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Missione Madagascar: intervista di Edoardo Tincani a don Luca Fornaciari

Missione Madagascar

Riportiamo la bella intervista di Edoardo Tincani a don Luca Fornaciari, parroco di Manakara, alla vigilia della sua partenza per l’isola rossa. Apri il volantino per vedere come sostenere le missioni del Madagascar. Nella causale indicare ‘missione manakara’ e il nome di uno dei quattro progetti.

Questo articolo è stato pubblicato sull’edizione del 21 ottobre 2020 del settimanale cattolico reggiano “La Libertà”

di Edoardo Tincani

Nel racconto di don Luca Fornaciari, fidei donum in Madagascar – che dall’iniziodi ottobre è di nuovo nell’isola africana dopo aver trascorso in diocesi i giorni dalla fine di agosto, quarantena obbligatoria inclusa – prevalgono le note positive, quelli che lui chiama tocchi di colore nel grigiore generalizzato del Covid. Prima di salire sul volo di ritorno, il parroco di Manakara, membro della Comunità sacerdotale Familiaris Consortio, è passato a trovare la redazione diocesana per portare notizie di prima mano. Ascoltiamo.

Don Luca, partiamo dagli elementi negativi dell’ultimo periodo: uno, lo sappiamo già, si chiama Coronavirus. Gli altri?

Il primo fatto che ci ha penalizzato è stato il rientro in Italia di tutti volontari, alcuni dei quali erano in scadenza, altri richiamati anzitempo a causa della pandemia, sia da Manakara che da Ampasimanjeva. Io e don Simone (Franceschini, ndr) ci siamo sentiti un po’ orfani.

L’altro evento doloroso è stato la morte di don Pietro Ganapini, una grave perdita. Sono rimasto colpito dalla vastità del cordoglio che si è manifestato sui social, era davvero molto conosciuto e amato. Restiamo per un momento sul problema

Covid-19. Com’è la situazione in Madagascar?

Il virus è presente nell’isola, ma i casi registrati ufficialmente sono poche decine al giorno. Non si è ancora tornati alla normalità, anche se le chiese hanno riaperto con un limite di 200 persone per ogni celebrazione e le scuole sono ripartite in questo periodo dopo le vacanze invernali. Il problema principale è che il turismo è molto fermo e così pure il settore dei trasporti, il che impoverisce ulteriormente la popolazione, fintantoché non riprenderà la macchina mondiale. Purtroppo i poveri sono sempre quelli che pagano il prezzo più alto delle crisi; in questo caso per una nuova malattia che li tocca meno di altre, ancora diffuse, dalla tubercolosi alla malaria.

Passiamo agli aspetti positivi. Da quale iniziamo?

Nel gennaio di quest’anno, ancora in epoca pre-Covid, una ventina di reggiani ha preso parte al primo pellegrinaggio diocesano in Madagascar rivolto agli adulti. Il viaggio aveva lo scopo di conoscere la missione, che ha più di 50 anni di storia, di trascorrere alcuni giorni in parrocchia a Manakara e di compiere un breve tour nell’Isola rossa. È stato un successo. L’intenzione è riproporre l’esperienza, probabilmente – speriamo – nel luglio 2021.

Altre novità?

C’è una nuova chiesa finanziata e costruita nei mesi scorsi ad Ambonidato, una delle parrocchie di campagna a sud, più lontane dal centro del distretto di Manakara. In quel luogo, come in altre zone rurali, non era mai sorto un edificio di culto e i cristiani erano soliti radunarsi all’interno di una vecchia scuola. Misura 14 metri x 7, è l’unica struttura in cemento di tutto il comune e senza restrizioni sanitarie può accogliere 300 persone. Il patto con gli abitanti è che io avrai trovato lo sponsor per la struttura e loro avrebbero pensato agli arredi e alla manodopera.

E ha funzionato?

I cristiani locali hanno fatto la loro parte, ma rimaneva un problema non secondario…

Cioè?

Ci siamo accorti che nonostante la disponibilità della nuova chiesa e un pellegrinaggio di tutta la comunità pastorale, la gente continuava a non venirvi a pregare. Al che ci siamo fatti qualche domanda.

E poi che è successo?

Gli stessi cristiani del luogo mi hanno ricontattato dicendomi che era necessario costruire anche una scuola per i bambini. Pur essendo evidente che da soli non avrebbero i mezzi per portare avanti il progetto, nonostante il loro leader sia anche il sindaco del paese, hanno dimostrato un entusiasmo e una vitalità che lasciano ben sperare: sono un segno di una loro capacità d’iniziativa.

Il loro desiderio verrà accolto?

Sì. Mi hanno aiutato a capire che senza istruzione non c’è neanche evangelizzazione. La scuola dell’infanzia serve a insegnare, fin da piccoli, a superare i motivi per cui molti malgasci non vanno a Messa.

Potresti spiegare meglio?

Molto banalmente, se i bambini non sanno leggere, si vergognano ad andare a Messa perché non possono partecipare e rispondere alle preghiere. Tieni presente che molti di loro non sono neanche registrati all’anagrafe. È una zona rurale molto popolosa, dove il 90% delle persone non hanno una fede, circa il 2% è costituito da cattolici, un altro 2% da protestanti, forse l’1% da musulmani e per il resto dai membri di qualche setta religiosa. Accogliendoli fin dall’asilo avremo la possibilità di farli rimanere nel loro paese per imparare, anziché vederli andare in città a far niente. Partiremo costruendo tre stanze e un ufficio, come aveva fatto don Ganapini ad Ambanidia. E se l’esperimento andrà bene, penseremo a realizzare le scuole elementari e medie. Appena sarò di ritorno a Manakara ci accorderemo per la
costruzione.

E in attesa dei lavori?

Mi hanno comunicato che ci sono un’ottantina di bambini iscritti: in attesa delle aule inizieranno a fare attività scolastica dentro la chiesa. Intorno si stende un grande terreno donato alla Diocesi di Farafangana da un benefattore
del posto.

Come vanno le attività pastorali con i giovani?

Abbiamo iniziato a fare l’oratorio nell’ottobre dello scorso anno, nella parrocchia principale di Manakara. Vi ho portato il modello che ho vissuto nella nostra diocesi, prima a Ospizio poi a San Martino in Rio, con gli incontri, il gruppo estivo, l’inno, la recita, i laboratori, i giochi e i tornei. I numeri ci sono stati fin da subito, con 200 ragazzi e un’ottantina di animatori, raccogliendo anche la disponibilità gratuita da parte dei giovani delle scuole
superiori. Sotto Natale abbiamo replicato la proposta ed è andata ugualmente bene. Facevamo l’oratorio ogni sabato pomeriggio e una volta la settimana la santa Messa con i giovani. È molto attivo anche il gruppo dei francescani,
specie da quando è stato beatificato Lucien Botovasoa, nativo di Vohipeno dalle nostre parti e avviato a diventare il primo santo del Madagascar. Avevamo programmato di tenere altre due settimane di attività d’oratorio, di cui una in campagna e l’altra in città, però siamo stati bloccati dalle misure anti-Covid. Ma questo capitolo, nel complesso, resta un’altra bella notizia.

Altre pennellate di colore, nonostante il virus?

La nostra casa. La prima pietra è stata posata all’inizio di ottobre del 2019. Ad oggi mancano diverse finiture e aspettiamo l’arrivo di due elettricisti e di alcuni amici del Movimento Familiaris Consortio per il trasloco, dopodiché
speriamo di poterla inaugurare in gennaio, in prossimità della festa di san Giovanni Bosco.

Come sarà fatta la casa?

La struttura, offerta nella sua interezza dai fratelli Fabio e Fabrizio Storchi, avrà quattro parti: uno spazio con sei camere per i volontari, un appartamento con un paio di camere per eventuali famiglie, un’ampia cappella per la
preghiera, dove potremo invitare anche i fedeli di Manakara, e un appartamento al piano superiore per i sacerdoti residenti e l’ospitalità di altri consacrati di passaggio.

Ci sono altri “cantieri” che ti impegnano come parroco?

La parrocchia ha iniziato a farsi carico di due progetti che sono stati a lungo portati avanti dai Servi della Chiesa e per i quali c’è bisogno della generosità di tanti (si veda la grafica a pagina 6, ndr). Il primo riguarda l’alfabetizzazione degli adulti nelle campagne. L’altro si chiama “Tsararano”, una specie di Casa della carità che ospita ragazzi giovani con gravi invalidità fisiche o mentali e che tradizionalmente è sempre stata gestita in toto da due servi della Chiesa malgasci lì residenti: la parrocchia di Manakara è stata chiamata ad occuparsi dell’animazione di “Tsararano”.

Cosa chiede don Luca alla Diocesi?

Nelle settimane di soggiorno in Italia ho girato in diverse parrocchie per fare animazione missionaria e per domandare un aiuto per i progetti. Il Madagascar può suscitare uno slancio missionario anche tra i consacrati e le
comunità di famiglie del Movimento Familiaris Consortio. La speranza, che condivido con don Simone, è tornare presto a formare un’équipe missionaria.

Prossimi appuntamenti

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