Cari amici,
facciamo festa! Facciamo festa perché “il Re della pace viene nella gloria: tutta la terra desidera il suo volto”1. Facciamo festa: una festa di gioia vera, una festa di semplicità e di pace, una festa di fraternità e di condivisione, una festa di amicizia.
Egli viene, oggi come allora, in un mondo indifferente, che vuole partecipare a questa gioia senza riconoscerne la fonte, e per questo moltiplica le luci, le musiche, i colori e i regali, quasi a voler soffocare per un momento quel rumore sordo dei mali del mondo che in un flusso continuo invade ogni giorno le menti e i cuori.
Il Verbo eterno si fa carne e viene ad abitare in mezzo a noi (cfr. Gv 1, 14): la nostra esistenza non può più essere la stessa. Risuona potente la domanda rivolta a Giovanni Battista: “Tu chi sei?” (Gv 1,19). Probabilmente la sua identità era nota, ma sacerdoti e leviti volevano saperne di più: qual è la tua relazione con il Cristo?
Dalla Sua venuta l’identità dei cristiani e la credibilità della loro testimonianza è definita da questa relazione: è un amico (cfr. Gv 15,15) col quale condividiamo la vita, o un lontano conoscente? O addirittura un avversario, che mette in ombra i nostri successi e le nostre personali conquiste?
Il mondo ha bisogno di cristiani trasparenti del volto del Signore2, non di cristiani vuoti.
Tu chi sei? Il mistero dell’Incarnazione illumina la verità sull’uomo. Cristo “rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela pienamente anche l’uomo a sé stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione” (GS 22).
Ciascuno prima o poi sperimenta che il compimento di questa vocazione ha a che fare con l’amore: con l’amare e con l’essere amati. E il Bambino di Betlemme, così bisognoso di tutto, annuncia la buona novella che amare è legarsi, appartenere e dipendere da un altro. È un paradosso che rappresenta uno scoglio quasi insuperabile per molti nostri contemporanei: l’amore, inteso come dono di sé, è l’espressione più intensa della libertà dell’uomo. Chi la vive è consapevole che, “mentre aveva solo in sé il suo centro ed apparteneva a sé solo, non era ancora veramente sé stesso. Ma una volta uscito da sé, quando l’altro gli è divenuto più importante che sé stesso, ha concepito il suo vero io”3.
Creati liberi per amare, ci accorgiamo ben presto che non siamo pienamente liberi di amare, troppo potente è la forza di attrazione della nostra autonomia, della nostra indipendenza e autosufficienza. La coscienza di questa povertà spalanca il cuore a un desiderio di pienezza: abbiamo bisogno di essere salvati. E qui si innesta l’annuncio del Natale: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore” (Lc 2,10-11).
È questa gioia contagiosa che ci è chiesto di testimoniare agli uomini del nostro tempo, in bilico tra la disperazione di non poter essere salvati e l’orgoglio di poterlo fare da soli.
“È apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini” (Tt 2,11). Facciamo festa!
Buon Natale!
Marco Reggiani
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