Omelia III Domenica di Pasqua, 05-05-2019
‘Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!’.
Fa bene, ed è consigliato a tutti, fermarsi, e fare ogni tanto memoria della nostra storia con Gesù. Professare la fede, non è una scelta fatta e finita in quel preciso momento dove tutto è iniziato, ma rimane il frutto di un cammino che ora ha bisogno di essere alimentato con costanza; proprio come ogni relazione d’amore, che trova nell’innamoramento la sua genesi, e che nel tempo approda ad una scelta definita. A modello degli apostoli, anche noi abbiamo avuto bisogno di qualcuno che ci indicasse con chiarezza chi era Gesù: lo abbiamo sentito parlare di Lui, abbiamo visto come la sua vita diventava luminosa e attraente, e ci siamo fidati che anche per noi poteva essere lo stesso. Dopo una notte di pesca infruttuosa, di fronte all’invito di Gesù a gettare le reti dall’altra parte della barca, gli apostoli si fidano perché ‘era il Signore’. Se fosse stato un altro non gli avrebbero di certo creduto, anche se erano stanchi e demoralizzati, visto che erano dei pescatori di professione. Siamo riconoscenti al Signore, per coloro che prima di noi sono stati degli innamorati di Gesù, suscitando in noi il desiderio di conoscerlo, di amarlo e di seguirlo.
Fecero flagellare [gli apostoli] e ordinarono loro di non parlare nel nome di Gesù. Quindi li rimisero in libertà. Essi allora se ne andarono via dal Sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il nome di Gesù.
Cosa ci dice, cioè da che cosa possiamo riconoscere che anche noi siamo talmente uniti e legati alla persona di Gesù, da non potere più farne a meno? La letizia del cuore. Ci ricordiamo che gli apostoli, i suoi amici più intimi, erano scappati di fronte allo scandalo della croce. Si erano rinchiusi nel cenacolo, avevano lasciato Gesù solo su quella croce, lasciando che fossero Maria e san Giovanni gli unici presenti a consolarlo nelle sue sofferenze. Dopo avere ricevuto il dono dello Spirito, non solo professano la loro fede con audacia e senza timore di fronte a chi li aveva messi in prigione, ma sono contenti di subire oltraggi ‘per il nome di Gesù’. Possiamo tradurre così questa affermazione: sono talmente uniti a Lui da gioire di poter anche soffrire per Lui. Se ad esempio, per le scelte di vita che abbiamo fatte, siamo ‘costretti’ a fare ogni giorno anche tanta fatica, non ci demoralizziamo ma ce ne rallegriamo, perché abbiamo coscienza che quella è la vita che abbiamo scelta, e che la fatica che affrontiamo non è solo per il nostro bene, soprattutto per quello di coloro che anche grazie a noi sono stati generati. Gesù ha generato alla vita questi suoi amici, ed ora sono loro a generare Lui nel cuore di tanti, anche a condizione di patire per Lui. Perché Lui sia vivo, sia conosciuto, amato, e seguito