XXX anniversario della nascita al cielo di don Pietro Margini, omelia 8 gennaio 2020

Omelia per il XXX anniversario della nascita al cielo di don Pietro Margini, don Andrea Pattuelli

Sant’Ilario d’Enza, 8 gennaio 2020

Liturgia del giorno
1 Lettura 1Gv 4,7-10; Salmo Responsoriale dal Salmo 71 (72); Vangelo  Mc 6,34-44

Carissimi,

Dalla testimonianza della parola di Dio l’assemblea dei fedeli riceve il dono fecondo di cinque pani e due pesci, senza pastore sono una grande folla che suscita compassione, con la moltiplicazione dei datori di doni, i discepoli, che avrebbero dato loro stessi da mangiare, la folla diviene un solo gregge e un solo Pastore, non più disperso dall’andare a comprarsi da mangiare da soli, ma congiunto dall’unica sazietà, che è il dono della gratuità di Dio, della grazia che esce dalle mani di Gesù.

La folla animata dalla speranza, che seguiva Cristo “casto, povero e obbediente”, compie un cammino di trasfigurazione comunitaria, di “rinnovamento e di santità” e da viandanti scarni e senza volto sono guidati dal loro pastore a riconoscersi in volto, a guardarsi perché fatti sedere a gruppi, sull’erba verde, e a progettare sempre di nuovo, portarono via dodici ceste piene, “dove il mio e il tuo sono diventati un’unica realtà”. Lo stesso Signore, affinché i fedeli fossero uniti in un corpo solo, di cui però «non tutte le membra hanno la stessa funzione» (Rm 12,4), promosse alcuni di loro come ministri (cf. PO)

Desidero parlare dello splendore del sacerdozio e del dono dell’amicizia con le famiglie in questo 30° anniversario di don Pietro Margini che nella Postulazione della Causa di canonizzazione è descritto come “sacerdote che ha vissuto in piena conformità al vangelo in molteplici esperienze pastorali, e con la parola e con gli scritti ha contribuito all’educazione e alla santificazione della coppia nel matrimonio, alla diffusione del rispetto della vita” attraverso il darsi anima e corpo alla “comunità parrocchiale e alle piccole comunità che assieme concorrono a edificare la Chiesa come famiglia di Dio”.

Don Pietro era “consapevole della grandezza della consacrazione sacerdotale, uomo di Dio con lo sguardo sempre rivolto al Cielo” (v. sopra).
Il buon pastore dona la vita per le pecore così ogni sacerdote, per il mistero di luce da cui è abitato, offre se stesso, con umile coraggio, per non far cessare nella comunità, di cui è servo, le cisterne della carità e della comunione;

Il sacerdote è il dono di Gesù mosso fino alla fine dei tempi dalla compassione per chi è folla, alla ricerca del proprio volto e della propria dignità, è colui che parla a tutti come amico. anche i sacerdoti se lo ricorderanno sempre: “non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione”;

con la Pasqua di Cristo il velo dell’antico sacerdozio si è squarciato e ha rivelato il sacerdozio della nuova alleanza, prefigurato dai doni di Abele e dalla fede di Abramo, che ha messo tutta la sua vita dentro a una promessa di fecondità.
Non ci sono meriti personali nell’essere ministri (non siamo stati noi ad amare – dice San Giovanni ap. nella 1 lett.), quanto solo un abbandono di disponibilità e apertura alla voce di Dio, come l’essersi arresi alla Sua bellezza e alla Sua misericordia sulla nostra vita;

Come il suono della voce di una persona conosciuta sempre meglio, e come nel tempo la sua voce diviene inconfondibile, autorevole e amabile, così per i sacerdoti l’ispirazione dello Spirito di Dio li attende sempre a salvezza in quel punto che sostiene e unisce tutti i frammenti della propria esistenza (sentirla continuamente ci è necessario, come sete): nella solitudine conforta, nel peccato insorge, brucia per pietà di noi e medica, perdona, nell’orazione illumina, nel lavoro guida, nella comunità ammaestra.
La Presbyterorum Ordinis ricorda che: “Nostro Signore Gesù, «che il Padre santificò e inviò nel mondo» (Gv 10,36), ha reso partecipe tutto il suo corpo mistico di quella unzione dello Spirito che egli ha ricevuto”. Così: “Non vi è dunque nessun membro che non abbia parte nella missione di tutto il corpo, ma ciascuno di essi deve santificare Gesù nel suo cuore e rendere testimonianza di Gesù con spirito di profezia.”

Dalla testimonianza dei sacerdoti, per cui è necessario pregare sempre, le persone e le comunità ricevono importanti motivi di fiducia per formare una cultura in cui le persone alzino i loro cuori al vero senso delle cose, dialoghino, si aprano le une alle altre, traffichino i loro doni, si potrebbe dire diventino protagonisti di una società più amichevole; allo stesso tempo, le famiglie che non si stancano di cercare la via di Dio, nella semplicità e nella pace, diventano per le vocazioni di consacrazione motivo di speranza, in particolare per la loro umanità e per il vero senso di comunità, famigliare, affinché la loro vita rimanga fresca di umanità, di sazietà, e si rinnovi sempre nella fedeltà e nell’amore.

A voi giovani diciamo: grazie! Perché siete lieti e impavidi e la vostra chiamata è vicina,
Siete voi che ricordate a tutti e ci insegnate a essere in ascolto della voce del Signore e a progettare in grande sulla sua Parola, condivisa assieme con le vostre guide: avete tra le mani impegnate le dodici ceste piene da portare via, un’eredità da moltiplicarsi ancora. Per la tradizione d’ oriente, i doni si offrono e si ricevono a due mani. La testimonianza di amicizia e di totalità di don Pietro Margini, la sua vicinanza a ciascuno di voi, i mirabili esempi che ci hanno preceduto, vi facciano comprende a quale speranza il Signore vi ha chiamati e vi donino la passione contagiosa di veri figli di Dio.

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