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Pace a voi: Marco Reggiani presenta ed esplora il tema dell’anno

Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi (Gv 20, 21)
E’ nell’amore di Dio che si trova la vera pace (don Pietro Margini)

In occasione della festa di fine anno (Giugno 2022), Marco Reggiani, Responsabile della Comunitá Familiaris Consortio, ha lanciato il tema del prossimo anno associativo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi” (Gv 20, 21). “E’ nell’amore di Dio che si trova la vera pace” (don Pietro Margini). Successivamente, gli esercizi spirituali (Agosto 2022) sono stati occasione per dettagliare ed esplorare ulteriormente il tema. Si riportano i link al video in cui Marco lancia il tema dell’anno e al suo intervento di Agosto. Immediamente sotto è disponibile un estratto del suddetto intervento


Cosa è dunque la pace?

Sappiamo che in ebraico si dice shalom, ed è un concetto diverso dal nostro. L’idea comune di pace è l’assenza di tensione, assenza di guerra; invece, il concetto ebraico di shalom è abbondanza, o anche stato di benessere. Cioè la pace è quella terra bella e spaziosa, una terra dove scorrono latte e miele (cfr. Es 3,8).

Don Pietro dice qualcosa di molto simile:

“Gesù è in mezzo a noi mediante lo Spirito e dà pace, cioè la pace biblica, che è serenità, che è gioia, che è tranquillità, che è quel senso grande di sicurezza, per cui sappiamo che nulla può succedere che sia irrimediabile, che tutto è nella misericordia e nella provvidenza di Dio”.

(Omelia 25 maggio 1980, Solennità di Pentecoste)

Avremo tempo in questi giorni e in quest’anno di approfondire che cos’è la pace in tanti aspetti, io mi soffermo su cosa la pace non è, perché mi sembra che possiamo rintracciare nella storia delle esperienze e dei momenti paradigmatici, che ci mostrano che se cerchiamo nel posto sbagliato la pace non la troveremo mai. 

(…)

Il primo archetipico tentativo fallito di ricerca della pace è quello della Genesi. I progenitori avevano tutto quello che un essere umano potesse desiderare: la natura ai loro piedi, gli animali loro amici, Dio Creatore camminava e conversava con loro nel giardino. Si può immaginare e desiderare una pace più esemplare di questa? Sappiamo come è andata a finire; il primo conflitto coniugale è scaturito quando hanno pensato di non avere abbastanza: “La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato” (Gen 3,12).

(…)

Altra scena archetipica, che mostra questa volta non una coppia, ma una società alla ricerca della pace:

«(…) Sia considerato pubblico nemico colui al quale questo benessere non va a genio. La massa sia libera di non far parlare, di esiliare, di ammazzare l’individuo che tenti di riformare o abolire questo benessere. Siano considerati veri dèi coloro che hanno concesso ai cittadini di raggiungerlo e una volta raggiunto di conservarlo. Siano adorati come vorranno, chiedano gli spettacoli che vorranno e che possano avere assieme o mediante i loro adoratori; concedano soltanto che per tale benessere non si debba temer nulla dal nemico, dalla peste, dalla sventura».

Sembra il ritratto della società nella quale viviamo, se sostituiamo alla parola “dei”, la parola potenti, influencer… In realtà è sant’Agostino che riflette sulla crisi dell’impero romano pochi decenni prima della sua caduta. Quella che sembra pace è in realtà il seme ormai maturo della corruzione e quindi del crollo di una civiltà.

Infine guardiamo un altro episodio paradigmatico in cui la pace è stata cercata e soprattutto offerta nel modo errato. È un caso che tocca esistenzialmente ciascuno di noi.

Le tre tentazioni di Gesù (Mt 4,1-11) che commentiamo con l’aiuto di un testo di Dostoevskij, La leggenda del grande inquisitore, che è una sorta di cameo all’interno dei Fratelli Karamazov, che per sua natura può essere anche estrapolato e letto separatamente.

La storia forse vi è nota. I due fratelli Karamazov, il pio Aljòsa e l’ateo Ivan sono a colloquio. Ivan espone questo racconto, dove rende ragione tra le altre cose del suo ateismo.

PRIMA TENTAZIONE

La possiamo chiamare la tentazione dei beni terreni, quella di chi cerca la pace nel possesso dei beni: soldi, case, macchine, viaggi, vestiti, cellulari ecc. ciascuno sa come riempire le caselle …

(…)

Dice don Pietro:

“Troppo ci occupa la terra. Noi cristiani non disprezziamo ciò che Dio ha fatto e riconosciamo la funzionalità delle cose, però altro è salire dalle cose a Dio, altro è rendere le cose con ringraziamento a Dio e con gioia, altro è il “terrestrismo”, cioè la schiavitù delle cose della terra. È l’avidità delle cose della terra che rompe la libertà, la libertà che dovrebbero possedere tutti i figli di Dio. È l’attaccamento ai beni della terra la causa dei litigi, delle rotture di carità, delle incertezze paurose, che alle volte si profilano anche tra i cristiani, che dovrebbero essere più fervorosi”.

(Catechesi ai Vespri, 16 dicembre 1979, III domenica di Avvento)

SECONDA TENTAZIONE

 (…) è sotto gli occhi di tutti, la crisi morale che stiamo affrontando in occidente, per cui l’unica colpa vera è affermare che esistono colpe. Se parliamo di peccato originale vediamo dei sorrisini di sufficienza se non di scherno. Ma allo stesso tempo abbiamo sostituito il peccato originale con colpe collettive, per le quali non esiste redenzione: il riscaldamento globale, l’inquinamento, la sovrappopolazione ecc.

(…)

Un filosofo colombiano, critico della modernità e anche di certo cristianesimo, essendo lui cristiano, scrive: “La Chiesa un tempo assolveva i peccatori, oggi ha deciso di assolvere i peccati”.6

TERZA TENTAZIONE

Qui è ancora una volta quando l’uomo gioca a fare Dio, a sostituirsi a lui perché i nostri progetti sono meglio dei suoi, anzi è meglio addirittura che ne stia fuori, “ci pensiamo noi”. Nascono così le piccole e grandi utopie della storia, dei popoli ma anche delle nostre vite: “Dio lascia fare a me, so io come si fa, so io qual è la pace per me”.

(…)

Fin qui abbiamo visto che cosa non è la pace. Ma è possibile indicare qualche pista per capire che cosa è? Lascio soltanto due spunti che vanno a riprendere quanto dicevo all’inizio sulla conversione come un ritorno all’Alleanza con Dio, alla chiamata che tutti abbiamo ricevuto e che vogliamo abbracciare e ri- abbracciare con sempre maggior entusiasmo e sicurezza.

(…) 

Penso spesso alla comunità del cielo, soprattutto quest’anno, dove i nostri amici stanno vivendo così, perfettamente quello che noi viviamo qui ora in modo imperfetto, a volte faticoso.

Le nostre comunità, dalle più piccole come le nostre famiglie, su su fino a quella grande comunità che è il Movimento, devono essere e possono essere questo anticipo di paradiso, per irradiare un po’ di luce in questo mondo che sempre, non soltanto oggi, ne ha enorme bisogno.

Secondo suggerimento. Se dovessi dipingere un quadro dal titolo “La pace nel Vangelo” credo dipingerei Gesù sul Monte, con lo sfondo del lago di Tiberiade, circondato dai discepoli che ascoltano l’annuncio delle Beatitudini (Mt 5,1-12).

 

Le Beatitudini che F. Mauriac ha definito la “Magna Charta del cristianesimo”, sono il codice, il decalogo dell’amicizia e della comunione e la via per la vera pace.

Teniamole presenti, meditiamole spesso perché la loro ricchezza inesauribile ci aiuti a realizzare la nostra vocazione, che è una vocazione alla misura alta della vita cristiana, una vocazione che si realizza pienamente nella pratica dei consigli evangelici.

Prossimi appuntamenti

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