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Insieme essere lì dove il Signore chiama!

Don Matteo Bondavalli, don Emanuele Sica e don Domenico Reverberi insieme per l’unità pastorale “Giovanni Paolo II”

Nuova comunità residenziale di sacerdoti della “Comunità sacerdotale Familiaris Consortio” a Reggio Emilia

I tre sacerdoti della “Comunità Sacerdotale Familiaris Consortio” iniziano il loro cammino a servizio nell’unità pastorale “Giovanni Paolo II” di Reggio Emilia il 15/9/2018. Don Matteo, incaricato come nuovo parroco e don Emanuele, collaboratore si presentano in una intervista per il giornalino periodico dell’unità pastorale #Apriteleporte.

Don Matteo Bondavalli, parroco

Qual è stato il tuo primo pensiero, quando hai saputo la tua destinazione da settembre 2018?

Al di là di tante cose che frullano per la testa, soprattutto quando si solcano tappe importanti nel ministero, quello che nel tempo è rimasto come sentimento fisso è una lieta serenità di fondo. Non so ancora se sia virtù o bisogno di ulteriore maturazione…, è però la condizione che più mi ha accompagnato. Essere li dove il Signore mi chiama, grazie al cammino e al discernimento con la Comunità Sacerdotale, è un punto fermo che mi aiuta molto. Allo stesso tempo ho ricordato tanti momenti belli che ho vissuto negl’anni passati in UP con don Luca Ferrari, don Pietro Adani e don Giuseppe Zanichelli. A questi ricordi ora accolgo con trepidazione le nuove pagine di comunione che il Signore concederà alla nostra Comunità Residenziale.

Ti conosciamo già ma proviamo ad approfondire… cosa ami fare?

Sembrerà una risposta scontata, ma la prima cosa che mi viene in mente è proprio la vocazione sacerdotale. L’essere sacerdote crea nella vita un orizzonte sempre nuovo, bello e inaspettato. È come se in ogni situazione il Signore ti richiamasse a scoprire la bellezza di quanto si vive, di quanto c’è intorno. È vero che mi piacciono tante cose (musica, libri, animali, cucina, etc…), ma credo che nella ricerca di ciò che è buono e bello si arrivi ad amare ogni gesto della propria vita sacerdotale.

Qual è il personaggio biblico che ti affascina di più (a parte la Santissima Trinità) e perché?

Mi ha sempre molto affascinato la figura di san Pietro apostolo, soprattutto per la spontaneità con cui porta a casa successi e disastri nella relazione con il Signore;  per quel tutt’uno di forza e fragilità, amate dal Signore e poste a fondamento di tutta la Chiesa.  Se posso spingermi oltre, non posso lasciare in secondo piano la figura di san Matteo apostolo ed evangelista: la prontezza con cui viene descritta la sua chiamata è molto affascinante; ti fa sempre sentire un po’ ancora seduto e alimenta il desiderio di non perdere tempo, di non rimandare le continue chiamate del Signore. Vorrei anche citare “cosimo”; non è un personaggio biblico ma una piccola statua che ho preso qualche anno fa a Betlemme. È un asino che negli ultimi anni ha sempre stazionato sulla mia scrivania. Mi ricorda alcuni avvenimenti del Vangelo e, nella semplice idea che “il Signore ne ha bisogno”, suscita desideri di mitezza e umiltà.

Prova a definire la vita cristiana in non più di tre righe…

Lo stare in ginocchio e il segno di Croce penso che riassumano tutto. Ce l’ho fatta in mezza riga. Ma per la spiegazione rimando a future occasioni di confronto…, non riuscirei a rimanere nello spazio richiesto.

Come si fa a diventare santi?

Recentemente papa Francesco ha consegnato alla Chiesa l’Esortazione Apostolica sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo,Gaudete et Exultate. È proprio la parola “chiamata a descrivere uno degli atteggiamenti che penso siano a fondamento di un cammino di santità. L’invito che ci raggiunge ogni mattina nella preghiera: «ascoltate oggi la Sua voce…» (salmo 94), unito alla “complessa trama di relazioni interpersonali che si stabiliscono nella comunità umana” (secondo l’espressione utilizzata dal papa per parlare del nostro essere insieme), alimenta in me la convinzione che non ci si salva da soli. Il diventare “santi insieme”, cosi come spesso ha ricordato mons. Pietro Margini alle prime comunità di famiglie, ognuno nel cammino fedele della propria chiamata, rappresenta ancora oggi il motivo affascinante che anima la nostra vita, in tutti i suoi aspetti. In un’unica espressione si potrebbe dire: seguire insieme Cristo li dove ci/ti chiama.

Cosa occorre, secondo te, perché un gruppo di persone diventi e resti comunità?

Occorre quello che da sempre ha animato la Chiesa e le prime comunità. Come afferma il salmo 133, «Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme», è luogo di benedizione da parte del Signore, è luogo di vita. Sapere che al centro della mia vita non ci sono io e che solo nel Signore possiamo raggiungerci e farci prossimi è frutto di quel continuo miracolo che da sempre ci rianima: «dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro (Mt 18,20)» Questo deve condurci all’Eucaristia, questo deve essere ricercato dopo ogni Eucaristia.

Raccontaci qualcosa di te che ritieni importante che sappiamo.

Non mi piacciono le cose “dette dietro”, mi demoralizzano. Come spesso ci esorta Papa Francesco, le nostre comunità siano luoghi dove non si sparla.

Adesso raccontaci qualcosa di te che ritieni assolutamente inutile sapere.

Quando si dialoga, le cose che mi piacerebbe sentirmi dire.

La tua più grande paura?

È una domanda difficile. Ce ne sono di paure… (non potrei mai fare l’apicoltore ad esempio), ma forse una delle cose che più m’intimorisce è l’intima convinzione (che spesso si maschera con buone motivazioni e intelligenti valutazioni) di poter fare da soli. Mi spaventa proprio il fatto che questa insana idea possa mascherarsi in tanti modi e solo quando le cose crollano si manifesta in tutta la sua illogica drammaticità.

La tua più grande gioia?

Vedere una persona contenta. Non nel senso superficiale di un’emoticon, pollice alzato etc. Indipendentemente dalle situazioni esterne che potrebbero subito definire luoghi di felicità o infelicità, quando incontri una persona che cerca di camminare nella volontà del Signore ha come il volto trasfigurato e, vedendola, è motivo di tanta gioia.

Don Emanuele Sica

Qual è stato il tuo primo pensiero, quando hai saputo la tua destinazione da settembre 2018?

Appena mi è stata comunicata la destinazione sono rimasto a bocca aperta perché nel periodo precedente l’ordinazione fantasticavo molto su dove mi avrebbero mandato e nei miei pensieri non avevo escuso nessuna possibilità(nemmeno la missione), se non quella di essere destinato nella mia unità pastorale! Sapete, è veramente molto raro che un sacerdote sia mandato nella sua parrocchia di provenienza. Infatti, a parte qualche sacerdote anziano, non conosco nessuno in questa situazione! Perciò penso di essere molto fortunato, perché il Signore mi sta dando l’opportunità di annunciare il suo Regno nei luoghi in cui anch’io l’ho incontrato, circondato da tante persone che mi vogliono bene e a cui io voglio bene. E infine, il fatto che il vescovo mi abbia chiesto di continuare per il terzo anno di seguito ad accompagnarlo nelle visite pastorali mi rende felice, perché significa che gli piace come lavoro e penso che sia per me un’opportunità più unica che rara.

Ti conosciamo già ma proviamo ad approfondire… cosa ami fare?

Una cosa che ancora non vi ho detto è che da quando sono prete mi piace tantissimo celebrare la Messa perché il Signore mi fa un dono grande nel poter proclamare la sua Parola, spiegarla al suo popolo e pronunciare le stesse parole che Lui ha detto nell’ultima cena. In questo modo mi chiama ad essere sempre più simile a Lui e mi invita a donare la mia vita con Lui. E poi aggiungerei che le altre cose che amo fare sono: essere educatore e giocare a pallavolo.

Qual è il personaggio biblico che ti affascina di più (a parte la Santissima Trinità) e perché?

È una domanda tosta perché nella Bibbia ci sono tantissimi personaggi che mi affascinano, ma, se dovessi sceglierne solo uno, allora direi Mosè, perché nel mio percorso è il personaggio biblico che Dio ha usato di più per parlarmi della mia vocazione. Anch’io mi sono sentito chiamato come lui dal Signore ad una missione grande che posso portare a termine solo se Dio sarà con me.

Prova a definire la vita cristiana in non più di tre righe

Scoprire di essere amati da Dio, salvati dalla morte e dai nostri peccati e chiamati a vivere in eterno con Lui.

Come si fa a diventare santi?

Ciò che ognuno di noi è chiamato a fare per diventare santo è seguire l’esempio del discepolo amato durante l’ultima cena: appoggiare la propria testa sul petto di Gesù per ascoltare il battito del suo cuore e far andare il proprio allo stesso ritmo.

Cosa occorre, secondo te, perché un gruppo di persone diventi e resti comunità?

Penso a due cose: la prima è essere disposti a mettere al centro Gesù e non se stessi o le proprie sensibilità. Perciò ognuno è chiamato a lasciare qualcosa di sé per trovare che il Signore glielo riconsegna cento volte tanto. La seconda è che ognuno impari che «vi è più gioia nel dare che nel ricevere!»(At 20,35).

Raccontaci qualcosa di te che ritieni importante che sappiamo.

Il Signore mi chiama a diventare santo assieme ai miei amici ed è per questo che ho scelto per amici dei santi!

Adesso raccontaci qualcosa di te che ritieni assolutamente inutile sapere.

Non ho secondi nomi: il mio nome di battesimo è unicamente Emanuele

La tua più grande paura?

Non rispondere sì nelle situazioni in cui il Signore mi manda come sacerdote.

La tua più grande gioia?

Vedere che in tanti si sentono amati così profondamente dal Signore che desiderano lodarlo con tutta la loro vita per sempre!

 

 

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