Comunità in dialogo: “Consacrazione, comunione, diaconia”
Cari amici, grazie per essere qui in questo nostro ultimo appuntamento di condivisione, prima della festa di fine anno che faremo a giugno.
Prima di iniziare con le testimonianze che ci aiuteranno ad approfondire il tema della diaconia, vorrei condividere con voi un pensiero sull’anno trascorso, sul momento che stiamo vivendo anche alla luce di quanto successo negli ultimi giorni.
Marco Reggiani ricorda gli amici saliti al cielo in questo anno
Nel corso di quest’anno associativo il Signore ha chiamato a sé quattro nostri amici, amici buoni, fedeli, forti, generosi. Prima Sandra, poi Lilia, poi Vittoria e infine Umbo.
È vero che abbiamo avuto anche tanti doni, tante grazie.
Rimane però in ogni cuore una domanda insoddisfatta, un’inquietudine di fondo, come sempre quando “ci troviamo alle porte della vita, nell’esperienza del limite estremo oltre il quale il nostro sguardo naturale non si può spingere” (Omelia di don Luca Ferrari).
Martedì, alla fine della Messa in cui abbiamo festeggiato – e questa è una delle tante grazie di quest’anno – l’ammissione agli ordini sacri di Francesco, il vescovo riferendosi alla vita e alla morte di Umbo, ha parlato della terribilità di Dio citando Isaia “Quando tu compivi cose terribili che non attendevamo…” (Is 64,2).
È così, non le attendevamo e fatichiamo a comprenderle.
Personalmente mi sento di ringraziare il Signore per averci donato degli amici così; chiedo di saperli imitare, in vita e nell’ora della morte. Impressiona vedere quanti testimoni santi, in carne ed ossa, non sui libri, abbiamo incrociato nel tratto di vita percorso insieme fino ad ora. È una grazia non comune, non scontata, non dovuta, e una grande responsabilità.
Seconda riflessione, pensando in particolare a Umbo (ma non solo) e al suo servizio al Movimento e al Movimento giovani. Dice il Salmo 18: “Chi è roccia, se non il nostro Dio?”.
Ci sono persone che per temperamento, per vocazione, per grazia e per spirito di fede svolgono questa funzione vicaria, di mostrarci con la loro amicizia, la loro solidità e autorevolezza che la loro vita è fondata sulla roccia. Ma non sono loro la roccia: per questo siamo così smarriti quando il Signore li chiama a Sé. Chiediamo di avere tanta fede da riconoscere che il Signore è la nostra roccia, e abbastanza fede da poterne essere testimoni per chi ci è accanto.
Terzo. È giusto sperare che questi distacchi portino frutto? Nell’economia di Dio i rapporti di dare-avere come li intendiamo noi non funzionano. Lo percepiamo anche dolorosamente quando vediamo che le nostre preghiere sono apparentemente inascoltate.
Mi fa sempre riflettere il testamento di don Pietro Margini alle comunità: “Passerò il mio Paradiso nel fare del bene con voi”. Ci insegna che al cospetto di Dio la personalità e le sue relazioni non scompaiono ma piuttosto vengono trasfigurate. E allora nella comunione dei santi siamo certi che in maniera misteriosa ma senz’altro più efficace continua l’opera di chi è nella gloria: di chi è stato parroco e fondatore di una comunità, di chi è stata moglie, mamma, amica, di chi è stato apostolo dei giovani.
Ne siamo certi, e proprio per questo desideriamo raccogliere l’eredità di chi ci ha preceduto e lavorare per il Regno di Dio con sempre più generosità e impegno, chiedendo il dono della sapienza e dell’intelligenza. E il dono della concretezza delle scelte.
Consacrazione, comunione, diaconia: possiamo guardare a questi tre pilastri della nostra vocazione attraverso la testimonianza splendente degli amici che ora sono al cospetto di Dio.