Omelia 16 Agosto 2020, don Benedetto Usai
“Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri»
La fede inizia con un grido, una richiesta di aiuto, che esprime il nostro bisogno. Riconoscere di aver bisogno, di non potere bastare a noi stessi, di essere impotenti di fronte alla nostra fragilità, è anche umiliante: come è possibile che non riesca a rialzarmi da solo? Sono così debole? Non posso permettere che gli altri se ne accorgano…Non sempre abbiamo il coraggio di alzare la voce, ci sono altri modi per farlo, che spesso si mascherano di tanto buonismo: una disponibilità scriteriata e disordinata, per la quale siamo ‘sempre impegnati’, fino a renderci indisponibili a tutti…oppure al contrario, un apatia disarmante verso le nostre vere fragilità, che mettiamo in stanby per non affrontarle mai. La donna del Vangelo, si presenta a Gesù disarmata, chiamandolo ‘Signore’. Non ha timore di gridare a Gesù “Pietà di me”, un’espressione che ricorre nei Salmi (cfr 50,1), lo chiama “Signore” e “Figlio di Davide” (cfr Mt 15,22), manifesta così una ferma speranza di essere esaudita’… Qual è l’atteggiamento del Signore di fronte a quel grido di dolore di una donna pagana? Può sembrare sconcertante il silenzio di Gesù, tanto che suscita l’intervento dei discepoli, ma non si tratta di insensibilità al dolore di quella donna. Sant’Agostino commenta giustamente: “Cristo si mostrava indifferente verso di lei, non per rifiutarle la misericordia, ma per infiammarne il desiderio” (Sermo 77, 1: PL 38, 483). (Benedetto 16, Angelus 14-08-2011)…
Il cammino della fede cresce e si rafforza nel dialogo con Gesù, che non teme la nostra fragilità, ma la cerca, addirittura la implora, per ridarle vita. E ci dice: non temere di distaccartene, consegnamela, e permetti a me di darti una vita nuova: la mia. Imploriamo dal Signore di vivere ogni giorno l’esperienza della conversione, per vedere il nostro passaggio dall’uomo ripiegato su stesso, all’uomo aperto all’azione dello Spirito (cfr 1Cor 2, 13-14), che si nutre dalla Parola del Signore e apre la propria vita alla sua Misericordia.