COMUNIONE FRATERNA, SECONDO INCONTRO COMUNITÀ IN DIALOGO
TESTIMONIANZA DELLA COMUNITÀ DI FAMIGLIE MADRE DI MISERICORDIA
Quando ci è stato chiesto di fare una testimonianza sul tema della comunione la prima cosa che abbiamo sentito è stata una profonda gratitudine; siamo infatti una comunità “fresca” e il tema della comunione è molto vivo.
Una delle caratteristiche della nostra comunità è quello di essere molto eterogenei: veniamo da paesi diversi ( Sant’Ilario d’Enza, Calerno, Albinea, Gualtieri, Rivalta, Luzzara Gonzaga), siamo cresciuti in contesti diversi ( parrocchie differenti, scout, movimento giovani )E la nostra amicizia non ha un lungo passato alle spalle.
Cosa ci unisce?
In questa breve testimonianza vorremmo portare da dove siamo partiti, cosa abbiamo maturato e quello che attualmente stiamo vivendo dal punto di vista della comunione. In riferimento a come siamo nati, c’è da dire che la maggior parte di noi viene da un precedente cammino nel movimento giovani. Nel movimento giovani abbiamo sperimentato e continuiamo a sperimentare come educatori una forte dinamica di comunione di movimento. I rapporti sono più fluidi perché i componenti dei circoli sono variabili di anno in anno e frequentemente compaiono ragazzi nuovi, si è portati ad accogliere. In alcuni momenti speciali, come ad esempio la vacanza estiva, si sperimenta la bellezza di essere insieme, in tanti, come una grande famiglia. Nel movimento giovani apprezziamo anche la comunione delle vocazioni perché gli educatori sono famiglie, sacerdoti e consacrate, sempre presenti e in continuo scambio. Ognuno porta il suo dono in modo unico ed evidente.
La nostra scelta di fare comunità è molto fresca, il nostro discernimento è molto vivo. Rispondendo alla domanda “perchè abbiamo scelto di fare comunità” ci sentiamo di dire questo… Un amico è comodo (perchè consola, fa compagnia, aiuta con i figli) ma soprattutto conduce in Paradiso. Abitiamo tutti in posti diversi, per noi fare comunità non significa sentici ogni giorno e frequentarci quotidianamente. Sicuramente sarebbe bello e magari per il futuro ce lo auguriamo ma attualmente non è così. Viviamo un’età privilegiata della vita, nella quale siamo posti di fronte a tante scelte (in merito al lavoro, alla casa) e stravolgimenti (è significativo che arriveranno quattro figlie in appena 13 mesi). E’ bello condividere idee e progetti, ascoltarsi, sostenersi e correggersi. Abbiamo scelto la comunità perché i nostri amici ci aiutano ad essere Santi cioè a vivere in pieno la nostra vocazione, senza accontentarci di mezze misure e scorciatoie. Insieme desideriamo vivere la nostra vita e la nostra chiamata come un dono, nelle nostre famiglie e nel servizio.
In questi mesi abbiamo sperimentato che essere in comunione non è se sempre facile: richiede uno sforzo continuo di uscire da sé stessi per andare in contro all’altro (cercare di capirlo nonostante la sua visione sia diversa dalla mia, intercettare i suoi bisogni / desideri, farsi disponibili e ricettivi) inoltre la nostra amicizia è giovane dobbiamo crescere nella confidenza, in cui si riconosce l’altro come dono e allargare il cuore non è sempre facile … Per superare questa fatica pensiamo sia giusto rimanere nell’ottica del dono, e abbandonare quella dell’aspettativa/pretesa. Bisogna vedere l’amico, prima di tutto, come un mezzo per arrivare alla santità, non come un mezzo per soddisfare le proprie voglie/i propri desideri. L’amico è colui che devo servire.
Una modalità a noi cara per condividere amicizie esterne alla comunità e coinvolgere i nostri amici in questa scelta di vita è quella di organizzare occasioni, ad esempio cene, in cui si creano incontri tra la nostra comunità e le persone a noi care. Ovvio non si esaurisce tutto nella cena, sarà compito di ciascuno di noi alimentare l’amicizia a livello personale, però troviamo che queste occasioni ci aiutino a condividere relazioni e aspetti dell’altro in modo molto umano e concreto.
Una cosa che ci aiuta, e che ci siamo dati come regola, è l’obbedienza: quando facciamo più fatica a rimanere fedeli agli impegni presi, scegliamo di rimanere lì per obbedienza alla nostra vocazione, quella alla vita comunitaria. Ciò che ci rende capaci di obbedire agli amici nella fatica è la fiducia in Dio, che ci ha donato i nostri compagni per camminare verso Lui. Essi, quindi, sono garanzia di salvezza, anche quando la complicità viene a mancare, quando
In tutte queste cose abbiamo fatto dei passi avanti, ma ovviamente dobbiamo ancora crescere tanto, e pensiamo sia importante avere l’umiltà di non sentirsi mai arrivati,
soprattutto nei confronti del nostro prossimo. Il nostro “sì” all’amico va rinnovato costantemente, e vorremmo essere capaci di rimanere dinamici e ricettivi di fronte ai nostri reciproci bisogni. Col passare del tempo ci si conosce sempre di più, ma non bisogna pensare che l’amico sia sempre lo stesso. Le persone possono cambiare e avere bisogni diversi a seconda del momento che stanno vivendo; per saperci aiutare dobbiamo “tenere le antenne perennemente alzate”, osservare, ascoltare, interessarci all’altro e pregare tanto perché Dio ci aiuti ad essere dei buoni amici. In questo senso, una bella immagine da tenersi a mente è quella di considerare l’amico come un mistero, che non ci viene mai rivelato una volta per tutte ma che non smettiamo mai di scoprire.
Abbiamo tante cose che ci uniscono; in questo ultimo periodo la provvidenza ci ha donato di condividere in modo molto speciale l’accoglienza della vita, con tre bimbe in arrivo e una piccola, abbiamo modo di accompagnarci da vicino in questa attesa con tutti i desideri, le gioie, i timori che ne conseguono. Siamo affascinati dalla prospettiva di vivere insieme il nostro cammino di genitori, confrontandoci passo dopo passo.
non ci si sente uniti o quando i sentimenti ci fanno barcollare. Ci siamo uniti senza quasi conoscerci, proprio perché abbiamo fatto questa scelta credendo in una meta condivisa, non perché il nostro rapporto fosse una garanzia di vita facile. Anzi, non sapevamo nulla di ciò che sarebbe stato! Per noi, “obbedire” non significa solamente rispettare gli impegni presi, ma “porsi in ascolto dell’altro, di ciò che gli fa bene, di ciò che più profondamente desidera, e fare dei passi verso di lui. Obbedire a chi ci è accanto significa, radicalmente, impiegare tempo ed energie, sia mentali che fisiche, per stargli vicino in modo che si senta, insieme, amato e libero”.
Un’altra cosa che ci unisce sono le esperienze di servizio vissute come comunità e la condivisione dei servizi che, come famiglie, facciamo in contesti diversi ma sempre nell’ambito educativo. Una delle ricchezze più grandi è scoprire sempre di più i talenti gli uni degli altri, mettendoli in gioco insieme per il bene di qualcun altro. Pensiamo che sia importante anche condividere e sentirci coinvolti nei contesti dove ogni famiglia ha la grazia di potersi spendere ( movimento giovani e parrocchia di Albinea).
Un altro aspetto importante della comunione è quello che viviamo con le altre comunità, ne facciamo esperienza attraverso gli appuntamenti plenari, gli incontri del Just Family e la Messa del lunedì a Borzano.
Incontrandole, manteniamo viva la consapevolezza di appartenere a qualcosa di più grande che ci accomuna e riconosciamo nelle altre famiglie e comunità il nostro stesso carisma, declinato in modo originale all’interno di ognuna di esse. Questo ci responsabilizza verso la bellezza e l’importanza del dono che portiamo, dandoci sempre nuovo slancio nel nostro cammino.
Per concludere, ma non ultimo per importanza, il filo conduttore che ci ha accompagnato è sicuramente la preghiera, che ci ha aiutato a crescere nell’ intimità tra noi e con Dio.
In particolare condividere una volta al mese il sacramento della riconciliazione ci ha permesso di custodirci nella vicinanza a Dio, di farci carico l’un l’altro, di sostenerci nella fedeltà alla vita sacramentale.
In questo è stato provvidenziale avere accanto tanti amici sacerdoti; la loro disponibilità nei nostri confronti è stata fonte di tanta grazia per le nostre famiglie.