La Dignità intramontabile della vita e l’Etica della cura
Venerdì 18 ottobre alle 20.30, nella prestigiosa cornice dell’Aula Magna di Palazzo Dossetti a Reggio Emilia, si è tenuto il primo convegno del circolo culturale Cultura Animi, di recentissima costituzione.
La sfida si preannunciava seria, non tanto per l’allerta meteo che rimbalzava sulle chat di tutti i dispositivi, quanto per la delicatezza della tematica trattata, la levatura degli ospiti del convegno e l’elevata affluenza di partecipanti.
La serata ha visto il contributo autorevole di tre relatori d’eccezione: il dott. Giacomo Rocchi, magistrato attualmente in servizio presso la Prima Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione e autore di diversi saggi in materia di bioetica; il prof. Marco Cesare Maltoni, medico oncologo e Professore Straordinario presso l’università di Bologna, direttore della Struttura Complessa “U.O.C. Cure Palliative” dell’AUSL di Forlì e coordinatore della Rete Locale Cure Palliative della Romagna, autore di numerose pubblicazioni; il prof. don Alberto Frigerio, medico chirurgo e sacerdote, docente di bioetica presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano e consulente per la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, autore di numerosi contributi su bioetica e spiritualità. Ha moderato gli interventi del convegno l’avv. Federica Davoli, presidente dei Giuristi Cattolici di Reggio Emilia, associazione rappresentata da una significativa delegazione. Avrebbe dovuto partecipare come relatore al convegno anche il prof. Stephan Kampowski, professore ordinario di Antropologia filosofica presso la Sede Centrale del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II, che ha dovuto rinunciare per motivi di salute. Tutti i membri del circolo culturale Cultura animi assicurano al professore il loro costante sostegno nella preghiera.
Ha aperto i lavori del convegno il prof. Samuele Adani, presidente del circolo Cultura Animi, che, dopo un breve intervento di presentazione e saluto, ha ceduto la parola alla prof.ssa Chiara Franco, responsabile del Servizio di Pastorale Sociale, del Lavoro e della Salvaguardia del Creato, della diocesi di Reggio Emilia – Guastalla.
Non è certamente possibile racchiudere in un articolo nemmeno un sunto dei contributi della serata; sarà necessario limitarsi a brevi pennellate.
La relazione del dott. Rocchi ha esaminato con competenza ed efficacia il percorso legislativo e i contributi giurisprudenziali, sia nazionali che internazionali, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948 alla Sentenza n.135 del 2024 della Corte Costituzionale italiana. La riflessione del dott.Rocchi ha invitato ciascuno a riflettere sulla pericolosissima china su cui la società internazionale sta scivolando, nel momento in cui la parola “dignità” e il suo significato vengono separati dalla parola vita, con l’aggiunta del concetto di autodeterminazione.
L’uso della terminologia non è affatto secondario, e il dott. Rocchi ci ha mostrato come il significato dell’espressione “forme di sostegno vitale” oggi includa non soltanto strumenti e macchinari medici, ma tenda anche a comprendere, seppure in maniera indiretta e suggerita, caregivers, familiari e assistenti alla persona. Il magistrato ha concluso il suo intervento con una domanda che suonava come un quesito retorico: verso quale tipo di società stiamo andando? Vogliamo davvero una società di questo tipo per noi stessi?
Quasi come una risposta, e certamente in profonda continuità, si è posto l’intervento del prof. Marco Cesare Maltoni, che ha aperto squarci di speranza sulla tela della vita, intessuta di bellezza e sofferenza. La luce che filtra da questi squarci nasce dalla testimonianza di chi vive e opera negli Hospice, luoghi fondati da Dame Cicely Saunders, infermiera che, nel corso della sua vita, conclusasi nel 2005, ha creduto e voluto onorare la vita sofferente, riconoscendola come colma di dignità in quanto vita umana. Il prof. Maltoni ha parlato degli Hospice come luoghi di vita, assistenza, ricerca e formazione, dove le cure palliative, attraverso un percorso di personalizzazione della cura, rappresentano realmente quel pallium, quel mantello di cura che si stende su ogni paziente, abbracciando la sua esperienza integrale di vita. Questa comprende il corpo, la psiche, l’anima e le relazioni che abitano la vita stessa, con le persone che ne sono protagoniste. L’intero ambiente di esistenza e cura ha influenza sul giudizio del paziente riguardo la propria vita e sulla decisione in merito al suicidio assistito. Chi si sente amato, non chiede di morire.
L’ultimo relatore a prendere la parola, il prof. don Alberto Frigerio, ha subito richiamato l’attenzione sulla necessità di non confondere il benessere con il bene morale, un fraintendimento molto diffuso oggi. Ha indicato due minacce alla dignità intrinseca della vita umana: la mentalità consumistica e la visione antropologica funzionalista.
Entrambe conducono a una scissione tra “umano” e “persona”, come fossero due entità distinte, al punto che eminenti esponenti del mondo scientifico sostengono sempre più spesso che non in ogni caso un essere umano sia una persona, e che non tutti gli essere umani siano persone. Con sagacia e un rigoroso processo logico e dialettico, il prof. Frigerio ha confutato entrambe le posizioni ideologiche, sebbene costretto alla rapidità dal tempo inesorabile. Ha sostenuto che l’umano è sempre una persona, proprio in virtù dell’anima spirituale presente in ogni uomo, la quale impedisce la riduzione dell’essere umano a “cosa” e quindi ne vieta la soppressione. Il professore ha concluso il suo intervento affermando che il compito della bioetica, e in realtà dell’intera società, è promuovere il principio della cura medica per ogni umano: nell’accoglienza della vita nascente, nel sollievo della vita sofferente e nell’accompagnamento della vita morente.
Infine, il prof. Adani ha invitato Sua Eccellenza l’Arcivescovo Giacomo Morandi a concludere la serata. Lo sguardo offerto da Sua Eccellenza è stato, come di consueto, spirituale, sapienziale e colmo di speranza.
Attraverso un percorso costellato di esperienze pastorali, incontri, contributi del magistero, della Scrittura e di autori che, attraverso la loro arte, in questo caso la letteratura, hanno trasmesso all’umanità la Bellezza della Verità sul Bene, ci ha esortato ad adottare un linguaggio che restituisca la verità a se stessa.
All’interno di un’etica della cura, potremo allora affermare con certezza che esistono malattie inguaribili, ma che tutti gli esseri umani, in quanto persone, sono sempre curabili. Avremo la consapevolezza che eliminare completamente la sofferenza non è nelle nostre possibilità, ma ci sarà affidato il compito di alleviare il più possibile le sofferenze altrui, imparando a lasciarci aiutare quando arriverà il nostro momento, cercando magari di trovare il senso della sofferenza, che sarà rimasta, poiché finchè c’è amore, c’è speranza. Infine, potremmo sostituire all’espressione “fine vita”, la meravigliosa prospettiva cristiana del “compimento della vita”.
(Sarà possibile accedere ai video della serata e agli atti del Convegno sul sito www.ccanimi.net)
Silvia Cocchi
Circolo culturale Cultura Animi
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