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Movimento Giovani in Romagna: a Solarolo l’amicizia cresce in mezzo al fango

MOVIMENTO GIOVANI IN ROMAGNA: A SOLAROLO L’AMICIZIA CRESCE IN MEZZO AL FANGO

Odore di fango e acqua sporca, cumuli di elettrodomestici non più funzionanti che attendono di essere raccolti e portati via, e volti segnati dalla stanchezza e dall’assurdità dei giorni precedenti. Questo è stato lo scenario che ci ha accolti la mattina del 27 maggio, quando con un gruppo di una trentina di ragazzi di Biennio master e Circoli dell’amicizia, abbiamo deciso di dirigerci verso la Romagna.

Gli educatori del mov giovani, infatti, non hanno mancato di proporre a tutti noi di fare un’esperienza che non solo ci avrebbe permesso di aiutare una terra che tutti sentiamo un po’ nostra, ma anche di fare un’opera concreta, che ci avrebbe permesso di vivere e accrescere, nel servizio, la fede. Abbiamo così deciso di partire, insieme ad un buon numero di pale e guanti da lavoro, con ai piedi le galoche e nel cuore tanta voglia di fare servizio insieme.

Gli educatori del mov giovani, infatti, non hanno mancato di proporre a tutti noi di fare un’esperienza che non solo ci avrebbe permesso di aiutare una terra che tutti sentiamo un po’ nostra, ma anche di fare un’opera concreta, che ci avrebbe permesso di vivere e accrescere, nel servizio, la fede

Dopo una partenza all’alba e un viaggio passato a immaginare che cosa ci avrebbe atteso lì, siamo arrivati a Solarolo, e con noi tante altre persone munite di stivali in gomma di ogni colore e pale di qualsiasi dimensione. Vedere così tante persone di età e provenienza diverse spendere parte del loro fine settimana a raccogliere fango, mi ha colpito, e mi ha stupito come il desiderio di aiutare il prossimo, in quel luogo, apparisse quasi sovrabbondante.

Vedere così tante persone di età e provenienza diverse spendere parte del loro fine settimana a raccogliere fango, mi ha colpito, e mi ha stupito come il desiderio di aiutare il prossimo, in quel luogo, apparisse quasi sovrabbondante.

Mentre ascoltavamo le istruzioni della protezione civile, mi sono domandata cosa ci avesse spinti tutti a passare il sabato lì, e come me penso se lo siano domandati tanti altri. Può sembrare strano infatti vedere dei giovani che, invece di passare il fine settimana a fare aperitivo o studiare per l’imminente sessione, decidono volontariamente di immergersi nell’acqua sporca fino alle ginocchia per liberare la casa di perfetti sconosciuti. Non so cosa si sia mosso nel cuore di tutta la miriade di persone che erano lì. Noi sicuramente siamo stati spinti dal desiderio di fare servizio insieme come amici; nonostante sia faticoso, io credo infatti che alla fine sia proprio questo che fa crescere davvero l’amicizia e la fa arrivare in alto, perché, se c’è un modo per sentirsi uniti, è proprio fare fatica insieme.

Non so cosa si sia mosso nel cuore di tutta la miriade di persone che erano lì. Noi sicuramente siamo stati spinti dal desiderio di fare servizio insieme come amici; nonostante sia faticoso, io credo infatti che alla fine sia proprio questo che fa crescere davvero l’amicizia e la fa arrivare in alto, perché, se c’è un modo per sentirsi uniti, è proprio fare fatica insieme.

A Solarolo di fatica ne abbiamo fatta, ci siamo trovati di fronte ad una situazione difficile, che rattristava e spaventava, ma che vissuta insieme agli amici è diventata leggera e forte: forte di legame, di servizio e di condivisione. Sicuramente non avremo liberato tutta la Romagna dal fango, ma la differenza speriamo di averla fatta almeno per quei due signori a cui abbiamo liberato il garage e per quello scultore a cui, con tanta pazienza, abbiamo cercato di salvare i libri che l’acqua aveva provato a cancellare.

A Solarolo di fatica ne abbiamo fatta, ci siamo trovati di fronte ad una situazione difficile, che rattristava e spaventava, ma che vissuta insieme agli amici è diventata leggera e forte: forte di legame, di servizio e di condivisione.

Di questa esperienza mi porto a casa l’unione che si è creata: unione tra di noi, giovani ed educatori, ma anche con Dio; un Dio che abbiamo trovato negli occhi pieni di gratitudine delle persone che abbiamo aiutato, e a cui speriamo di aver portato un po’ di speranza.

Martina Incerti

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