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Intrecci di comunità: “Quale speranza portiamo?”- ecco come è andata

Domenica 13 ottobre, Sant’Ilario d’Enza ha ospitato un incontro significativo organizzato dal Movimento Familiaris Consortio, dal titolo evocativo: “Quale speranza portiamo?”. L’evento ha visto la partecipazione di importanti testimoni di fede e speranza, con interventi che hanno toccato il cuore dei presenti e offerto prospettive di grande ispirazione. Martina ci racconta l’incontro e Giacinta condivide le sue riflessioni!

Enrico Tiozzo Bon, Fondatore della Confraternita Santa Caterina da Siena di Ferrara, è stato uno degli ospiti principali. Con la sua testimonianza personale, ha condiviso l’importanza della fraternità e della carità nella sua vita quotidiana, professionale e nel servizio alla comunità. Le sue parole hanno sottolineato come la fede possa essere un faro di speranza nelle difficoltà, spingendo ogni individuo a vivere in modo autentico e a dedicarsi agli altri. Con estrema simpatia ha raccontato del suo lavoro presso il Centro di Solidarietà di Ferrara e di come quotidianamente aiuta tante persone con gratuità e spirito di servizio.

Oltre ad Enrico, è intervenuta Wafa Farid Musleh, in collegamento streaming da Betlemme. Rappresentante dell’associazione Living Stones, Wafa ha raccontato la situazione dei cristiani in Terra Santa, una minoranza che vive in un contesto difficile e complesso, ma che non smette di portare avanti un messaggio di pace e convivenza. La sua testimonianza, intrisa di speranza e resilienza, ha offerto uno spaccato della vita quotidiana a Betlemme, accendendo una luce di solidarietà tra le comunità presenti.

Ciò che maggiormente ha colpito della testimonianza di Wafa è la consapevolezza che avere fede e speranza non significa negare la realtà o i problemi, ma piuttosto affrontarli con una prospettiva diversa, sapendo che Dio ci ama e non ci lascia mai soli.

Centrale è stata la dimostrazione di profonda amicizia e stima tra Enrico e Wafa. Un’amicizia in grado di andare oltre i pericoli della guerra, un’amicizia che si è rafforzata grazie alla condivisione di valori di pace e di fede. Questo rapporto rappresenta un esempio di come la solidarietà possa superare le barriere più alte.

L’incontro è stato moderato da Marco Reggiani che ha sapientemente guidato il dialogo, offrendo spunti di riflessione e invitando i partecipanti a interrogarsi sul significato profondo della speranza cristiana nella vita di ciascuno.

Il titolo “Quale speranza portiamo?” non è stato soltanto il filo conduttore dell’incontro, ma una domanda che ha lasciato nei presenti un desiderio di riflessione personale e collettiva. L’evento si è concluso con un invito alla partecipazione attiva nella propria comunità e all’azione concreta, per essere testimoni di speranza in un mondo spesso segnato da incertezze.

Martina Gialdini

Non avevo aspettative particolari per l’incontro, conoscevo il titolo ma non mi ero interrogata molto su quello che avrei ascoltato, ero principalmente curiosa di sentire i racconti di una persona che vive in una terra martoriata dalla guerra.

Non mi aspettavo di imparare da Wafa cosa significa la parola Pace. Non mi aspettavo di vedere in Wafa un volto di Speranza. Non mi aspettavo di rimanere colpita da un’amicizia così forte da sfidare la guerra. Eppure Wafa, durante il suo intervento, della guerra non ha mai parlato. Ci ha raccontato di come inizialmente la sua reazione e quella della sua comunità è stata quella di chiudersi in casa, impauriti, spaventati. Questa è la reazione che ci si aspetta da chi sta vivendo una situazione come quella!

Loro hanno trovato risposta alle loro paure attraverso l’aiuto di un gruppo di amici italiani, tra i quali Enrico, che nei mesi scorsi, non senza paura e con grande coraggio, si sono messi in viaggio più volte verso la Terra Santa. In uno di questi viaggi, ispirandosi ad un mosaico della chiesa della Natività di Betlemme, hanno portato in dono ai loro amici una rappresentazione della prima apparizione di Gesù ai discepoli dopo la Risurrezione, inserendo i volti di Wafa e i suoi amici al posto dei loro.

I discepoli, così come i cristiani adesso in terra santa, stavano vivendo la stessa situazione, chiusi in casa pieni di paura. “Pace a voi” sono le parole che Gesù dice ai suoi amici, che Gesù dice ai cristiani della Terra Santa, che Gesù dice a noi.

Carica della pace profonda che ha ricevuto, Wafa, insieme alla sua comunità, ha portato alle diverse realtà del loro territorio la speranza di poter vivere in pace, testimoniando quello che a sua volta aveva ricevuto da Enrico ed i suoi amici.

Come essere in pace in un momento di guerra? Wafa mi ha insegnato che la Pace che l’uomo desidera è quella che viene da Gesù solo e che Pace non è solo assenza di guerra.Mi ha colpito come un gesto semplice di alcune persone abbia potuto cambiare la vita a tante altre. Questo non è solo quello che Enrico ha fatto con Wafa, ma è quello di cui si occupa tutti i giorni attraverso la Confraternita Santa Caterina da Siena. Mi ha colpito come attraverso lavori ed attività comuni la confraternita si preoccupi di trovare lavoro a tante persone e soprattutto attraverso le loro iniziative riescano a trasmettere la fede a tanti. Ho davvero potuto vedere l’operosità della Carità, che partendo da una fede semplice e dalla fiducia nella provvidenza di Dio, porta al mondo la Speranza Cristiana.

Giacinta Dotti

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