’identità di vita, non una persona con la quale potere realizzare la scelta fondamentale. Troppo spesso l’Eucarestia resta là e crediamo di essere a posto quando abbiamo fatto solo una genuflessione.

Ma l’Eucarestia va vissuta!

Darei come titolo a questa meditazione: “L’Avvento e l’Eucarestia”. La cosa che ci piace subito in questa pagina di Giovanni è il suo amore alla verità e la proclamazione della verità. Giovanni Battista ha la verità perché è nella magnificenza dell’umiltà, per questo proclama che non è degno di portare i sandali del Messia; a lui spetta l’ultimo posto, a lui non spettano i comodi: è austero. Non avrebbe potuto annunciare il Messia senza questa austerità, austerità per lui. Lui sa che è al suo posto. Lui, santificato fin dal grembo di sua madre, si mostra e ama la penitenza, si mostra penitente e ama proclamarla, perché sente che all’uomo spetta quel posto, quello spirito, quella fondamentale posizione di vita. Giovanni è veritiero, non indulge in false cose, non si dà degli atteggiamenti, è sincero verso gli altri e non usa mezze misure: “Razza di vipere” dice ai farisei e ai sadducei. È umile dell’umiltà che un uomo sincero deve avere. Non si mette sopra di loro, li definisce solamente, perché questa è la verità.

Ci possiamo chiedere se questa è la nostra posizione per prepararci all’Eucarestia, se noi siamo persone che amano la verità, una verità scomoda, una verità che, se sappiamo riconoscere i nostri difetti e le nostre manchevolezze, ci toglie quelle false aureole che ci siamo messi attorno. Troppo spesso c’è un diaframma tra l’anima e Cristo: Cristo è la verità e l’anima non ha la verità, perché costruisce delle bugie, delle ipocrisie attorno a se stessa per cui non conosce bene i propri difetti, non sa dare il peso giusto alle cose.

dPM, Ritiro di Avvento predicato ai Giovani, II meditazione, 28/11/1982

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per le nostre comunità, perché in esse possiamo autenticamente vivere la comunione in Cristo. Invochiamo un cuore semplice e disponibile, che riconosca nella penitenza “la sorgente delle opere buone e l’opera buona per eccellenza è unirsi a Gesù”.

Preghiamo perchè nelle nostre amicizie sappiamo spronarci ad una vera conversione e in essa sostenerci.

Mercoledì II settimana Tempo di Avvento

Is 40, 25-31, Mt 11, 28-30

Prova a chiederti, con grande spirito di sincerità, quali sono i reali tuoi difetti, quei difetti che casomai hanno solo esternamente qualche nota, solo qualche evidenza ma in realtà sono i difetti che ti impediscono di più l’incontro col Signore. L’incontro con Gesù Eucarestia è un incontro di una mente con una mente, di un cuore con un cuore. Il Signore viene a noi e noi dobbiamo essere umili e sinceri. Quando si vuole davvero togliere un difetto lo si individua, se ne vedono le radici e le manifestazioni, si studiano i mezzi e si moltiplicano gli sforzi per toglierlo. Lo sforzo che si fa diventa perseverante e allora ecco che Gesù è pronto e mette a nostra disposizione la sua onnipotenza divina. L’Eucarestia viene a noi e allora è salvezza, è mirabile salvezza, è il trionfo.

Questa considerazione ha tanto più valore in quanto, dice Giovanni Battista, di fronte a Gesù ci sono solo due soluzioni: o si è pula o si è grano. Se si è pula c’è il fuoco inestinguibile, se si è grano c’è la sua casa.

Torna quello che dirà Simeone il giorno della purificazione, e cioè che Gesù è segno di contraddizione. Se si riceve l’Eucarestia in verità, in umiltà, in fervore si è con Lui, altrimenti si è contro di Lui: un po’ alla volta prevalgono gli elementi deteriori e ci si trova sempre più lontano da Lui, sempre più le differenze diventano un fossato che finisce per diventare un abisso.

I grandi tradimenti si fanno così, i grandi tradimenti avvengono un po’ per volta, un po’ per volta, impercettibilmente. Quell’anima, che sembrava posta in una posizione di devozione e di fede, ascolta delle altre voci, ascolta delle altre soluzioni; l’essere fervoroso lo chiama «fanatismo», l’essere logico lo chiama «bigottismo» e allora si preparano i «no» e si finisce per fare quello che ha fatto Pietro: “Anche tu sei un galileo?” e lui: “No, non lo conosco.”

Il Signore era galileo e molti hanno paura d’essere definiti:«Galilei», ma non bisogna aver paura di portare i suoi vestiti e di parlare col suo accento, non bisogna aver paura di mettersi a suo servizio in quel posto che ci ha fatto capire Lui. Bisogna avere il coraggio di testimoniarlo

dPM, Ritiro di Avvento predicato ai Giovani, II meditazione, 28/11/1982

Intenzione di Preghiera

Chiediamo al Signore il dono di uno sguardo onesto e libero per scrutare il nostro cuore e cogliere i difetti che ci impediscono la comunione piena con Lui; preghiamo di avere il coraggio e la fermezza necessari per vincerli.

Giovedì II settimana Tempo di Avvento

Festa di Santa Eulalia patrona della parrocchia

Ct 8,6-7; 2Cor 10,17-18. 11,1-2; Mt 25,1-13

Onoriamo la nostra patrona sant’Eulalia e la invochiamo sapendo che i santi, che sono davanti a Dio nella gloria, sono potenti; la loro intercessione è preziosa per noi, un’intercessione che non cessa, un’intercessione che è frutto di una carità, che si è resa splendida in Dio. Invochiamo questa santa e abbiamola sempre presente, perché è veramente la nostra santa, la santa alla quale si è affidata la nostra Parrocchia, la santa che ci dà un esempio fulgido, perché un martire è un testimonio, un testimonio fino all’effusione del sangue.

Sant’Eulalia non ha avuto paura e ha testimoniato il suo amore a Cristo davanti allo spaventoso atto di martirio. Sapeva che cosa l’aspettava, non ha avuto paura, lei stessa è andata davanti al tiranno con un coraggio sovrumano. E ci dice allora che è sempre la stessa strada che dobbiamo percorrere, la strada del seguace di Cristo.

Noi onoriamo il nostro Re sulla croce; noi onoriamo in Lui quell’amore che l’ha portato a offrirsi al Padre per noi. Sant’Eulalia è potente per intercederci dunque la fortezza, perché nella fortezza ha realizzato veramente, con totale pienezza, la sua consacrazione a Gesù: il seguire Gesù fino alla croce. Ecco perché non dobbiamo essere cristiani paurosi, ecco perché non dobbiamo essere cristiani mediocri, ecco perché non dobbiamo essere cristiani superficiali: perché confidiamo nel patrocinio di sant’Eulalia per essere discepoli di Gesù. Forte lei, forti noi.

Ma come può essere un discepolo di Gesù uno che non sa superare le difficoltà comuni di ogni giorno? Le tentazioni ci sono sempre; il Signore le permette per rendere veramente meritevole la nostra professione di fede.

Dobbiamo, in questa festa, meditare molto sulla virtù della fortezza, proprio perché non abbiamo sviluppata questa virtù, proprio perché non invochiamo lo Spirito Santo; proprio perché siamo paurosi e temiamo sempre di farci male, di essere troppo generosi e non lo siamo mai abbastanza. E non arriviamo a una preghiera vera perché non ci sforziamo; non arriviamo a una virtù generosa perché manchiamo di spirito di sacrificio, perché siamo esitanti, oscilliamo sempre. Dobbiamo personalmente volere la fortezza e, insieme, volere una grande fortezza, un’esemplarità completa, perché dobbiamo evangelizzare non solo con la parola ma con la vita e dobbiamo portare il Signore agli altri, dobbiamo saperlo portare in una disponibilità totale, fervida, in una disponibilità di fede. Quanto allora dobbiamo essere pronti! E quanto dobbiamo invocare sant’Eulalia! Perché siamo Chiesa, e la Chiesa prega: bisogna pregare bene; e la Chiesa soffre: bisogna saper superare le nostre difficoltà; e la Chiesa opera e dobbiamo porre tutti insieme le nostre energie, la continuità e la perseveranza dell’energia, per attuare quelle opere di bene, quelle opere di virtù che il Signore si aspetta da noi.

dPM, Omelia Festa Sant’Eulalia, 10/12/1987

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per i giovani, perché non si lascino spaventare da questo tempo e dalla difficoltà a vivere le relazioni; abbiano il coraggio di radicare delle amicizie vere in Cristo e insieme, con creatività, portino Gesù nel mondo.

Venerdì II settimana Tempo di Avvento

Is 48, 17-19, Mt 11, 16-19

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse alle folle:

«A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano:

“Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,

abbiamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”.

È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: “È indemoniato”. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”.

Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie».

L’Eucarestia è comunione di vita e bisogna prendere la sua vita, il suo spirito, le sue modalità: bisogna prendere tutto da Lui, sapendo che la vera gloria sta lì.

Una parte della popolazione, che applaudiva Gesù la Domenica delle Palme, il venerdì successivo in piazza avrebbe gridato: “Crocifiggilo!”; non sono questi gli amici di Gesù, non sono questi.

Si ama veramente Gesù come Giovanni Battista, servendolo con umiltà, con fervore, sradicando in noi quello che non può fargli piacere. Lo sradicare i nostri difetti è infatti una legge dell’amore. Bisogna che prendiamo via i nostri difetti, perché Lui non li vuole. Non è per un’altra qualsiasi ragione umana, è per amore suo.

Sempre ci dobbiamo chiedere: cos’è ciò che offende il suo sguardo quando si posa sulle nostre anime? Pensa: nella tua anima c’è tanto orgoglio e Lui è umilissimo; nella tua anima c’è tanto egoismo, vuoi emergere, vuoi avere, calpesti (almeno in certe cose) i diritti degli altri e Lui è amore, è il dono, è la carità infinita; la tua anima, fatta come un capolavoro da Dio, l’hai impastata di tante cose che il Signore rifiuta e Lui è purissimo.

Ma come fai a fare la Comunione? Come fai a ricevere l’Eucarestia? Come fai a stare davanti all’Eucarestia, a Gesù che viene e a dirgli: “Vieni Signore Gesù”, quando non vuoi buttare via queste cose, quando queste cose le camuffi e chiami il tuo orgoglio «dignità», chiami il tuo egoismo «giuste esigenze», chiami la tua impurità «maturità di uno che non è più bambino»?

Sii sincero, chiama le cose come devono essere chiamate. Anche se la tua anima non è imbrattata fino in fondo, quante cose ci sono da prendere via, cose che urtano, che impediscono il cammino, che ti lasciano vuoto e incerto!

Decidi: il Signore lo vuole!

Ecco l’Avvento, perché tu possa giorno per giorno non solo onorare il Signore ma trasformarti in Lui: Eucarestia che trasforma, Eucarestia che salva.

“Già la scure è posta alla radice degli alberi”: la scure finora è stata ferma ma chi non fa frutti buoni certamente verrà tagliato.

Quali sono i frutti buoni? Le opere di carità, il dovere fatto bene, la tua bontà in famiglia, il tuo spirito di servizio, il tuo impegno nel sociale. Valgono più queste cose o i tuoi capricci? Valgono di più queste cose o il rischio di buttare via queste grazie di Cristo?

Alla base di certe crisi e di certi sbandamenti sta proprio l’idolatria di noi stessi, un’idolatria tanto più nociva, quanto più è accarezzata ed amata.

L’Eucarestia è proprio il mistero di Cristo che è presente per chi crede ed è assente per chi non vuol credere; è il mistero di Cristo che viene nella nostra vita per purificarla e vuole unirla alla sua.

Il nostro esame di coscienza allora sarà così: prendere nuova spinta per costruire le virtù vere, le virtù solide che sono proprio nell’ordine stesso della comunione con Cristo. Dobbiamo vivere la sua vita, dobbiamo ripetere la sua esperienza, dobbiamo ripetere il suo cammino.

dPM, Ritiro di Avvento predicato ai Giovani, II meditazione, 28/11/1982

Intenzione di Preghiera

Signore, insegnaci ad amarti con umiltà e a purificare il nostro cuore da ciò che ti offende. Avviciniamoci a Te con cuore libero e vero.

Sabato II settimana Tempo di Avvento

Sir 48, 1-4.9-11, Mt 17, 10-13

Dal Vangelo secondo Matteo

Mentre scendevano dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: «Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elìa?».

Ed egli rispose: «Sì, verrà Elìa e ristabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elìa è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro».

Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Battista.

Il segno del Natale sarà la luce: la stella che brilla sulle tenebre è il simbolo. Giovanni lo aveva detto nel prologo del suo vangelo:

“Veniva nel mondo

la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

Egli era nel mondo,

e il mondo fu fatto per mezzo di lui,

eppure il mondo non lo riconobbe.

Venne fra la sua gente,

ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1, 9-10).

Noi dobbiamo capire Gesù, perché Gesù si fa capire. La luce splende. Questa luce ci porta a una cognizione profonda di Gesù. È stando vicino all’Eucarestia che veniamo ad avere la luce e veniamo ad avere una vera comprensione di Gesù.

La sua parola davanti all’Eucarestia assume la sua totalità, assume quel carattere di forza che penetra in noi. La sua parola è parola-comando, comando a impostare la nostra vita come la sua.

Cos’è tutta la vita di Gesù Eucarestia, se non una carità, un amore? Cos’è l’Eucarestia, se non la fornace ardente dell’amore di Cristo?

Sicché, se davanti all’Eucarestia comprendiamo Gesù, lo comprendiamo fino in fondo, cioè comprendiamo come tutte le sue opere, come tutte le sue parole, come tutte le cose che Lui dice di lasciare e di superare, tutto questo è per l’amore. Abbiamo bisogno di persuaderci che Lui è la fontana dalla quale dobbiamo attingere amore. È Lui! E fuori di Lui non attingiamo all’amore, attingiamo un amore che è inquinato, perché la sorgente fuori di Lui è una sorgente che ha ricevuto ogni germe di putrefazione.

Bisogna che il nostro Avvento sia allora l’Avvento che prende l’amore, l’Avvento della carità.

dPM, Ritiro di Avvento predicato ai Giovani, III meditazione, 28/11/1982

Intenzione di Preghiera

Signore, illumina il nostro cammino affinché possiamo arrivare ad una più piena conoscenza di Te, degli altri e di Te negli altri. La Luce dell’Eucaristia guidi sempre la nostra vita.

III Domenica Tempo di Avvento – Anno B

Is 61, 1-2. 10-11; 1 Ts 5,16-21; Gv 1, 6-8. 19-28.

Dal Vangelo secondo Giovanni

Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone

per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Chi sei tu?». Egli confessò e non negò, e confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Che cosa dunque? Sei Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il profeta?». Rispose: «No». Gli dissero dunque: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:Preparate la via del Signore,

come disse il profeta Isaia». Essi erano stati mandati da parte dei farisei. Lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

“Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce”. È la gloria di Giovanni Battista, la sua gloria di essere la testimonianza a Cristo, di essere colui che ha preparato l’accoglienza alla Luce. La gloria di Giovanni Battista si è affermata così e ne è stato degno, perché ha saputo vivere una vita intensissima, una vita di penitenza e di preghiera, una voce di umiltà. Non ha osato chiamarsi «profeta» ed era più che un profeta; non ha osato dirsi un «santo», si è detto una «voce». Quanto cammino aveva fatto nella sua interiorità, nella sua viva trasparenza!

Era un testimone perché era uno completamente donato, perché era uno che aveva lasciato trionfare il Signore nel suo cuore. Prima ancora di nascere, era stato santificato dallo Spirito Santo e aveva esultato alla presenza del Messia, del Cristo; ora tutta la sua vita si è proiettata e si è realizzata così. Ha potuto essere un testimone, perché aveva completamente vuotato la sua vita di ogni elemento umano. Ciò che lo muoveva era la gloria di Dio e l’amore al Cristo.

È proprio questa figura che oggi si presenta a noi per una riflessione profonda: noi dobbiamo sentire la nostra chiamata, una chiamata che potentemente ci fa Dio. Prima di poter esprimere una vera gioia dobbiamo esprimere una vera preghiera e una vera penitenza, prima di poterci dire testimoni dobbiamo purificare il nostro cuore e la nostra vita. Noi ci diciamo cristiani, discepoli cioè di Cristo e dobbiamo averne i tratti, le somiglianze; dobbiamo vivere come ci ha detto Gesù per poter dire a tutti: così si deve fare, così ci ha insegnato il Signore, per questo è venuto tra noi. È venuto per guidarci nella strada della bontà, della santità, la strada che conduce alla salvezza, che conduce a Dio. Quanta generosità dobbiamo cercare di realizzare!

Questo tempo di Avvento ci è dato proprio nell’ordine di questa riflessione. Bisogna vivere come Cristo per aprire le strade a Cristo presso gli altri. Dobbiamo vivere come Cristo e tante sono le tentazioni, e tanti sono i pericoli di compromesso.

Vivere come Cristo vuol dire vivere in una generosa carità, in una generosa affermazione; vuol dire superare i nostri egoismi, perché sono i nostri egoismi, sono quella folla di cose che turba il nostro cuore: sentimenti di orgoglio, sentimenti di individualismo esasperato, sentimenti di ricerca di un piacere che è veleno. Sono queste cose che ci impediscono la nostra affermazione, la nostra generosa dedizione al Signore ed è su questo che dobbiamo lavorare, per arrivare al Natale purificati, generosi, pronti.

Ci dobbiamo chiedere quali sono le cose che più ci ottenebrano, che impediscono il filtrare della luce di Cristo e dobbiamo prendere via queste cortine fumogene; dobbiamo strappare dal nostro cuore tutto ciò che non è di Cristo, tutto ciò che ci impedisce una vera testimonianza di bene e di amore. Dobbiamo amare Dio e in Lui amare noi stessi e in Lui amare gli altri. Non ci dobbiamo amare di un amore egoista, interessato, superstizioso, per cui temiamo e abbiamo orrore di quello che è l’oscurità della vita. Dobbiamo sapere di essere condotti da Dio, dobbiamo sapere di essere guidati da Lui e che ciò che dobbiamo temere è solo il peccato, è solo la nostra particolare debolezza.

Doniamoci al Signore di un dono grande, per preparare nel nostro cuore l’incontro con Gesù Salvatore.

dPM, Omelia III Domenica Avvento, 13/12/1987

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per don Luca Fornaciari e don Simone Franceschini fidei donum in Madagascar, perché sentano di essere inviati anche a nome di ogni comunità di famiglie attraverso la vicinanza nella preghiera e nell’aiuto concreto per la realizzazione delle opere necessarie alla loro missione.

Lunedì III settimana Tempo di Avvento

Num 24, 2-7.15-17, Mt 21, 23-27

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: «Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?».

Gesù rispose loro: «Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?».

Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta».

Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». Allora anch’egli disse loro: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose».

L’Avvento non può essere semplicemente un tempo in cui si fanno determinate cose. L’Avvento deve essere inteso come il tempo in cui ci prepariamo ad accogliere ancora di più l’amore di Dio, nella nostra vita, quell’amore verso il Padre che è fondamentale e nel Padre l’amore verso i fratelli.

Altrimenti le parole di san Giovanni apostolo sarebbero per noi una condanna: credi di vedere ma cammini nelle tenebre, percorri una strada nelle tenebre e, peggio ancora, resti immobili nelle tenebre. Chi cammina nelle tenebre, nell’assenza di luce, va incontro a mille pericoli, a tutte le facili illusioni, a tutte quelle facili esche che la tentazione ci mette sulla strada.

In sostanza, qual è allora il proposito che deve essere fondamentale per il nostro Avvento?

Ecco, mi pare proprio questo: è il comandamento antico che abbiamo ricevuto fin dal principio: “Amerai il Signore Dio tuo, amerai il prossimo come te stesso”. Combattere tutte le forme che vanno contro la carità.

Vuoi un proposito di preghiera? Trasforma la tua preghiera in vero amore, non cercare le tue cose nella preghiera, cerca che sia amore, che sia desiderio della gloria di Dio, che sia unione stretta con Gesù.

Vuoi un proposito di penitenza? La penitenza di Avvento rendila un dominio di te, dominarti, vincerti per amore. È nell’amore che ti devi realizzare con serenità, con umiltà, con continuità. La penitenza allora non ti costerà: sarà una liberazione.

Gesù è venuto a portare la liberazione ed è continuamente nell’Eucarestia per liberarci. Non pensare alla penitenza come qualcosa di triste: pensa tutto il tuo agire nella grazia dello Spirito Santo come la progressiva affermazione della tua vera personalità.

Tu vuoi a tutti i costi costruirti una personalità: per questo attingi l’amore da Gesù Eucarestia.

Vuoi un proposito che riguarda gli altri? Prendi con generosità come regola unica l’atteggiamento di Gesù: “Amatevi come io vi ho amato”.

Allora la tua carità nell’Avvento sarà un progressivo, generoso servizio. Chi vuole solo per se è un buono a nulla. Dobbiamo capire che l’Eucarestia ci vuole Chiesa, ci fa Chiesa proprio perché edifica e in noi, che saremmo membra disperse, edifica un organismo strutturato e definito.

Sii quindi di una carità che non è un gesto che fai semplicemente in una visione umana, ma è la solida, vera persuasione che proprio per essere noi stessi dobbiamo essere per gli altri. Quando ci rifiutiamo di aprirci agli altri e di entrare in servizio diminuiamo noi stessi.

Così i tuoi propositi di preghiera, penitenza e carità saranno ogni giorno guidati da Gesù Eucarestia.

Restiamo in questa idea: affidiamo a Maria Santissima i nostri propositi perché queste quattro settimane d’Avvento segnino veramente una tappa risolutiva della nostra vita.

dPM, Ritiro di Avvento predicato ai Giovani, S.Ilario d’Enza, 28/11/1982

 

Intenzione di Preghiera

Il Santo Padre ci ha recentemente ricordato l’importanza della preghiera che ha definito l’ossigeno della vita. In questo periodo in cui siamo distanti perché le comunità non si possono incontrare presenza, ci unisca la preghiera fatta in comune anche se lontani fisicamente.

Martedì III settimana Tempo di Avvento

Sof 3, 1-2. 9-13; Mt 21, 28-32.

Dal Vangelo secondo Matteo

«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, va’ oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L’ultimo». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli.

Bisogna andare. Questo è il comando: «Va’. Oggi, va’». La nostra meditazione all’inizio di questa Novena è proprio in ordine a questa parola. Il Signore ci manda, ci invia a lavorare nella sua vigna. Qual è la sua vigna? La nostra anima. Qual è la sua vigna? La Santa Chiesa. Noi abbiamo bisogno di capire che la preparazione a un incontro di amore con il Signore esige da noi lo spirito di umiltà e lo spirito di obbedienza. È proprio su questo che dobbiamo fare i nostri propositi perché è tanto facile fermarsi a delle parole e credere a dei gesti, ma non sono questi che ci salvano. Bisogna andare, bisogna lavorare, bisogna impegnarsi e questo lo compie l’anima umile, l’anima che crede alla potenza e all’amore del Signore.

Tante volte proprio ciò che manca è uno spirito elementare di umiltà, abbiamo delle pretese e scegliamo noi i lavori, e scegliamo noi le cose da fare, mentre bisogna ubbidire al Signore, seguire il suo invito, realizzare la sua indicazione. Davanti a Dio dobbiamo avere l’umiltà che è propria della creatura, che sa che Dio è potenza e amore; che sa che Dio è misericordia. E quindi l’anima sente la proporzione, sente che non può vivere di se stessa ma deve vivere sempre di Dio, che non può scegliere lei, deve scegliere Dio Signore. “Sia fatta la tua volontà” è la preghiera fondamentale, perché troppo spesso vogliamo scegliere noi le nostre condizioni di vita; vogliamo scegliere noi le nostre prove; vogliamo scegliere per noi le nostre occupazioni e il nostro piacere.

Bisogna restare umili e accettare le disposizioni del Signore, tanto più che il Signore si svela a noi come un Padre e noi vediamo, ancora con più splendore, il suo amore premuroso, tenero, forte. Sentiamo che Dio si china su di noi perché, dandoci Gesù, ci dà tutto e in Gesù pone il nostro Salvatore e il nostro modello. Umiltà quindi, molta umiltà, che si esprime nella preghiera del Padre Nostro, che si esprime nelle nostre buone adesioni: fare ciò che vuole Dio, gioire di ciò che vuole Dio, eseguire fino in fondo ciò che vuole Dio, aborrire dalle parole che non sono seguite dai fatti. Non dobbiamo essere dei parolai: “Vado” diceva il figlio, poi non andò; come sarebbe brutto se questa fosse la definizione della nostra anima! Facciamo ciò che vuole il Signore. La nostra felicità è nel fare ciò che Lui desidera.

dPM, Omelia Novena di Natale I giorno, 15/12/1987

Intenzione di Preghiera

“Sia fatta la tua volontà”. Nel momento della prova, Signore Gesù, con ferma determinazione hai rinnovato il tuo completo abbandono alla volontà del Padre. Dolce Maestro divino, concedi ai tuoi discepoli di fare sempre la Tua volontà e di essere accolti, al termine del proprio pellegrinaggio terreno, nel Tuo regno di luce e di vita eterna.

Mercoledì III settimana Tempo di Avvento

Is 45, 6-8. 18. 21-25; Lc 7, 19-23.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Giovanni chiamati due dei suoi discepoli li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».

Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”».

In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi.

Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

Quand’è che uno può dirsi puro di cuore? Quando non tiene nel suo animo delle cose che dispiacciono a Dio, quando il cuore si educa ad ascoltare il Signore, quando entra in quella categoria cui accenna Gesù: la categoria dei poveri.

“Ai poveri è annunciata la buona novella”. Cosa si intende per poveri? Si intende proprio coloro che hanno lasciato tutto ciò che il mondo onora ed è sbagliato, tutto ciò che in qualche maniera suscita la cupidigia ed è un errore. Abbiamo bisogno di capire che il nostro cuore deve essere il cuore di Dio: un cuore pieno di sentimenti santi; un cuore pieno di fervore e di fede, perché è proprio la fede che dà il senso giusto, che dà la proporzione esatta. Un cuore pieno di fede è un cuore che sa stimare la Parola di Dio, che la sa valorizzare per il progresso, per la ricerca della carità e della pace. Un cuore pieno di fede è un cuore che si affida a Dio, che ha fiducia di Dio, che si riposa in Dio.

Troppe volte noi siamo preoccupati e affannati e il nostro cuore è tante volte diviso, diviso ed entrano le tentazioni, entrano e sappiamo che sono una rovina, entrano e non facciamo abbastanza per tenerle fuori di noi. Guastiamo la purezza del cuore, guastiamo la semplicità della nostra vita, che deve essere un abbandono continuo. Guastiamo e, invece di essere più felici, siamo veramente tristi e delusi, perché le cose del mondo non possono riempire l’anima nostra; le cose del mondo, anche le avessimo tutte, sono cose che non ci soddisfano fino in fondo. Il nostro cuore resterebbe implacabilmente agitato. Noi abbiamo bisogno di Dio e, andando verso Natale, dobbiamo proprio capire questa spiritualità dell’attesa: mettere Dio nel nostro cuore, mettere Dio nella nostra intenzione, mettere Dio in tutte le opere che facciamo.

“Vieni Signore Gesù”, ripetiamo nella Novena ed è proprio questa invocazione che deve essere quella che ci educa, che ci preserva dal male, che ci dà il senso della vera proporzione. Essere di Dio, agire per Iddio, vivere solo di Lui. Le cose del mondo, quelle buone, dobbiamo adoperarle per Iddio; quelle che il Signore scarta, le dobbiamo scartare pure noi a tutti i costi. Guardiamo quindi di esaminare il nostro stato di coscienza, per vedere quali cose piacciono a Dio in noi e quali cose gli dispiacciono, per poter avere veramente un cuore puro.

dPM, Omelia Novena di Natale II giorno, 16/12/1987

Intenzione di Preghiera

“Vieni Signore Gesù”. Parola divina fatta carne, che nella Tua sapienza hai voluto assumere la nostra natura umana e per Tua misericordia l’hai redenta col Tuo Sangue sul legno della Croce, concedi ai Tuoi discepoli un cuore puro e fedele e il desiderio di testimoniare il Tuo amore a tutte le creature.

Giovedì III settimana Tempo di Avvento

Gn 49, 2. 8-10; Mt 1, 1-17.

Dal Vangelo secondo Matteo

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadàb, Aminadàb generò Naassòn, Naassòn generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.

Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Urìa, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abìa, Abìa generò Asaf, Asaf generò Giòsafat, Giòsafat generò Ioram, Ioram generò Ozìa, Ozìa generò Ioatàm, Ioatàm generò Àcaz, Àcaz generò Ezechìa, Ezechìa generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosìa, Giosìa generò Ieconìa e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.

Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconìa generò Salatièl, Salatièl generò Zorobabele, Zorobabele generò Abiùd, Abiùd generò Eliachìm, Eliachìm generò Azor, Azor generò Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliùd, Eliùd generò Eleàzar, Eleàzar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo.

In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordici, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo quattordici.

L’Evangelista porta una serie di nomi, per dire una storia d’amore di Dio che, nello svolgersi della storia, preparava il suo Cristo, preparava la sua Redenzione, preparava l’adempimento del suo Regno. Il Signore non è mai lontano da noi ed è presente nella nostra storia, anche adesso. La storia sembra che abbia come unici protagonisti gli uomini, ma Dio è Lui che conduce, che dirige; è Lui con i suoi intenti di infinita carità. E noi dobbiamo sempre guardare in alto e ricordarci, in profondità, ciò che proprio ci suggerisce questo tempo: il Signore è vicino, non bisogna mai sgomentarci né disperarci. Il Signore guida, il Signore guida con amore, il Signore in una sapienza eterna di Provvidenza arriva dappertutto. Il cristiano è sempre ottimista, perché sa che il Signore non manca mai, perché sa che il Signore è vicino a tutti i popoli, è vicino ad ogni anima. Lo dobbiamo sentire così, come Colui che accompagna tutte le nostre ore, che vede le nostre preoccupazioni, che vede i nostri dolori, che ascolta le nostre ansie. Il Signore è vicino, ricordiamolo sempre, perché la nostra vita non cada in forme deteriori, in rassegnazioni troppo umane, in sgomenti nelle ore difficili. Il Signore è vicino e non dobbiamo lasciare la nostra giornata, la nostra storia è fatta di giornate, dobbiamo cioè sentire che, pur nelle banalità, nelle forme nostre strane e difficili, c’è un disegno, c’è un piano di Dio che, se siamo fedeli, possiamo attuare, possiamo attuare in modo veramente da meritare l’eternità.

Quindi il nostro proposito deve essere proprio questo: avere molta fede, sentire che Dio è unito a noi, che Dio ci ama e, amandoci, non pone tentazioni che noi non possiamo superare, non mette dolori che noi non possiamo sopportare. Dio è fedele e sulla fedeltà di Dio si basa la virtù della speranza. Crediamo e speriamo: speriamo che il Signore sia sempre con noi, speriamo che il Signore ci aiuti a dare quei frutti di bene, che saranno la nostra gioia per sempre.

dPM, Omelia Novena di Natale III giorno, 17/12/1987

Intenzione di Preghiera

Nella certezza che Dio conduce al bene le nostre vite, chiediamo al Signore la grazia di sentirlo vicino anche nei momenti più bui.

Venerdì III settimana Tempo di Avvento

Ger 23, 5-8; Mt 1, 18-24

Dal Vangelo secondo Matteo

Ecco come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.

Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”.

Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele”, che significa Dio-con-noi.

Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

 

Stasera è davanti a noi la figura di san Giuseppe. San Giuseppe era un uomo prudente, era un uomo saggio, però di fronte a questo avvenimento non sa che deliberazione prendere. Sta per prendere la deliberazione sbagliata, ma l’Angelo interviene e gli corregge la visuale. E Lui, ubbidiente e docile, realizza. Vorrei che capissimo proprio da san Giuseppe come deve essere il nostro atteggiamento nella nostra vita spirituale: noi dobbiamo aspettare le ispirazioni di Dio. Come si sono verificate le mirabili cose nella sua vita, si verificheranno tante cose belle anche nella nostra, se riusciamo ad essere umili, se riusciamo ad essere generosi e pronti, se vogliamo prendere tanta, tanta forza nella preghiera, perché è nella preghiera dove particolarmente è forte la Parola di Dio. È Dio che vuole parlare con noi. Il componente forte della preghiera è proprio il bisogno di Dio, l’ansia di Dio, il desiderio della sua volontà. È nella preghiera dove l’anima, nel silenzio e nella trepidazione, viene ammaestrata, viene guidata. La ricchezza di Dio si manifesta all’anima particolarmente lì, quindi per indirizzare la nostra vita, quindi per prendere le nostre deliberazioni, è proprio lì dove si matura la vocazione.

Non dobbiamo scegliere la vita come pare a noi, ma come pare a Dio. Non dobbiamo scegliere ciò che si presenta davanti a noi secondo il piacere che ci arreca sul momento, secondo le convenienze e le ragioni umane; dobbiamo scegliere secondo Dio, dobbiamo guidarci nella sua misericordia. Ecco perché dobbiamo scoprire sempre di più la preghiera-attesa, la preghiera-ascolto, la preghiera-colloquio. Dio vuole parlare a noi, non ci lascia mai soli; non ci lascia mai in balia delle nostre povere forze. Lui è con noi. Allora per prendere le decisioni giuste e sagge, per avere la forza di attuarle, per avere l’indirizzo sicuro della nostra vita, sappiamo pregare, insistiamo nella preghiera! Cerchiamo l’illuminazione, il conforto e la forza nella preghiera. Chi prega molto è amato molto da Dio ed è guidato con chiarezza e con abbondanza di aiuti.

San Giuseppe ce lo insegna, a san Giuseppe chiediamo questa grazia per il Natale: la grazia di seguire sempre la strada che conduce a Gesù, la strada che ha percorso lo stesso Gesù.

dPM, Omelia Novena di Natale IV giorno, 18/12/1987

Intenzione di Preghiera

Invochiamo la docilità allo Spirito Santo, perché la sua azione potente ci guidi nell’uniformarci a Gesù e nel costruire relazioni significative di comunione e di fraternità.

Sabato III settimana Tempo di Avvento

Gdc 13, 2-7. 24-25; Lc 1, 5-25.

Dal Vangelo secondo Luca

Al tempo di Erode, re della Giudea, c’era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa, e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta. Erano giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.

Mentre Zaccaria officiava davanti al Signore nel turno della sua classe, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, gli toccò in sorte di entrare nel tempio per fare l’offerta dell’incenso. Tutta l’assemblea del popolo pregava fuori nell’ora dell’incenso. Allora gli apparve un angelo del Signore, ritto alla destra dell’altare dell’incenso. Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore. Ma l’angelo gli disse: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita, poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto». Zaccaria disse all’angelo: «Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni». L’angelo gli rispose: «Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a portarti questo lieto annunzio. Ed ecco, sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo».

Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio. Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto.

Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa. Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: «Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna tra gli uomini».

“La tua preghiera è stata esaudita”. Il Signore è il Dio della misericordia, ha accolto la preghiera di Zaccaria, ha accolto la preghiera di Elisabetta, accoglie anche la nostra preghiera, perché Zaccaria ed Elisabetta desideravano l’avvento del Regno di Dio e meritarono la grande grazia di avere il figlio precursore del Messia, avere il figlio il più santo tra i figli degli uomini.

La nostra preghiera può essere potente, può essere veramente accolta, se la nostra preghiera esce dal nostro cuore. Una preghiera esteriore e formale non conta, la preghiera deve uscire dal cuore, deve essere veramente una preghiera germogliata dalla fede. È la fede che ci mostra Dio, che ci mostra la sua grandezza, il suo potere, la sua bontà. La preghiera deve essere preghiera di fede, deve essere proprio un incontro, un incontro fervido, un incontro umile, un incontro generoso e perseverante, perché Dio è pronto per noi, Dio sta ad ascoltarci. Dio sta con tutto il suo meraviglioso potere di perdono, accoglie la preghiera dei peccatori, perché dobbiamo sentirci veramente come siamo: peccatori. La preghiera, per essere umile, deve interpretare la vera situazione del nostro essere, il nostro essere che si è macchiato dei peccati, che si è macchiato di orgoglio, che ha abbandonato tante volte la fiducia in Dio. Dio ci perdona, Dio ci ascolta perché Dio ci ama. La sua natura è quella di essere amore, amore che si piega verso le cose povere e misere, che si piega verso chi ha bisogno di Lui e lo riconosce. Dobbiamo rivedere allora la nostra preghiera.

Prepararsi al Natale è proprio crescere nella preghiera e avere nel nostro cuore l’atmosfera della preghiera, la gioia della preghiera, perché nel Natale contempleremo Gesù fatto Bambino per noi. Non solo ci ascolta, non solo ha misericordia, viene da noi, vuol essere uno di noi, vuole che noi sentiamo la gioia di averlo, la gioia di corrispondergli, la gioia di progredire in questa corrispondenza. Un amore fervido, un amore fiducioso è quello che vuole come disposizione fondamentale. Creiamo il clima di preghiera: una preghiera nuova, una preghiera generosa, una preghiera illuminata. Andiamo sempre con maggiore senso di fede, con maggiore entusiasmo di amore, con maggiore donazione di noi stessi; andiamo per trovarci al Presepio nella condizione più favorevole, perché sentiamo anche noi l’assicurazione: “La tua preghiera è stata esaudita”.

dPM, Omelia Novena di Natale V giorno, 19/12/1987

Intenzione di Preghiera

O Signore, come i discepoli ti chiediamo: insegnaci a pregare, rendi umile il nostro cuore, fa’ che cerchiamo solo la tua volontà e ci abbandoniamo al tuo amore.

Domenica IV settimana Tempo di Avvento – Anno B

2 Sam 7, 1-5. 8-12. 14. 16; Rm 16, 25-27; Lc 1, 26-38

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo.

L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?».

Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

Tutto l’Avvento ha avuto ragione nella preparazione al Natale; in questi ultimi giorni la Liturgia sottolinea la presenza della Madonna. La perfezione vera si ottiene solo con lei, la preparazione reale, costruttiva si ha mediante la sua intercessione. E così siamo invitati a ricevere Gesù dalle mani della Madonna. Come l’umanità tutta intera, “tutte le generazioni” – come dirà la Madonna nel Magnificat (Lc 1,48) – riceveranno Gesù da lei, così ogni anima riceve Gesù da lei. È per questo che allora la nostra preparazione al Natale deve essere nell’andare dalla Madonna, nell’essere più devoti di lei, nel farci insegnare da lei a ricevere Gesù, perché non avvenga che il nostro Natale sia a un livello molto superficiale, molto esteriore e scivoli via così.

Dobbiamo ricordare come ogni festa contiene una grazia. Le nostre feste non sono semplicemente dei ricordi: il giorno di Natale non ci fermeremo a ricordare Gesù nato a Betlemme. Vorremo ottenere quella grazia, che è la grazia precisa del Natale, la grazia di una comunicazione profonda e vera con Gesù, una comunicazione di sentimenti, una scelta di vita per cui possiamo in realtà dire che Cristo è nato in noi. Il cristiano non solo è chiamato a ricopiare il Cristo, e tanto meno questo lavoro si ferma ad un’esteriorità, ogni cristiano è chiamato ad identificarsi con Cristo mediante la fede e l’amore, è chiamato a realizzare un’unica cosa con lui.

Identificarci vuol dire attuare in pieno quella grande verità che chiamiamo del “Corpo mistico”, cioè di noi che diventiamo membra di Cristo, di noi che formiamo un’unica realtà con lui.

Di qui la necessità che le membra si assomiglino al Capo, che le membra non solo abbiano la vita che discende dal Capo, ma ne abbiano ancora le virtù.

Nascere in Cristo vuol dire allora prendere da Cristo, voler agire come lui, voler essere come lui davanti al Padre divino e davanti agli uomini.

Ci potremo dunque utilmente chiedere che cosa soprattutto ci manca, quali sono gli elementi che sono più contrastanti alla nostra identità cristiana, che cosa ci manca per poter dire che una comunicazione profonda c’è tra noi e il Signore.

Molte volte siamo troppi distratti, molte volte siamo troppi inquieti, molte volte siamo troppo impazienti, ci lasciamo prendere dal turbinio della vita. Molto spesso siamo così, quasi soffocati dall’inseguirsi delle cose. E allora dovremmo sentire ben chiare quelle parole e quell’espressione che Gesù ha detto alla sorella di Lazzaro, a Marta: “Marta, Marta, tu ti affanni troppo e ti agiti per troppe cose; invece una sola cosa è necessaria”(Lc 10,41). E quella cosa necessaria è proprio questa realtà di vita cristiana vissuta fino in fondo; non essere semplicemente di nome, ma essere di una realtà veramente grande, la realtà di una virtù vissuta con il Signore, di una virtù che vuol essere la nostra perfezione e l’edificazione degli altri.

È questa la grazia che ci dobbiamo preparare a chiedere, per intercessione della Madonna.

dPM, Omelia, 21/12/1975

Intenzione di Preghiera

Chiediamo a Gesù di renderci simili a Lui e in particolare chiediamo la grazia di una Sua virtù. Sia essa che ci contraddistingue e che chiami tanti altri a seguirLo e a donarGli la loro vita. Siamo infatti cristiani perché siamo la sua presenza nel mondo. Vogliamo con gioia essere testimoni di questa appartenenza con chiunque incontreremo, nelle nostre giornate.

Lunedì IV settimana Tempo di Avvento, Novena di Natale – VII giorno

Ct 2, 8-14; Lc 1, 39-45.

Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore».

L’episodio della Visitazione è un grande momento di gioia: esulta Elisabetta, esulta il suo bimbo, esulta Maria, tutti esultano. La gioia, la più pura delle gioie, è la gioia per la presenza del Signore e per le sue meraviglie, il suo dono, il suo amore. Quanto amore, quanta riconoscenza al Signore, quanta esultazione delle promesse, quanta attesa della salvezza!

Noi dobbiamo in questa Novena di Natale imparare anche noi a gioire, perché una delle tentazioni, che pone più frequentemente il demonio, è quella di rappresentare la vita cristiana come tristezza, come noia e rappresentare la vita mediocre e di peccato come una vita allegra, un’espansione di libertà. È una bugia, perché il male produce sempre male, cioè produce peso, produce sgomento, produce squallore.

Dobbiamo abituarci a vincere la tentazione delle false gioie e delle false tristezze per imparare a incontrarci bene con il Signore, a superare le nostre forme di egoismo e di orgoglio, che ci impediscono di sentire la presenza di Dio, l’azione meravigliosa della sua grazia, la sua misericordia che ha sempre delle invenzioni mirabili. Il Signore, che è Creatore, inventa sempre cose nuove per noi, cose grandi e se un’anima gli sa dire di «sì», quell’anima è condotta certamente per vie magnifiche.

Ecco, vorrei che il nostro proposito fosse molto chiaro e fosse il proposito di prendere via tutti quei momenti di stanchezza, di crisi, di smarrimento, che possono sopravvenire e guastare tutto un lavoro e sapessimo come la gioia vera è in Dio, è nel suo amore, è nella sua vera liberalità, cui deve corrispondere da parte nostra il senso dell’obbedienza, un’obbedienza sicura: sia fatta la tua volontà, per una speranza radiosa. Chi confida nel Signore non è confuso.

Speriamo, amiamo, sappiamo attendere: il Signore è la vera felicità.

dPM, Omelia Novena di Natale VII giorno, 21/12/1987

Intenzione di Preghiera

Preghiamo per tutte quelle persone che si trovano di fronte a scelte importanti per la loro vita, soprattutto i giovani. Affidino al Signore tutti i loro timori con perseveranza, certi del fatto che investire su di Lui non è solo una scommessa di felicità, ma è già da ora promessa di santità.

Martedì IV settimana Tempo di Avvento

1 Sam 1,24-28, Lc 1,46-55.

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Maria disse:

«L’anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

perché ha guardato l’umiltà della sua serva.

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente

e Santo è il suo nome;

di generazione in generazione la sua misericordia

per quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio,

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni,

ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati,

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

Ha soccorso Israele, suo servo,

ricordandosi della sua misericordia,

come aveva detto ai nostri padri,

per Abramo e la sua discendenza, per sempre».

La Beata Vergine ci vuol preparare efficacemente al Natale e con le sue parole ci indica la strada, ci propone le condizioni dell’accoglienza; dice la Beata Vergine che Dio si china sui poveri e sugli umili, si inchina con quelli che riconoscono la loro povertà e la loro miseria. È proprio qui il grande segreto: Dio Signore vuole che noi amiamo la verità, che noi riconosciamo quello che è Lui e quello che siamo noi. Lui è l’infinita potenza e l’infinito amore, Lui che viene perché noi, nella nostra indigenza, nella nostra povertà, non possiamo redimerci e costruirci. Il senso dell’umiltà deve pervaderci, deve colmarci, deve creare in noi dei sentimenti di grande fiducia, di grande abbandono, perché vediamo proprio tutto lo sfacelo attorno a noi, ecco l’uomo cosa sa costruire, tutta la povertà che è nel nostro cuore nonostante le nostre intenzioni e i nostri propositi. Quanta insufficienza c’è in noi! Come non riusciamo a percorrere la via, che pur sappiamo quanto è giusta e quanto è necessaria! Riconoscere, abbandonarci, umiliarci è proprio la strada che ci conduce alla salvezza, sentire che abbiamo tanto bisogno del Signore, che è un bisogno così forte. È un bisogno che abbiamo nell’intelligenza per capire, che abbiamo nella volontà per tendere, che abbiamo nelle energie per realizzare. Quanto bisogno abbiamo del Signore! E quanto dobbiamo affidarci con soave speranza a Lui! Lui ci salva, perché Lui ci ama. Lui ci salva, se noi non ostacoliamo col nostro sciocco orgoglio la sua misericordia.

Oh, quanto dobbiamo desiderare di diventare autentici, dei veri cristiani, dei veri seguaci di un Dio che si è fatto uomo proprio per questo! Quanto dobbiamo anelare e volere una vera santità, la santità che ogni cristiano deve ottenere nella comunione con Gesù! Adoperiamoci allora, fissiamo chiari i nostri propositi: una preghiera più fervorosa, un’umiltà più viva, una generosità più concreta, tanta generosità. Il Signore vuole che noi ci poniamo disponibili per le nostre cose e disponibili per il bene dei nostri fratelli, per andare incontro a chiunque ha bisogno di noi, a chiunque aspetta che Gesù venga attraverso la nostra opera.

dPM, Omelia Novena di Natale VIII giorno, 22/12/1987

Intenzione di Preghiera

Preghiamo perchè impariamo a stare alla presenza del Signore. A darci del tempo con lui, nella preghiera, nell’adorazione, nei sacramenti. Solo così possiamo comprendere la natura della nostra relazione con Lui. Solo così possiamo lasciare che questo rapporto colmi tutti gli altri presenti nella nostra vita.

Mercoledì IV settimana Tempo di Avvento

Ml 3, 1-4. 23-24; Lc 1,57-66

Dal Vangelo secondo Luca

Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei. All’ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome». 62 Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.

La grande vocazione di Giovanni Battista. “Che sarà mai questo bambino?”, si dicevano.

Sarà un grande santo, sarà il precursore del Messia, sarà l’esempio per tutti i secoli. Quanta ammirazione per Giovanni Battista, realizzato così secondo il progetto di Dio! Il Signore lo condusse e lo condusse mirabilmente, è diventato grande e ha terminato la vita con il martirio. Dobbiamo però non fermarci all’ammirazione e capire sempre di più che anche su di noi c’è un progetto di Dio, un progetto che parte dal nostro Battesimo: un grande progetto, una meraviglia. Dio per ognuna delle nostre anime ha un piano, ha un mucchio di grazie, ha una squisita carità. Ci ama davvero il Signore ed è per questo che, per ognuno di noi, ha predestinato una linea molto chiara, sta a noi corrispondere, sta a noi sentire la responsabilità. Con il Battesimo abbiamo ricevuto Gesù, è stato il giorno del nostro natale, e ogni volta che partecipiamo all’Eucaristia è una meravigliosa donazione di grazia. Noi veramente possiamo compiere ciò che Dio ha progettato, perché la sua grazia non viene mai meno, perché la sua misericordia è oltremodo efficace e veramente supera tutte le nostre ingratitudini.

Dobbiamo avere dunque molta fiducia e dobbiamo, in questi giorni che verranno, meditare così sull’amore di Gesù, che si è dato a noi e vuole che noi siamo grandi davanti a Lui, che noi raggiungiamo quella vita cristiana piena, generosa, quella vita cristiana che sia lode al Padre e sia bene per i fratelli. Possiamo fare tanto, non accontentiamoci del poco; abbiamo un progetto grande da eseguire, non rifugiamoci nella tristezza dei nostri peccati.

Il peccato è squallido, depaupera la vita, la rende triste e pesante, ci chiude nel nostro istinto e nel nostro egoismo. Superiamo tutto, superiamo nella speranza soave della grazia, nella speranza della misericordia di Dio, per nascere sempre ogni giorno nel nostro progetto di vita, nel nostro progetto di santità.

dPM, Omelia Novena di Natale IX giorno, 23/12/1987

Intenzione di Preghiera

Ti affidiamo, o Signore, tutte le persone sfiduciate nei Tuoi confronti, nei confronti della vita e dei fratelli, perché ritengono che da queste relazioni non possano ricevere più nulla di nuovo ed entusiasmante. Non sia così: Tu “rendi nuove tutte le cose” e nella tua continua creazione tutto hai fatto con amore. Ci hai immersi in una chiamata alla santità che ci coinvolge tutti e ci comprende tutti, che ci capisce e si prende cura delle nostre esigenze più profonde e intime. Nulla è perso, tutto è affidato.

Messa della Notte di Natale

Is 9, 1-3. 5-6; Tt 2, 11-14; Lc 2, 1-14

Dal Vangelo secondo Luca

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

È nato per noi. È nato non un uomo grande, un personaggio illustre: è nato Dio. Ecco il prodigio d’amore! Il Figlio eterno di Dio, l’Immagine della sostanza del Padre, la Luce del Padre, la Verità increata è venuta tra noi, s’è fatta un Bambino! Il prodigio d’amore è proprio in quest’ordine, il Signore ha avuto pietà di noi perché l’umanità aveva fallito; senza Dio, ribellandosi a Dio, l’umanità non aveva saputo trovare la via della verità, della vita, della pace. Dio ha avuto compassione ed è venuto tra noi per salvare l’umanità e per salvare ogni uomo. È Lui: è venuto perché ci ha amato; è venuto proprio tra quelli che sono i ribelli, tra quelli che lo hanno bestemmiato, che l’hanno conculcato, che l’hanno posto al margine della loro vita. È venuto e ancora sentiamo quanto abbiamo bisogno di Lui.

Dopo venti secoli l’umanità senza Dio fallisce e la tecnica non salva l’uomo, e l’organizzazione non salva l’uomo, e non c’è ancora la pace, e non c’è ancora il rispetto dell’uomo, il rispetto dei suoi valori. L’uomo ancora è schiavo delle sue passioni, schiavo della sua cupidigia, della sua ingordigia; è schiavo della sua vanità, della sua superbia, è schiavo − che orribile schiavo! − della sua sensualità, della sua brutta deformazione. È schiavo.

L’uomo senza Dio non trova la via, non trova la gioia, non trova l’amore. Dio, Dio, è Lui unicamente che salva! E sappiamo bene che tutto il segreto sta qui, il segreto di ogni anima, il segreto di ogni famiglia, il segreto di tutta la società e di tutta l’umanità sta lì: nel Cristo, nel Signore Gesù, in Lui, solo in Lui. Solo se ascoltiamo Lui, solo se viviamo di Lui, solo se lo amiamo sopra tutte le cose, noi raggiungiamo lo scopo della nostra vita, noi raggiungiamo la vera fraternità tra di noi, solo così, unicamente così.

Ecco, alziamo i nostri cuori e invochiamolo con questa notte; invochiamolo per tutti quelli che soffrono; invochiamolo per tutti quelli che sono disperati; invochiamolo per la pace del mondo, per la santità delle nostre famiglie, delle nostre famiglie troppe volte devastate. La famiglia l’ha voluta Dio, la famiglia che conserva la Parola di Dio è benedetta. Preghiamo per tutti, sentiamoci uniti in Lui, fervorosi in Lui, ricchi di speranza in Lui.

E l’augurio che ci facciamo è proprio qui: arrivare a Gesù, ubbidire a Gesù; mettere nella nostra vita la sua Parola, la sua Legge. Ognuno di noi deve convertirsi, nessuno è senza peccato, tutti dobbiamo fare un passo verso di Lui, aprirgli il cuore, donargli la vita, collaborare per la giustizia, collaborare per la sincerità, collaborare per 1 ‘amore. L’infinito Amore è sceso sulla terra: se gli uomini lo vogliono, possono avere la ricchezza più grande, che è proprio nell’amore di Dio e nell’amore fraterno. A questo augurio, a questa invocazione ognuno di noi aggiunga la sua particolare preghiera, la sua particolare necessità, perché in tutti i cuori regni Cristo e regni meravigliosamente e pienamente.

dPM, Omelia, 25/12/1987

Intenzione di Preghiera

Preghiamo perché la nascita di Gesù porti tanta pace nelle nostre vite e in quelle dei nostri cari. Abbiamo tante fragilità che quotidianamente ci impediscono di vivere sereni. Vogliamo imparare ad accettarle e persino ad amarle. Perché sì, sappiamo che sono parte di noi e in alcuni momenti ci contraddistinguono, ma sappiamo anche che non siamo noi i fautori della nostra pace. Dio nascendo per noi ce lo dimostra. Affidiamo dunque tutto ciò che ci preoccupa al Signore perché possiamo vivere già ora la Sua consolazione e possiamo essere assieme a Lui operatori di pace.

Messa del Giorno di Natale

Is 52, 7-10; Eb1, 1-6; Gv 1, 1-18

Dal Vangelo secondo Giovanni

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.

Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

 

“E il Verbo si fece carne”: è il grande motivo per cui oggi siamo riuniti, siamo riuniti per esultare, per gioire. Il Natale è essenzialmente una festa di gioia, una pausa per gioire, una pausa per ringraziare Dio, una pausa per realizzare in profondità il nostro spirito cristiano.

“Il Verbo si fece carne”: l’uomo allora non è più solo, l’umanità non ha più gli orizzonti chiusi, basta ricevere Lui, basta credere in Lui, basta trovare i motivi di vita nella sua Parola. Oh, sì! La gioia cristiana è gioia che non è fondata su vaghi sentimenti ma su una realtà meravigliosa: Dio si è fatto uno di noi; l’Onnipotente ha vestito la nostra carne mortale e per amore ha voluto restare sempre, sempre.

È venuto una volta, non è partito mai; noi lo abbiamo sempre nel Mistero Eucaristico, abbiamo il suo Corpo e il suo Sangue e sempre abbiamo la sua Parola, che è tanto potente quanto gioiosa. Noi abbiamo Gesù con noi ed ecco che, su questo tema, dobbiamo indirizzare tutte le nostre speranze. Un cristiano non si sente schiacciato dal destino, non sente di essere una pedina nel caos. Il cristiano sa di essere amato dall’Onnipotente, di essere nella sua provvidenza, nella sua carità, di essere per potere raggiungere la meta suprema che è la gloria, che è la gioia dell’eternità.

Oh, allarghiamo il nostro cuore! Allarghiamolo e benediciamo il Signore! Benediciamolo, lodiamolo, ringraziamolo che è sempre con noi e cerchiamo di renderci degni delle sue grazie, e cerchiamo di renderci sensibili alla sua provvidenza, e cerchiamo proprio che questo gaudio cristiano fiorisca in noi, fiorisca cioè in una coscienza retta, in una coscienza vera. Ognuno di noi deve sentire che tanto più è unito a Dio quanto più gli ubbidisce, che la Sua legge è la nostra salvezza.

Bisogna che le coscienze ritrovino sempre il loro equilibrio, la loro chiarezza, il loro indirizzo, che tutte le coscienze amino di più il bene, amino di più la fraternità tra gli uomini, cerchino di buttare via ogni forma egoistica, perché il nostro tormento, il nostro cruccio è proprio nel nostro peccato. Il peccato, che si presenta come un miraggio di felicità, ripete ancora la bugia del demonio. Nel peccato, nell’egoismo non c’è la vera felicità dell’uomo, c’è in Cristo, nella sua legge, nel suo amore.

Vi auguro, per ognuno di voi, una coscienza sempre illuminata e santa, un vero timore di Dio. Vi auguro di realizzate dentro di voi la pace, perché la pace non si acquista fuori, non si acquista gridandola, si acquista unendoci a Dio, amando Dio, vincendo le nostre difettosità. Ognuno più buono, ognuno più generoso, ognuno più aperto: tutti nella grazia di Gesù.

dPM, Omelia, 25/12/1987

Intenzione di Preghiera

Ti affidiamo, o Signore, tutte quelle persone che in questo periodo di isolamento e incertezza faticano a vivere la vita bella, condivisa e ricca di speranza che la Tua nascita porta. Preghiamo perché si rendano conto che il Padre, nel suo grande amore per noi, niente ha lasciato al caso e non permette mai che la solitudine abbia il sopravvento totale sulla nostra vita. Ringraziamo dunque per il grande dono degli amici. Preghiamo perché possiamo non darli mai per scontati e chiediamo a Maria la grazia di unici sempre più a Gesù, insieme.

Giovani

Dal 1 dicembre è disponibile ogni giorno su spotifiy una traccia audio preparata da don Sergio Billi per imparare a pregare. Buon ascolto!

Bambini

Per i più piccini è previsto un percorso su misura, con immagini e disegni da ritagliare e colorare, perché anch’essi si sentano protagonisti di questo magnifico tempo di attesa e di preghiera.

Dal Madagascar

Sul canale youtube del Familiaris Consortio, ogni settimana di Avvento un video creato da don Luca Fornaciari o don Simone Franceschini, i nostri don in missione

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